Previdenza, terreno privilegiato per scorribande elettorali, sempre e comunque a danno dei lavoratori

dimaiosalviniauto

Mentre l’attenzione mediatica è rivolta alla quota 100 si perdono di vista ben altre questioni prima tra tutte la mancata modifica, nel decreto legge appena partorito,delle norme che regolano la pensione di vecchiaia.
Nei prossimi anni la maggioranza dei lavoratori e delle lavoratrici dovrà vedersela con meno anni di contributi (si inizia a lavorare con regolarità quasi 10 anni dopo di quanto facessero i nostri genitori), con l’intera attività lavorativa calcolata con il sistema contributivo che premia chi va in pensione piu’ tardi.

La riforma Monti-Fornero non viene messa in discussione laddove sarebbe stato doveroso farlo per ragioni di equità sociale, non si parla di ripristino del sistema di calcolo retributivo che sarebbe troppo oneroso per le casse statali e soprattutto determinerebbe quel principio di solidarietà tra generazioni tanto inviso ai nostri neoliberisti.

Nelle gestioni Inps esistono due modalità di accesso alle pensioni di vecchiaia, si richiede il doppio requisito, anagrafico e contributivo. Restano in piedi per la pensione di vecchiaia gli adeguamenti alla speranza di vita previsti appunto dalla legge 122/2010 che, da quest’ anno, vengono aggiornati ogni due anni alzando sempre piu’ la età della pensione, Per esempio oggi valgono i 67 anni di età, fino al 2020, tanto per gli uomini e per le donne ma poi progressivamente arriveremo quasi a 70 anni.
L’altro requisito è quello contributivo per il quale servono almeno 20 anni di contributi da raggiungere agganciando il servizio militare o civile, riscattando la laurea o con la cosiddetta contribuzione figurativa ( indennità di disoccupazione Naspi).
Le passate riforme avevano avuto almeno un merito , quello di permettere l’aggancio di contributi ma di fronte al progressivo innalzamento dell’età pensionabile questo beneficio è poca cosa. I lavoratori e le lavoratrici privi di contributi fino al 1996 per andare in pensione a 67 anni, dovranno avere non solo i 20 anni di contributi ma un assegno previdenziale lordo mensile pari a 1,5 voltel’assegno sociale (per il 2019 pari a 458 euro).
Ma la Fornero aveva pensato che oltre alla pensione di vecchiaia appena descritta era anche possibile un’altra strada, quella , con minori anni di contributi ma il requisito anagrafico più alto e per altro in continuo innalzamento in base alla speranza di vita ( 71 anni dal 2019 al 2020). Per esempio, diminuendo gli anni di contributi si poteva restare al lavoro piu’ anni sempre per maturare il diritto alla pensione di vecchiaia. Questo meccanismo è stato pensato per chi ha iniziato a lavorare dopo il 1996 ipotizzando scenari futuri da incubo con lavoratori e lavoratrici ancora in produzione alle soglie dei 70 anni e allo stesso tempo giustificando una vita di lavoretti precari con pochi contributi.

Poi, tra la maturazione dei contributi e la prima finestra di uscita passano altri mesi che innalzano ulteriormente l’età lavorativa, un meccanismo deleterio che andrebbe rimesso in discussione con politiche del lavoro finalizzate a creare occupazione stabile .
La problematica previdenziale è connessa non solo ai contributi e al sistema di calcolo ma anche alla presenza di occupazioni stabili in grado di indirizzare all’Inps contributi sicuri. Ma di questo la manovra Governativa scientemente non parla preferendosi nascondere dietro al fatto che per le pensioni anticipate fino al 2026 non ci saranno gli adeguamenti alla speranza di vita.La riforma attuale rafforza il meccanismo contributivo, tanto è vero che si va verso il riscatto agevolato degli anni di laurea solo dopo l’anno 1996 (e per tutti gli altri che oggi hanno 50 \5 anni circa? E perchè riscattare anni che avranno solo effetti ai fini del calcolo degli anni contributivi senza valere sull’importo della pensione futura?)
Il decreto di riforma del welfare si occupa principalmente di rivedere i meccanismi che regolano la pensione anticipata, si guarda all’oggi ma non al domani per spendere elettoralmente il consenso di chi potrà abbandonare il lavoro con qualche mese di anticipo.
Al 31 dicembre del 2018 il requisito sarà di 42 anni e 10 mesi per gli uomini e a 41 anni e 10 mesi per le donne, vi vorranno almeno 35 anni di contribuzione effettiva. Era questo il punto da modificare in coerenza con l’impegno assunto in campagna elettorale e oggi invece furbescamente disatteso.

Federico Giusti

20/1/2018 www.controlacrisi.org

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