Quando i migranti eravamo noi
E’ arrivato da qualche giorno in libreria “Monumenti di carta” che racconta attraverso le fotografie la vita e i sentimenti degli emigranti liguri a cavallo fra otto e novecento. Il libro è uscito per i tipi di Internos, un editore di Chiavari (Genova) che non a caso ha scelto questo libro. “Conosco molto bene le vicende raccontate – spiega l’editore Goffredo Feretto – sono originario della Valfontanabuona, dove ancora ho la casa di famiglia, proprio nel comune di S.Colombano, dove già nella prima metà del XIX secolo sono iniziate le prime migrazioni verso il Sudamerica. Il libro è un documento storico importante perché attraverso le fotografie di questi uomini e donne che sono partiti per cercare una vita migliore e un riscatto dalla povertà a cui qui erano costretti, si alza un velo su una parte importante della nostra storia”.
Una buona parte delle fotografie che costituiscono la raccolta è arricchita da didascalie scritte a mano, che aiutano a capire il contesto storico e sociale in cui sono state scattate. Vengono generalmente inviate come supplemento d’informazione, insieme alle lettere, per “farsi vedere”, per testimoniare in maniera simbolica la propria presenza all’interno della comunità di origine anche se ci si trova a migliaia di chilometri di distanza. Esse diventano così “surrogati di presenza” in virtù della superiorità comunicativa che la cultura popolare attribuisce alla fotografia rispetto al mezzo scritto.
Il libro si apre con la prefazione dello storico Antonio Gibelli che introduce il tema della migrazione in Liguria analizzandone brevemente il fenomeno ma soprattutto spiegando la nascita di un lavoro pioneristico fatto dall’autore analizzando gli archivi famigliari di gente comune, “soprattutto migranti e combattenti delle guerre di massa”. La ricerca, che poi sfocerà nella mostra “Le vie dell’America (1989)”, prende il via dalla frequentazione dell’Archivio Ligure della Scrittura popolare e poi prosegue con le interviste che l’autore fa ai discendenti e parenti delle famiglie coinvolte nelle migrazioni: dalla provincia di Savona ci sono le famiglie di Biale, Parodi e Pescio, da Cogoleto ci sono le immagini della famiglia Ghigliazza che emigrarono in Argentina senza mai fare ritorno, da Serra Riccò parte la famiglia Parodi… la Valfontanabuona e l’entroterra chiavarese restano i luoghi dove più forte si verificò il fenomeno migratorio. Qualcuno torna ricco, come Pietro Torre (nel 1860) che ha trovato l’oro, i più non tornano affatto. Restano le fotografie a testimoniare la loro storia, gli affetti e la loro esistenza.
La questione migratoria è sempre stata cruciale per il nostro Paese, nei secoli precedenti perché a partire in massa eravamo noi, oggi perché diventati luogo, per lo più, di passaggio, ma comunque in prima linea per quella che viene definita “l’emergenza migranti”. Il 2016 è stato l’anno della “grande immigrazione” – si legge nel quarto rapporto redatto dall’Associazione Carta di Roma che insieme all’Osservatorio di Pavia e all’Osservatorio europeo sulla sicurezza, ha monitorato come i media (carta e web) hanno raccontato i migranti: il dato che ne esce è in qualche modo positivo: “sui media tradizionali i toni sono meno allarmistici, e viene dato spazio agli approfondimenti, al contrario sui social si è arrivati anche agli insulti razziali”. Quello che però emerge è che non sono mai i protagonisti di queste storie a parlare, “solo nel 3% dei casi migranti e rifugiati hanno voce”.
Ecco quindi quanto sono importanti le fonti e un attento uso di queste da parte di chi scrive. Mauro Baldassarri, l’autore, lo racconta a Popoff: “Questo libro è in pratica lo “spin off” di un grande evento espositivo del 1989. Era la mostra “La Via delle Americhe” dove oltre alle fotografie c’erano materiali d’epoca, lettere, diari, e il respiro era davvero molto più ampio. Io ero stato incaricato dal curatore, Antonio Gibelli, allora docente di Storia contemporanea alla Facoltà di Lettere, di occuparmi della catalogazione del materiale fotografico. Grazie a una serie di contatti sul territorio ebbi la fortuna di reperirne a mia volta e tutto confluì all’ Archivio Ligure della Scrittura Popolare. Oggi il tema delle migrazioni è tornato prepotentemente alla ribalta, prosegue Baldassarri, così mi è venuta voglia di riprendere in mano quelle ricerche, limitatamente all’aspetto del linguaggio fotografico, e di attualizzarle con qualche riflessione anche sulla contemporaneità. Non è quindi un libro sull’emigrazione ligure, ma piuttosto su come i nostri emigrati seppero costruire un linguaggio, e gli strumenti per veicolarlo, per mezzo del quale raccontare, raccontarsi e soprattutto colmare la distanza emotiva da casa”.
Il libro sarà presentato a Genova ieri 20 dicembre presso il Mercato del Carmine in piazza del Carmine. Insieme all’autore Giulia De Stefanis, giornalista di Repubblica che per il giornale segue la cronaca sui migranti.
di Ludovica Schiaroli
19/12/2016 http://popoffquotidiano.it
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