QUANDO LA SOLIDARIETA’ E’ DONNA
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Nell’approssimarsi dell’8 marzo ho scelto come realtà da far conoscere una singolare Associazione di donne denominata “Donne Solidali”, con sede a Chieri, ma che collabora con altre Associazioni di Torino.
Ho fatto quindi una intervista alla Presidente dell’Associazione, Luciana Rinaudo. Ex insegnante di sostegno in pensione, Luciana si è occupata soprattutto di ragazzi con disabilità cognitive, come ragazzi down, cercando di potenziare, in classe e – quando possibile – in collaborazione con altre maestre le loro abilità, soprattutto attraverso l’aiuto della musicoterapia.
Luciana, quando ti è venuto in mente di creare una Associazione per le donne e perché?
L’idea mi è venuta poco prima di andare in pensione. Essendo stata io stessa testimone di episodi di violenza direttamente o indirettamente, volevo creare una Associazione dove le donne potessero trovare risposta ai loro bisogni di socializzazione e anche di sostegno, in una prospettiva di aiuto reciproco. Ne ho a lungo parlato con alcune mie amiche. Avevo in mente di chiamarla “Associazione Donne Solidali”.
Quando ha cominciato a operare questa Associazione e quali sono stati i suoi principali centri d’interesse?
L’Associazione è nata nel 2017, dopo che io stessa ero andata in pensione. Il mio obiettivo principale era creare uno spazio aggregativo per donne ormai di mezza età o anziane, per venire incontro ai loro problemi di solitudine, di fragilità esistenziale e per creare un tessuto collaborativo di solidarietà amicale. Le adesioni non sono mancate. Abbiamo realizzato diverse iniziative soprattutto nell’ambito del sostegno psicologico e della salute. Per cominciare abbiamo attivato un percorso di formazione con una psicologa, la dott.ssa Flavia Cavalero, sulla gestione consapevole delle dinamiche relazionali. Abbiamo poi organizzato diversi incontri con esperti in vari campi della salute, con riferimento soprattutto alle cure alternative: naturopatia, utilizzo dei fiori di Back, reflessologia, reiki, yoga, biodanza, alimentazione sana ecc. Abbiamo anche realizzato incontri di musicoterapia e di arteterapia.
Attualmente, quante attiviste siete e di cosa vi occupate?
Abbiamo avuto per alcuni mesi un periodo di interruzione, dovuto a miei personali problemi di salute. Poi abbiamo ripreso con grande vigore e slancio. Abbiamo diverse socie tesserate, ma chi collabora con me in maniera continuativa sono quattro amiche. In questi ultimi due anni ci siamo occupate particolarmente di truffe affettive perché mi sono resa conto che è un problema molto diffuso e che molte donne non più giovanissime ne restano vittima. Collaboriamo con l’Associazione di Torino Acta Cybercrime e abbiamo aperto un sportello anche a Chieri. Teniamo corsi di informazione e di prevenzione con l’auto di psicologi e legali, ma, quando è il caso, accompagniamo anche le donne vittime di truffa a fare le denunce alle forze dell’ordine. Di recente abbiamo attivato una palestra della memoria con esercizi molto mirati, di logopedia o di terapia occupazionale per donne con segni di decadimento cognitivo come perdita della memoria. Attualmente seguiamo sei casi di donne con questi disturbi. Avrei in mente di realizzare anche una collaborazione con Ludichieri per organizzare attività come giochi da tavolo sempre al fine di favorire la concentrazione e la memoria. Un’altra attività è la presentazione di libri su storie di donne, per stimolare la lettura e la riflessione.
Quali sono i risultati positivi raggiunti e le eventuali criticità che dovete affrontare?
Abbiamo raggiunto un buon livello di aggregazione del gruppo e un netto miglioramento delle qualità relazionali. Questo anche grazie a iniziative di socializzazione: partecipazione a gite, visione di film, pomeriggi di festa come la merenda del giovedì, ecc.
Un risultato positivo è anche la reciprocità con cui le donne, in caso di necessità, si aiutano tra di loro, ad esempio per essere accompagnate a esami o visite mediche oppure per ospitalità temporanee in occasioni di cambio di casa oppure ancora come aiuto domestico, sempre in caso di necessità temporanee.
Per quanto riguarda le criticità, lamentiamo l’assenza sul territorio di strutture o di interventi per favorire il benessere psicofisico delle donne, come, ad esempio, supporto psicologico o terapeutico
adeguato. Alcune di loro hanno patologie psicologiche pregresse, casi di depressione, anche gravi. Io stessa ho dovuto segnalare al Centro d’Igiene Mentale una persona che minacciava il suicidio. Un’altra criticità è che alcune donne, ormai pensionate e non più in condizioni fisiche ottimali, patiscono molto la loro perdita di ruolo e di funzione sociale. Senza un adeguato supporto di socializzazione amicale, cadrebbero in depressione. C’è anche il caso di donne con una personalità molto spiccata e una grande volontà di protagonismo. Questo può portare a conflitti o fraintendimenti all’interno del gruppo o anche a intralci sul piano organizzativo. Bisogna mantenere sempre un grande equilibrio tra comprensione e autorevolezza.
Qual è il rapporto con le istituzioni e come si finanzia l’Associazione?
Come già detto, i rapporti con le Istituzioni sia sanitarie che amministrative non sono dei migliori. Da loro non riceviamo nessun tipo di supporto né come servizi né come finanziamenti. Invece abbiamo un ottimo rapporto collaborativo con i sindacati, sia lo SPI che la CISL, riguardo ai bisogni di disagio sociale o per chi è vittima di violenza. Per quanto riguarda i finanziamenti, come Associazione ci finanziamo con il tesseramento delle socie e integriamo, di quando in quando, con la vendita di libri usati al mercatino. Questa iniziativa l’abbiamo denominata “Dare nuova vita ai libri”. Bisogna anche dire che riceviamo un grande supporto dal Vol.To. (Centro Servizi per il Volontariato di Torino) che ci mette a disposizione i suoi locali e i suoi servizi di consulenza a titolo totalmente gratuito. A parte questo, non abbiamo altre fonti di finanziamento.
So che vi occupate anche di seguire un gruppo di famiglie latinoamericane presenti su questo territorio. Come è nata questa iniziativa e perché avete scelto proprio questo target di persone?
E’ cominciato tutto nel periodo del covid. Ci siamo prese l’impegno di seguire alcune famiglie in precarie condizioni economiche, anche di origine straniera. Siamo poi rimaste in contatto con famiglie latinoamericane per almeno tre motivi. Il primo è che sono da sempre interessata alle culture latinoamericane, interesse che ho condiviso con mia figlia Barbara, che vive in Spagna e ha fatto studi specifici in proposito. Sia io che lei conosciamo molto bene lo spagnolo e questo mi facilita molto la comunicazione con queste persone. Il secondo motivo è che ne conoscevo già alcune personalmente, avendo dato loro lezioni di italiano come volontaria. Infine, ho scelto loro perché fra i gruppi di stranieri che vivono in città, sono le persone più trascurate. Sembrano non esistere all’interno della comunità chierese, io le definisco “gli invisibili”. Eppure sono circa 170 persone!
Come mai queste persone si trovano in Italia e in che cosa consiste l’aiuto che offrite loro?
Intanto, si tratta soprattutto di donne con figli al seguito, prevalentemente peruviane. Sono arrivate in Italia con un visto turistico che dava loro la possibilità di restare qui per tre mesi soltanto. Poi avrebbero dovuto tornare al loro Paese. Ma non ci sono più ritornate, perché lì vivevano in condizioni economiche molto precarie, senza speranze di futuro per i loro figli. Occorre anche aggiungere il fatto che molte donne hanno avuto dei figli fuori dal matrimonio, per cui non hanno il sostegno di un uomo. Sono praticamente abbandonate a se stesse, perciò hanno contratto anche grossi debiti per farsi pagare il viaggio aereo. Ma, a differenza di altri gruppi etnici, non trovano canali per una accoglienza ufficiale e in seguito per una regolarizzazione. Pertanto vivono a lungo in condizioni di clandestinità. Tra quelle che noi seguiamo, solo due donne sono qui da molti anni, parlano perfettamente l’italiano, sono regolarizzate e perfettamente integrate.
Il compito che noi svolgiamo con loro in primo luogo è quello di sostenerle economicamente e di aiutarle a trovare un lavoro. Trattandosi in prevalenza di donne, il lavoro che riescono a trovare è solitamente quello di badante. Solo dopo il periodo di prova, di solito superato brillantemente, potrebbero essere regolarizzate, ma per questo occorre attendere il Decreto Flussi, che viene emanato una volta all’anno. Altrimenti lavorano in nero. Un’altra attività che svolgiamo con loro è quella di tenere lezioni di italiano, a loro e ai loro figli e di accompagnarli in un inserimento sia nelle scuole, sia nei corsi di italiano tenuti nei CPIA (Centro Permanente Istruzione Adulti) perché possano ottenere un attestato formale di conoscenza della lingua. Questi corsi permettono loro anche di conseguire la licenza di terza media.
So che tu aiuti molto queste donne e i loro figli sia nell’apprendimento dell’italiano che nel sostegno scolastico ai loro figli. Le Donne Solidali ti aiutano in questa attività?
Sì, mi aiutano partecipando ad attività di conversazione con queste persone. Spesso organizziamo anche momenti di incontro culturale, dove le donne stesse raccontano la loro vita nel loro Paese e i problemi che si trovavano ad affrontare. O anche incontri festaioli, dove si possono esibire in balli o canti. Abbiamo una donna, Andrea, che è una bravissima cantante, con una voce favolosa. Al sentirla, mi commuovo sempre!
Riuscite a creare un ponte di collegamento tra queste persone e i cittadini italiani?
Non solo ci riusciamo, ma queste persone rappresentano per la nostra comunità una vera e propria risorsa. Molto, molto preziosa! Spesso si rivolgono a me amici o amiche o anche persone sconosciute per chiedermi se posso procurare loro una persona per aiuto domestico, oppure per cura o assistenza a parenti anziani o disabili. Queste richieste non restano mai inevase. E devo dire, anche con legittimo orgoglio, che le persone richiedenti rimangono sempre molto contente e soddisfatte. Le donne latinoamericane, in particolare le peruviane ma non solo, sono gentili, sanno comportarsi bene con malati e anziani, svolgono molto bene il loro lavoro. Ma ci occupiamo anche di seguire alcuni giovani che di solito arrivano con un titolo di studio. Dopo un corso di italiano e un corso di formazione riescono abbastanza agevolmente a trovare un lavoro e si fanno molto benvolere. Come Esteban, un giovane psicologo peruviano, un gran simpaticone che si presta molto, se c’è bisogno, ad aiutare le donne in difficoltà fisica o psicologica. Ha trovato lavoro ed è perfettamente integrato!
A questo punto ringrazio Luciana e chiudo l’intervista. Un’ultima osservazione: per la Giornata della Donna ricordiamo che la solidarietà fra donne, anche di culture diverse, anche con bisogni diversi, anche di età non più giovanissima, è proprio ciò che può rompere finalmente gli schemi patriarcali, creare nuovi canali di sostegno e aiuto reciproco, combattere con determinazione situazioni di violenza fisica, psicologica e culturale. Viva dunque le Donne Solidali!
Rita Clemente
Scrittrice. Collaboratrice redazionale del mensile Lavoro e Salute
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