Previdenza. I fondi pensione “integrativi” sono alla canna del gas
Che la previdenza complementare non abbia mai riscosso il favore delle lavoratrici e dei lavoratori lo dicono con chiarezza i numeri e le statistiche. Siano Fondi negoziali, ovvero derivanti da accordi con i sindacati complici CGIL-CISL-UIL, oppure Fondi gestiti da Banche e Assicurazioni, il risultato è che tra i lavoratori dipendenti del privato solo il 30% ha aderito a forme di previdenza complementare mentre nel lavoro pubblico le percentuali crollano a pochi decimali. La quasi totalità dei lavoratori del pubblico impiego ha preferito tenersi ben stretto il proprio TFR, a cominciare da quei sindacalisti che vanno in giro a promuovere i Fondi.
Emblematico è il caso dei Fondi PERSEO e SIRIO, costretti nel 2014 ad una forzata fusione per evitare il fallimento. Alla fine del 2013, infatti, ai due Fondi erano complessivamente iscritti 7.138 lavoratori (dati di bilancio) su una platea di 2.300.000 possibili aderenti. Insomma, solo lo 0,3% di tutto il pubblico impiego, con esclusione dei novecentomila lavoratori della Scuola che hanno un apposito Fondo denominato ESPERO, aveva aderito ai due Fondi negoziali, che dopo la fusione hanno come obbiettivo il raggiungimento entro il 2017 delle 60.000 iscrizioni, un traguardo difficilmente raggiungibile nonostante le Amministrazioni pubbliche si prestino ad una serrata campagna promozionale, come è accaduto di recente al Comune di Milano, dove i dipendenti si sono visti recapitare insieme alla cedola dello stipendio la pubblicità per l’adesione al Fondo PERSEO SIRIO.
E proprio al Comune di Milano i gestori del Fondo di previdenza complementare saranno da oggi in tour promozionale fino all’11 dicembre, alla disperata ricerca di adesioni, mentre il 14 dicembre saranno all’Azienda Ospedaliera di Padova e così via, in lungo e in largo a girar l’Italia per prolungare l’agonia di una previdenza privata che ha il destino segnato e salvaguardare i compensi per gli organi di gestione del Fondo che si aggirano sugli 80.000 euro all’anno (bilancio 2014)
Con le Riforme degli ultimi vent’anni, dalla Dini del 1995 alla Fornero del 2011, si è cercato di smantellare il sistema previdenziale pubblico pensando di affiancarlo e in prospettiva di sostituirlo con la previdenza privata, scaricando sui lavoratori l’onere di costruirsi una pensione dignitosa. Non è vero che non ci sono le risorse per sostenere il sistema previdenziale pubblico: affossarlo è una scelta ideologica prima ancora che economica, direttamente collegata alle riforme del mercato del lavoro che hanno istituzionalizzato sfruttamento e precarietà, per rispondere alle politiche transnazionali antisociali volute dall’Unione Europea.
Respingere i piazzisti della previdenza privata e lottare per restituire dignità e valore alla pensione pubblica liquidata dall’INPS è un dovere di ogni lavoratrice e lavoratore del pubblico impiego. Sostieni la campagna nazionale della USB sul Welfare, sostieni il sindacato conflittuale e di classe.
USB – Unione Sindacale di Base – Pubblico impiego
9/12/2015 www.usb.it
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