Psicologia del voto

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SEDUTA TERAPEUTICA DI MASSA DELLA POPOLAZIONE ITALIANA AL VOTO
Verso il collettivo: una prospettiva anti-riduzionista della lettura di un fenomeno complesso

di Emanuela Bavazzano

Psicologa. Psicoterapeuta. Collaboratrice redazionale del mensile Lavoro e Salute

Come dentro un campo relazionale complesso, co-determinato da variabili molteplici e diversamente articolate, proviamo ad entrare in una simbolica stanza di analisi collettiva, in cui fare incontrare la popolazione italiana che si reca alle urne per esercitare il proprio diritto di Voto.

La sfida si presenta dapprima duplice, così come accade durante una prima “seduta terapeutica”: ascoltare e accogliere: se nella prima valenza intendiamo mantenere un atteggiamento aperto, siamo consapevoli che da subito si pone il tema del divenire partecipi attraverso l’ascolto attivo; così come nella seconda valenza assumiamo un comportamento orientato al movimento verso, che ci deve rendere persone capaci di tenere dentro quello che arrivi da fuori e dall’interno, attraverso un processo di elaborazione (terapeutica), restituire all’esterno una interpretazione che faciliti una trasformazione. L’ascolto e l’accoglienza non si articolano quindi dentro la recettività, ma divengono prassi di Cura che promuove Benessere.

Ciò premesso, se intendessimo analizzare lo scenario del Voto dentro i percorsi elettorali che conducono le persone ad andare alle urne e dentro queste esprimono le proprie “preferenze”, dovremmo chiederci, in termini non solo sociologici ma anche di psicologia sociale, e forse di psicopatologia collettiva, che cosa stia accadendo nelle Menti di soggettività in movimento, quelle stesse soggettività che proviamo ad ascoltare e accogliere, per comprendere un fenomeno.

Il fenomeno del Voto richiama un Dovere (etico), che discende dalle lotte per cui siamo figlie e figli di chi ci ha garantito un Diritto, quello dell’esercizio di espressione (individuale) in una democrazia partecipativa (collettiva), cui tutte e tutti possiamo concorrere, attraverso l’atto di rappresentanza dato dall’elezione di persone ritenute capaci di promuovere i propri valori, supponendo quindi che questi ultimi derivino da una cornice di senso a-priori (nel definirsi di Sinistra o di Destra si intende già riferirsi a due scenari differenti – contrapposti, rappresentanti due storie e due culture) e guardino ad azioni a-posteriori (supponendo che nei due scenari vi siano presupposti di proposte di prassi di Cura della comunità, secondo i valori che diversamente significhino essere persone che si collocano a Sinistra o a Destra in termini dia-cronici e trans-culturali).

La promozione del Benessere (collettivo) in Politica è pertanto un fine che si realizza quando, dopo l’espressione del proprio Voto, si partecipi alla “cosa pubblica” attraverso gli organismi intermedi presenti nel nostro Paese (così come nelle lotte promosse dentro le realtà locali – attraverso comitati – coordinamenti di categoria piuttosto che di interessi specifici per le comunità locali) oppure si scelga di esercitare il proprio Dovere e Diritto di delega (totale) a chi ci rappresenti e, sentendoci nella fiducia (passivamente espressa), si scelga di restare ai margini (pur continuando ad esercitare l’arte dell’osservazione partecipe, che comporta una eventuale modifica del proprio posizionarsi per tornare a coinvolgersi in maniera attiva, allorquando diventi necessario).

Che cosa sta accadendo dentro le urne, oggi? Come dentro una seduta terapeutica (di massa), proviamo a chiederci quali posizionamenti si vanno esprimendo nelle soggettività che partecipano alla “cosa pubblica”; proviamo a capire il fenomeno che oggi porta in scena dis-valori, che ritenevamo appartenenti alla storia, la storia che non si dimentica, perché insegna, la storia che, sempre nel parallelismo con i percorsi di promozione della salute bio-psico-sociale, sappiamo essere fattore di prevenzione, perché, quando si conoscono le co-determinanti delle malattie (morbosità dei corpi fisici, sofferenze che vivono dentro i corpi psichici, disagi dei corpi sociali), tendenzialmente si creano argini, quali protezione della Salute, così che non si realizzino presupposti di quella morbilità che può divenire mortalità (fino alla mortalità dei corpi sociali di rappresentanza ed espressione politica di diritti-doveri).

Che cosa sta accadendo anche fuori dalle urne quindi, oggi (forse già ieri), se si assiste a continui spostamenti di traiettorie, se gli orientamenti valoriali e dis-valoriali sembrano non animare più l’espressione del posizionamento attraverso l’esercizio del Voto?

Che cosa significa quel cinismo del “non ci sono più destra e sinistra”, che fa eco al “non ci sono più i partiti (di una volta)”, e questo potesse essere letto quale fenomeno a marca psico(patologica), meccanismo di difesa (collettivo) che al contempo crea argine al senso di delusione e forse limite al senso di rivoluzione? Oppure il cinismo può condurre all’espressione di ideologie opposte a quelle vissute all’interno dei propri riferimenti etico-valoriali trans- generazionali, quale fenomeno di marca adolescenziale (regressivo nella sua valenza di bisogno di tornare indietro e in-dentro a recuperare sulla propria pelle quel che i nonni e le nonne hanno già vissuto e testimoniato; sfidante nel provare a rivivere per risentire e tornare ad essere nella testimonianza che assume valenza trasformativa, perché non si può restare indifferenti di fronte all’esplosione di grida di un’Adolescenza collettiva).

C’è infine un fenomeno specifico, da provare ad analizzare, supponendo necessitare prassi di Cura: come è possibile che, dimenticando, piuttosto che regredendo o sfidando la storia, si creino dinamiche di riduzionismo, cieco rispetto alla complessità, e si assista alla promozione di fiducia iper-semplificata e iper-semplificante verso persone che, ricollocate in una prospettiva a distanza (temporale e spaziale) dovremmo considerare per quello che sono: carnefici – uomini (e donne) violenti per una definizione di violenza che discende dalla violazione dei diritti di soggettività altre, che conduce alla limitazione dell’espressione di volontà di persone de-soggettivate, resi oggetti, siano donne in un riproporsi di letture maschiliste di predominio di genere, identità non binarie, popolazione migrante, fino ad arrivare ad inglobare in questo processo di vittimizzazione persone sofferenti, devianti, marginali in termini bio-psico-sociali.

Ricollocate a distanza dovremmo rivedere anche, per ascoltare e non necessariamente accogliere, le dinamiche che portano al verificarsi, dentro le urne, di comportamenti di riduzione (più o meno consapevolmente) a vittime che restituiscono fiducia ai carnefici; ad esempio donne che subiscono il “fascino” di uomini con un percorso noto di maschilismo espresso e riduzione di ruoli che relegano le madri ad angeli del focolare, le moglie suddite dei mariti (come se il berlusconismo continuasse a vivere sotto mentite spoglie); ad esempio sofferenti, devianti, marginali che proiettivamente investono nella traiettoria di uscita dalla propria condizione di inferiorità acquisita gli stesso soggetti che hanno (co)determinato il loro stesso posizionamento nella società.

Per comprendere simili fenomeni, in una seduta terapeutica di massa somigliante nei processi ad una seduta terapeutica individuale, dovremmo richiamare il concetto di incesto ed incestuale.

Quando si parla di “clima” (nell’incestuale), non si deve immaginare che si verifichi una azione diretta di esercizio della violenza dentro le relazioni, bensì che si possa creare una situazione dentro la quale le persone “abitanti” si trovino a sopportare la dinamica di collusione nella forma di incestualità che porta, nelle relazioni intra-familiari così come in quelle gruppali (comunitarie), al convivere in maniera più o meno attiva con una situazione di invischiamento perverso. Parlare di invischiamento richiama il percorso che conduce le famiglie multi-problematiche ad essere vincolate tra loro, nella confusione dei ruoli e nell’annullamento dei confini tra i partecipanti, come non esistessero padri e madri, non esistessero figli e figlie, quasi come fosse permesso l’esercizio del potere dentro una trama dai tratti non chiari, in cui piuttosto che parlare di violenza si parli di abusi: abusi di potere dentro abusi relazionali (superando i confini dei corpi psichici) che portano le persone coinvolte a sentirsi co-protagoniste (dicorpi sociali di presunta appartenenza), anche se co-protagoniste effettivamente non sono, come quando non si riesce più a distinguere chi ha esercitato la violenza da chi l’ha invece subìta, e può (frequentemente) crearsi un diffuso senso di colpa volendo dissociarsi dal pensiero dominante e “denunciare” la verità fattuale.

Quale pertanto la Cura per la trasformazione del Diritto di voto  nell’espressione consapevole di capacità di essere nei processi partecipativi, che restituisca soggettività e consegni strumenti di “guarigione” rispetto ai fenomeni complessi di collusione tra vittime e carnefici, sottraendo poteri a questi ultimi e riposizionando il Dovere di voto dentro un’etica necessità di uscire dal sentirsi vittime di un sistema di auto-sabotaggio che rende nullo, quando anche non regressivo, il voto?

Risposta non c’è, che non sia in un collettivo porci di fronte alla fuga a Destra come una malattia, che richiede di essere com-presa nelle sue co-determinanti, nella perversione riduttivista che spenge la capacità di pensiero e soffoca l’espressione responsabile di un’idea di Mondo ridotta all’iper-semplificazione dei sintomi svincolati dalle cause e dai soggetti che li soffrano; risposta forse allora c’è all’interno di un processo di trasformazione delle coscienze, che recuperi capacità storiche-culturali-sociali-politiche, restituendo dignità e valore all’Utopia concreta, che superi l’ancoraggio difensivo alla destituzione di potere agli organismi di rappresentanza e faccia sentire ed essere parte della partecipazione individuale e collettiva che riprenda su sé le deleghe piuttosto che vigili attivamente su quelle consegnate a soggetti su cui è stata posta fiducia; risposta c’è dentro un recupero di senso di un progetto politico di tenuta insieme della concretezza delle prassi con lo sguardo alto che contempli l’Orizzonte e restituisca respiro agli Ideali, quelli a Sinistra, nell’impegno a promuovere azioni di prevenzione e di cura, a partire dallo sguardo attento rivolto alle periferie abitate da soggettività dimenticate, tornando a ricollocare al centro i diritti da tutelare (prevenzione) e lottare perché siano garantiti (cura).

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