POSSIAMO FERMARE LA PRIVATIZZAZIONE DELLA SANITA’
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Giosué Di Maro
Segretario Fp Cgil Campania. Fp Cgil Medici e Dirigenti SSN
La sanità pubblica si sta avviando ad un punto di non ritorno con il concreto rischio che si perda un patrimonio di civiltà e un bene comune conquistato da una ampia mobilitazione sociale che ha reso esigibile un diritto costituzionale.
I principi della legge 833 sono universalità di copertura, equità di accesso, uguaglianza di trattamento, uniformità territoriale della assistenza, solidarietà, riduzione delle disuguaglianze, prevenzione, programmazione, partecipazione democratica e finanziamento attraverso la progressività fiscale generale.
Le controriforme successive alla istituzione del SSN nel 1978 hanno tradito i valori ispiratori della legge 833 allontanando l’obiettivo di costruire un sistema di tutela della salute pubblico, uniforme, equo e di ridurre le disuguaglianze.
Negli ultimi 30 anni il prevalere del paradigma neoliberista ha determinato la crisi dello Stato Sociale, che da strumento di garanzia pubblica è stato trasformato in un costo che grava sui bilanci familiari, ed ha introdotto logiche di mercato anche in Sanità con la trasformazione dei cittadini in clienti, quindi da soggetti portatori di diritti costituzionali in consumatori di prestazioni.
La controriforma del 1992, con la introduzione dell’aziendalizzazione, della privatizzazione e della regionalizzazione, ha segnato la trasformazione della salute da diritto primario costituzionale in un diritto finanziariamente condizionato, sancendo, in questo modo, la primazia della economia sulla salute, un indirizzo mai rimesso in discussione dalle successive riforme ed aggravato dalla modifica del Titolo V della Costituzione che ha prodotto 20 diversi SSR.
E’ in questo paradigma neoliberista che il Governo Meloni ha accentuato la ulteriore spinta alla privatizzazione conformando la propria azione politica a una concezione consumistica, prestazionale e individuale della sanità alimentando non i bisogni di “salute”, ma i bisogni “del mercato della salute”.
Il Governo ha licenziato una Legge di Bilancio che destina pochi fondi alla sanità pubblica, ma riconosce prebende e regali alla sanità privata, come ben evidenziato nel corso delle audizioni parlamentari nelle quali, ad esclusione dell’Aiop che si è detta favorevole, tutti hanno sollevato critiche ed hanno espresso un giudizio negativo sui provvedimenti adottati che mettono a rischio il futuro e la tenuta del SSN pubblico.
La Corte dei Conti ha rappresentato che gli incrementi nominali del FSN non sono sufficienti a garantire l’invarianza della spesa sanitaria rispetto al Pil che è prevista in diminuzione passando dal 6.3% del 2024 al 5.9% nel 2027, al di sotto della soglia minima del 6% individuata dall’OMS per la tenuta di un servizio sanitario pubblico. Per coprire la differenza tra spesa sanitaria e finanziamento del Governo dovranno intervenire le Regioni con il concreto rischio di un aumento del disavanzo per quanto riguarda il SSR. Nel contempo sono presenti una serie di misure economiche a favore di alcuni soggetti privati che operano nella sanità e nel campo della farmaceutica. Infatti la Legge di Bilancio aumenta del 3.6% i fondi per rimborsare la sanità privata per le prestazioni sanitarie fornite in convenzione che si aggiunge all’aumento dei tetti di spesa per il ricorso ai privati allo scopo di abbattere le lunghe liste di attesa. Invece, per quanto concerne il pubblico persiste il tetto di spesa alla assunzione di personale, pari al costo sostenuto nel 2004 ridotto dell’1.4%, ed il tetto al salario accessorio, introdotto con art.23 comma 2 DLgs n.75/2017.
È evidente che il costante definanziamento del pubblico è una spinta potentissima alla privatizzazione, come messo in luce dal 58° rapporto del Censis. Dalla analisi della spesa degli ultimi 20 anni, dal 2003 al 2023, è emerso un incremento del 23% della spesa per il ricorso alle cure private, che nel 2023 ha superato i 44 miliardi di euro, mentre la spesa pubblica è cresciuta dell’11%.
Anche il rapporto della Fondazione GIMBE ha rimarcato un progressivo smantellamento del SSN che è conseguenza del costante definanziamento pubblico, della crescita della assistenza di stampo mutualistico (Welfare Aziendale e Contrattuale), dal crescente aumento delle Assicurazioni Sanitarie e della spesa diretta dei cittadini per l’acquisto di prestazioni sanitarie.
In questo contesto molti sono gli appelli per la difesa del SSN che chiedono al governo un maggiore finanziamento del FSN, ma senza affrontare le criticità insite nell’attuale modello, che si è consolidato negli ultimi 30 anni con le varie controriforme, e dimenticando che l’incremento del finanziamento, in assenza della abrogazione del tetto di spesa per le assunzioni di personale, andrà per la spesa di beni e servizi, quindi per l’acquisto di prestazioni dal privato.
Oggi non serve la difesa retorica del SSN, se vogliamo con convinzione invertire la rotta è necessario riconoscere alcuni errori e fare ammenda per intervenire su quegli aspetti che hanno determinato e ancora sostengono questo progressivo allontanamento dai principi della 833/78.
Bisogna abrogare le controriforme e proporre una riforma che non tradisca l’indirizzo ed i valori della legge istitutiva del SSN e che attui i suoi principi, perché chiedere solo maggiori finanziamenti ad invarianza di paradigma non è sufficiente, per un effettivo potenziamento e miglioramento della sanità pubblica è necessario aggredire le contraddizioni ed eliminare le aporie.
Nello specifico, bisogna abolire la forma giuridica delle Aziende Sanitarie e la figura monocratica del direttore generale introducendo un modello di gestione democratico e partecipato da cittadini e operatori, bisogna ridurre le dimensioni geografiche delle attuali Aziende Sanitarie e dei Distretti Sanitari per assicurare la prossimità della cura tenuto conto che in sanità le economie di scala producono effetti dannosi sulla appropriatezza della assistenza, bisogna riequilibrare i finanziamenti pubblico e privato accreditato attualmente sbilanciato verso il privato a favore del pubblico, bisogna abolire la libera professione intramoenia che sta diventando uno strumento di disuguaglianza che condiziona le scelte del cittadino, bisogna contrastare la detassazione/defiscalizzazione al posto degli aumenti salariali e quindi intervenire sul Welfare aziendale e sul Welfare contrattuale, perché le agevolazioni fiscali a una parte dei lavoratori attraverso la fiscalità generale sta creando un sistema di Welfare lavorativo legato al posto di lavoro che è inconciliabile con un Welfare pubblico universalistico.
Se vogliamo difendere e rilanciare il SSN pubblico, equo ed universale, se vogliamo che la salute torni ad essere un diritto primario costituzionale pienamente garantito ed esigibile è necessario recuperare piena coscienza che i diritti non sono dati acquisiti, ma conquiste che si ottengono con mobilitazioni sociali capaci di coinvolgere la società nel suo complesso, perché una democrazia senza partecipazione è oligarchia, una democrazia senza conflitto è autocrazia.
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