PRONTO SOCCORSO PRIVATI? PREVENIRE QUESTO DELITTO POLITICO
In Italia, lo stato sociale si muove sui binari della privatizzazione ormai da decenni, ma ora l’ingresso del privato nella sanità irrompe in un settore dove gli interessi particolari si scontrano inevitabilmente con il diritto universale alla salute. È interessante leggere, su questo tema, quanto sostenuto nel Rapporto sullo stato sociale 2019, welfare pubblico e welfare occupazionale, che fa notare come il welfare contrattualizzato accentua le disparità di accesso alle prestazioni sociali. E non finisce qui, perché a rimetterci non è solo l’equità già compromessa, ma anche l’efficienza delle prestazioni, sull’esaltazione della quale si regge invece la narrazione neoliberista che decanta le virtù del privato e l’inefficienza congenita del pubblico.
Eppure c’è stato chi l’aveva raccontata diversamente la questione del welfare aziendale, così strettamente legato a un più generale diritto alla salute. Si diceva che non avrebbe rappresentato una minaccia al welfare pubblico, che avrebbe favorito il benessere dei lavoratori; che sarebbe stato una risposta concreta ai bisogni delle persone capace di abbassare la soglia di accesso ai servizi. Insomma, sembrava, secondo questa lettura, una risposta strategica alla strutturale debolezza dei lavoratori in questa fase storica di neoliberismo galoppante. Invece, se la foglia di fico la si sposta appena un po’, si mostra apertamente che quel che è avvenuto è l’esatto contrario di ciò che è stato detto per giustificare l’introduzione del welfare aziendale: ha aperto i rubinetti pubblici nelle casse dei privati. Appare fin troppo ovvio che proprio la debolezza dei lavoratori di fronte ai datori di lavoro, agendo su due fronti, ha facilitato l’accettazione che il diritto alla salute possa essere affidato alle regole di mercato.
La spesa sanitaria italiana sia già inferiore del 32% rispetto a Paesi dell’Europa occidentale. Lo certifica la 15° edizione del rapporto sanità dei ricercatori di Tor Vergata che evidenzia anche la carenza di personale valutabili in almeno 96 mila unità in meno rispetto a quante ne servirebbero (soprattutto al Sud) per dare sicurezza ai cittadini nei loro bisogni di cura.
In quel sud dove peggiora l’accessibilità ai servizi sanitari, aumentano le diseguaglianze sociali e territoriali e si accendono allarmanti segnali come la riduzione dell’aspettativa di vita in alcune parti del Paese a volte con gap di 2/3 anni in meno di vita tra i territori più ricchi e quelli più poveri. Le persone più fragili e più povere, sempre più, rinunciano a curarsi.
Un nuovo pericolo si affaccia con l’autonomia differenziata. La posta in gioco è altissima perché si tratta di una ulteriore e micidiale spaccatura nell’erogazione del diritto costituzionalmente garantito della salute. Il nuovo Patto per la Salute fa da apripista all’autonomia differenziata?
Lo chiarisce il professor Ivan Cavicchi “A me fanno impressione due cose: che alcuni dicano, trionfanti, che il Patto difende l’universalismo della sanità mentre è in campo, come tutti sanno, il regionalismo differenziato, cioè fa impressione la doppia morale politica di chi fauna intesa con il governo sostanzialmente per avere i finanziamenti di cui necessita e nello stesso tempo gli lavora contro per cambiare le regole del gioco,….”.
A riprova di questa preoccupante trasversalità dei fronti politici dominanti c’è a scelta anche sui Pronto Soccorso ai privati. Ecco uno dei motivi dell’entusiasmo degli assessori regionali sul Patto per la Salute.
La motivazione è l’eliminazione del sovraffollamento dei codi bianchi in particolare. Allora perché non assumere, anche par time o a tempo determinato, medici disoccupati e/o dare credito agli specializzandi?
Domanda retorica la nostra, perché si ripete la stessa cantilena politica che permise l’attività privata dei medici (Intramoenia) negli ospedali, con la motivazione di ridurre le liste d’attesa.
Come è andata lo sappiamo tutti: costi in più per i cittadini, meno disponibilità nelle strutture pubbliche di quei medici che l’hanno scelta e liste d’attesa sempre più lunghe.
Ora con l’intenzione, per adesso, di permettere ai privati di aprire loro Pronto Soccorso è supportata, in sostanza, dalla stessa motivazione.
E che fa anche questo ministro? Alza ancora il limite di spesa nazionale per finanziare i privati. Allora, come è possibili che non capisca, lui che afferma che questo governo procederà a invertire la tendenza al disinvestimento operato fino ad oggi, che continua a favorire il settore privato continuando a creare disagi e avversione verso il sistema pubblico.
Alle certezze del diritto alla salute che chiedono i cittadini si risponde anche militarizzando le relazioni tra operatori e pazienti con il vero scopo di tacitare le proteste contro questo sistema. la voglia di militarizzazione in atto nella società porta alla barbarie e le telecamere o presenza delle pistole nei luoghi di lavoro e di studio è confacente allo strapotere contro la ragione e non al contenimento degli atti violenti contro chi lavora. La telecamera non parla delle motivazioni di nessuna delle parti. E qualcuno già pensa alla pistola Taser nei Pronto Soccorso.
Pare di sentirli urlare il loro slogan mentre allontanano chi pretende il diritto alla salute: “….e basta con questa ideologia della sanità pubblica.”. Per loro, da 40 anni, ogni diritto è ideologia da combattere.
Meglio prevenire con la lotta, costruendo una comunità d’intenti tra cittadini e operatori nelle forme territoriali più consone ai rapporti di forza e relative alla capacità di coinvolgimento dei sindacati più sensibili.
Redazione Lavoro e Salute
Pubblicato sul numero di febbraio del periodico cartaceo www.lavoroesalute.org
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