Quali competenze ha Bill Gates per fare “profezie” sul Covid-19?


Bill Gates ha annunciato che bisognerà aspettare almeno un altro anno e mezzo per tornare alla normalità pre-coronavirus. È quello che prevede insieme alla moglie Melinda, che ha annunciato la donazione di altri 250 milioni di dollari a “sostegno della ricerca lo sviluppo e l’equa distribuzione di tutti gli strumenti salva-vita contro Covid-19”. Anche se sappiamo benissimo che non è così e che in queste volontà c’è il classismo più becero, Bill Gates torna a fare previsioni: “Entro l’estate del 2021 i Paesi ricchi avranno la copertura maggiore del vaccino, più di ogni altro, così potranno tornare alla normalità, ma il virus resterà in larga parte del pianeta”. Il fondatore di Microsoft ha dichiarato: “C’è sempre un rischio di nuova infezione e quindi saremo in grado di liberarci dal virus soltanto a metà del 2022”.

Una domanda: quali competenze ha Bill Gates per poter far profezie? Perché nessuno dei benpensanti che si riempiono la bocca di “parlino gli esperti” non si fa sentire sulle sue dichiarazioni? Perché le sue “profezie” sono riportate, senza contenzioso, da tutte le testate e spesso anche da scienziati? Se fossero vere o false si vedrà, ma perché nessuno ha il coraggio di dire “chi è Gates per dire questo”?

Purtroppo stiamo andando incontro al mondo delle abilità tecniche, delle competenze, dei tecnicismi, del “lo puoi fare solo se sei un esperto” riducendo sempre più la dimensione politica che invece è essenziale per analizzare il mondo e soprattutto indirizzare il proprio immaginario, poiché tutto è politica. Dall’altro lato però la tecnica e la competenza si inchinano di fronte all’accumulo capitalistico e a chi gli permette di vivere, sostanzialmente.

Se pensiamo che la Fondazione Bill&Melinda Gates ha versato 1,75 miliardi di dollari per la lotta al virus, a chi verrebbe in mente di poter solo controbattere una parola dei Gates. Questo produce normalizzazione dei rapporti di forza, che da anni avviene indisturbatamente in un’opinione pubblica completamente annientata, lobotomizzata, incantata e indotta ad abbandonarsi alle narrazioni provinciali, ma soprattutto normalizzazione dello stato di cose esistente in nome della fallacia di libertà, tanto ben voluta dal capitalismo.

Gates inoltre, dall’alto delle sue “profezie”, ha chiesto agli Stati che fanno parte dell’alleanza per i vaccini, Gavi Covax, maggiori contributi per poter far arrivare dosi anche a quei paesi ancora in via di sviluppo, dichiarando: “Grazie all’ingegnosità della comunità scientifica globale abbiamo ottenuto le importanti svolte necessarie a mettere fine alla pandemia. Abbiamo più farmaci e potenziali vaccini di quanti ne potessimo prevedere all’inizio dell’anno. Ma queste innovazioni salveranno vite solo se arriveranno ovunque”. A ciò si aggiunge anche l’appello della moglie Melinda per la quale “l’impegno dei leader mondiali a rendere disponibili test, cure e vaccini a tutti coloro che ne hanno bisogno” deve prescindere “dal luogo in cui vivono e dal reddito”.

Che belle parole! Oggi però la filantropia si fa con i soldi, altrimenti addio visibilità internazionale, addio sopravvivenza per grandi colossi finanziari e industriali. Queste parole tanto caritatevoli nascondono in realtà tutti i crimini che la Fondazione Bill&Melinda Gates ha sostenuto nel “Terzo Mondo”, come loro lo definiscono. Infatti ad oggi sappiamo benissimo che dietro queste “belle parole”, si cela l’interesse di Gates a far si che venga finanziata Gavi Covax, dal momento che è stata fondata da lui. D’altronde perché un ricco supermiliardario dovrebbe interessarsi della salute mondiale se non ha un tornaconto sia d’immagine (ricordiamo che il brand è una merce su cui investire per attrarre consenso e fiducia dai mercati) sia in denaro?

Se fosse veramente interessato al diritto alla salute, Gates non assumerebbe i suoi lavoratori con contratti precari senza per altro che possano godere di cure mediche in caso di necessità. Non solo, non attuerebbe misure atte alla riduzione dei costi per l’azienda come il taglio ai benefici medici, né sovraccaricherebbe i propri lavoratori inducendoli, come per altro è stato denunciato più volte, per sindrome da burnout, patologia derivante da forte accumulo di stress a causa del pressing nei luoghi di lavoro. Microsoft non sarebbe mai stata definita nel 1989, dal Seattle Times, come Velvet sweatshop, ovvero “sfruttatrice di velluto”, se non usasse tecniche di ritenzione forzata dei lavoratori per i quali Microsoft provvede ad ogni cosa all’interno del luogo di lavoro, ma in cambio li sovraccarica a tal punto da recare danni per la loro salute: il loro lavoro viene forzato con contratti legali a rimanere alle dipendenze dell’azienda. Per non parlare di tutte le controversie della Microsoft, ma soprattutto della continua espropriazione dei sistemi sanitari nel Terzo Mondo e della devastazione ambientale per l’estrattivismo minerario che sono la radice delle disuguaglianze sociali provocate dalla globalizzazione neoliberista.
Non abbiamo quindi davanti un profeta, un medico, uno scienziato e un filantropo, ma piuttosto un onnipotente che in nome del Deus est pecunia si sta comprando il mondo compreso il nostro diritto alla salute.

Lorenzo Poli

Collaboratore redazionale del mensile Lavoro e Salute

16 dicembre 2020

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