Potere al Popolo
Laddove rinasce il pregiudizio, spesso si annida l’ignoranza; laddove rinasce la fiducia incondizionata, spesso si verifica il tradimento. L’uomo è una scienza destabilizzata dai canoni imposti.
Se predomina il pregiudizio, la critica risulta sempre un po’ pacchiana, struggente, esagerata, eppure sono in molti a scommettere sulla propria capacità di discernere la critica dal pregiudizio. Io, personalmente, ho ancora qualche problema.
Ieri sono andato a un’assemblea di Potere al Popolo, perché credo che l’invito dei Compagni attivi sul territorio non vada mai scartato, nemmeno quando si ha la febbre, nemmeno quando si soffre di pubalgia.
Sapevo che non mi sarei imbattuto nella nascita di in un Kke italiano, forse immaginavo anche che discorsi avrebbero fatto, del resto ne ho sentiti e visti tanti.
Sapevo anche che sarei uscito dalla sala dopo un’ora di interventi, sapevo anche che fuori avrei trovato le solite persone a fumare, magari spazientite e molto critiche, ma presenti come me.
Lo dovevo ai Compagni datati, quelli che si battono affinché l’Abruzzo non frani sotto le sue macerie: battaglie sporche che i tipi come me non hanno più l’ardore di combattere. Lo dovevo ai sorrisi che, dove si radunano i Compagni, difficilmente mancano, difficilmente manca l’affetto. Qualcuno scrisse che i Compagni si sentono abbandonati, soli; aggiungerei specie quando rinunciano a certi momenti.
Non c’è stato il solito entusiasmo, ogni discorso poteva essere infilzato con aghi, baionette e spade, magari impugnate dalla critica pesante, aspra e, finanche, logica. Forse nulla è cambiato, come forse non è chiaro il concetto: per fare la rivoluzione bisogna scendere le scale, per dar valore alle proprie idee bisogna confrontarsi, perché da soli siamo semplici signor Nessuno, anche se diventassimo uomini o donne di successo.
Esiste il tempo del rispetto, il tempo della riflessione, il tempo del reflusso e anche il tempo del ritorno, soprattutto quando la porta è rimasta aperta.
Sapevo che non avrei sentito la voce di Gramsci e non mi sono illuso strada facendo, però sono convinto che vedere la sala piena di attivisti ha sottratto un po’ d’amarezza allo sdegno quotidiano vissuto sulla pelle, vissuto di traverso, vissuto dai Compagni Abruzzesi.
Il facile entusiasmo non ha trovato posto, è rimasto fuori e forse è il primo passaggio per provare a prendere il volo, per dare a ogni grande sogno un po’ d’ossigeno.
Grazie Compagni!
Antonio Recanatini
Poeta, scrittore. La sua poesia è atta a risollevare il sentimento della periferia, all’orgoglio di essere proletari e anticonformisti.
Collaboratore redazionale di Lavoro e Salute
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