Prevenzione rischi sul lavoro e mobbing

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Siamo perplessi di fronte alla sentenza che sposta tutta la responsabilità del mobbing all’organizzazione del lavoro in un’azienda. Riteniamo che, pur valorizzando la decisione della magistratura, si corre il rischio di ammettere preventivamente, di fronte alla denuncia di una lavoratrice, di un lavoratore, che non è possibile individuare il responsabile, sia esso dirigente oppure collega. Certamente il mobbing ( Far subire a un proprio dipendente o a un proprio collega di lavoro le vessazioni e le pesanti pressioni psicologiche del mobbing. Enciclopedia Treccani) spesso ha nella organizzazione del lavoro, con le sue rigide gerarchie, la genitrice dei comportamenti odiosi dei singoli, ma è anche vero che spesso sono i singoli atti personali a determinare l’individuazione della vittima su cui accanirsi sulla produzione – non sempre “motivate” da esigenze di produttività ma da altre odiose cause: sadismo, maschilismo, autoritarismo, razzismo – con decisioni di comando ingiustificate sui singoli o su un gruppo, o sul campo sessuale con pressioni da predatore.

La stessa cosa avviene in tema di malattie da lavoro (patologie che conseguono dall’esposizione lavorativa a fattori di rischio di varia natura), sia nel caso in cui la lesione colpisca il fisico che nel caso sia la sfera psichica del dipendente a subire la lesione. Ma mentre è pacifica la tutela penale della salute dalla esposizione ai rischi tradizionali (fattori chimici, fisici, biologici…) stenta ancora oggi (a causa di inaccettabili sentenze negative per le vittime) a farsi strada il riconoscimento della tutela penale dalle malattie che colpiscono la sfera psichica (per l’esposizione ai fattori di rischio relazionale e comunicativo, al rischio psico sociale ed organizzativo).

DEPRESSIONE E MOBBING SEMPRE PIU’ CONNESSI AL RISCHIO LAVORATIVO

Mobbing sul lavoro, ma anche in ambito sociale, e depressione sono strettamente legati a tal punto che oggi abbiamo perfino una Assicurazione INAIL che riconosce la malattia professionale causata dalle attività svolte, e subite, nei luoghi di lavoro

Anni fa uscirono statistiche per denunciare l’abuso di psicofarmaci, altre inchieste hanno documentato le crescenti sindrome depressive causate dal lavoro dove la tanto decantata mobilità e produttività hanno alimentato dinamiche spesso opprimenti.

La sindrome depressiva in questo caso è legata a una condotta vessatoria subita dal lavoratore, ma prima dell’indennizzo bisogna dimostrare la fondatezza e l’avvenuta vessazione, tramite un comportamento ripetuto, immotivato, rivolto contro un dipendente o un gruppo di dipendenti, tale da creare un rischio per la sicurezza e la salute’, intesa sia in senso fisico che psichico”.

Anche se è difficile provare il nesso di causalità, la vittima ha a disposizione diverse forme di tutela.
Deve essere terribile uscire di casa tutti i giorni per andare al lavoro pensando che le ore trascorreranno in uno stato di conflittualità permanente per i difficili rapporti con colleghi invidiosi, gelosi o prevaricatori. Ancora peggio se un tale rapporto riguarda il superiore gerarchico, capoufficio o caporeparto che sia.

Le cause a monte di queste pratiche c’è la perdita di potere contrattuale dei lavoratori si è aggiunta così negli ultimi 20-25 anni una diffusa perdita di salute e anche di sicurezza sul lavoro: non solo si è arrestato per chi svolge lavori usuranti l’allungamento dell’aspettativa di vita media, ma si è notevolmente contratta quella di vita in buona salute.

La sindrome depressiva causata dalla condotta vessatoria subita dal lavoratore deve essere indennizzata dall’INAIL quale malattia professionale, anche se non è compresa nelle Tabelle del Decreto del Presidente della Repubblica 1124/65 (Testo unico delle disposizioni per l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali).

Minacce e aggressioni sui luoghi di lavoro: mobbing e malattie da stress

Le malattie professionali a seguito di insulti e aggressioni reiterate:

  • mobbing (bossing, mobbing orizzontale, doppio mobbing, associato a molestie)
  • disturbo dell’adattamento cronico
  • disturbo postraumatico cronico da stress.

A questo proposito si indica che “la malattia da stress non è sempre mobbing”.

Derivante dall’inglese ‘to mob’, ‘attaccare’, ‘accerchiare’, “non esiste una definizione univoca di mobbing che sia internazionalmente riconosciuta”.

In Italia, “anche per le implicazioni medico-legali e legali che il fenomeno può comportare, c’è la tendenza a valutare la ‘intenzionalità’ di chi lo attua e si preferisce definirlo come ‘una condizione di violenza psicologica, intenzionale e sistematica, perpetrata in ambiente di lavoro per almeno sei mesi, con l’obiettivo di espellere il soggetto dal processo o dal mondo del lavoro”.

Si distinguono poi “due tipi di mobbing più comuni:

mobbing emozionale. Si scatena tra singole persone, più frequentemente tra capo e collaboratore (bossing), ma anche tra colleghi (mobbing orizzontale);

  • mobbing strategico. È attuato intenzionalmente dall’impresa (prevalentemente private) per promuovere l’allontanamento dal mondo del lavoro di soggetti diversamente scomodi”

Franco Cilenti Già RLS Sanità

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MOBBING, STRAINING, BOSSING SUL LAVORO

Nota a margine Redazione Lavoro e Salute

E’ sempre risultato difficile, spesso impossibile, provare un evidente nesso di causalità, anche se la vittima ha a disposizione, sulla carta, strade di tutela, comunque difficili da percorrere.
Lo stato di conflittualità quotidiana nelle relazioni sul lavoro per chi è sottoposto a pressioni nei difficili rapporti con il proprio dirigente o/e anche colleghi, determina un permanente stato di ansia e depressione che aiuta psicologicamente il predatore. Uno stato di debilitazione che incide sulla concentrazione sul lavoro, e manomette emotivamente le stesse competenze professionali creando i presupposti anche dei rischi fisici.

In Italia si stima – per difetto a causa del fenomeno spesso nascosto per convenienza dirigenziale ma anche per l’imbarazzo di molte vittime – che le vittime siano oltre un milione e mezzo con una percentuale ufficiale del 70% nella pubblica amministrazione. Quando, tra qualche anno, si avranno i dati conseguenti alla Legge del governo che ha eliminato l’Abuso d’Ufficio sarà evidente come ha influito sulla corruzione e le imposizioni al silenzio indotte (vessazione psicologica) con gravi violenze morali sul personale onesto.

Alcuni esempi di comportamenti ostili, vessatori e discriminatori possono essere ad esempio:
– atteggiamento palesemente difforme del superiore rispetto agli altri dipendenti;
– sistematico discredito, calunnia, diffamazione di colleghi verso un altro collega;
– dequalificazione nel lavoro;
– diniego immotivato di permessi o ferie;
– accuse generiche, non supportate da fatti o circostanze;
– rimproveri alla presenza di colleghi pari grado, inferiori o in pubblico;
– critiche continue e immotivate, aggressioni verbali;
– demansionamento e attribuzione di compiti dequalificanti e non adeguati alla propria professionalità (se però le mansioni ritenute dequalificanti possono essere ritenute equivalenti allora questo rientra nel diritto).

Immagine: archivio disegni napolimonitor

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