Quanti giovani con grave disabilità hanno perso i genitori assistenti/caregiver?
La Fondazione GIMBE ha sottolineato in questi giorni che negli Stati Uniti, sino al mese di febbraio scorso, circa 43.000 bambini/e, ragazzi/e tra 0 e 17 anni di età hanno perso almeno un genitore
a causa del Covid. «Negli USA – è stato detto dalla Fondazione – il
virus ha causato un numero di orfani quasi quindici volte più grande di
quelli causati dagli attentati alle Torri Gemelle, ma in Italia questi
argomenti sono tabù perché nel dibattito pubblico si parla quasi solo
dei danni dovuti alla didattica a distanza. Quanti sono in Italia gli orfani da Covid? Quanti sono i bambini che hanno perduto uno o più nonni?». E quanti bambini e giovani con grave disabilità non autosufficienti, aggiungiamo noi, hanno perso i loro genitori assistenti/caregiver
che si prendevano cura di loro, i più fortunati dei quali finiranno ora
in qualche istituto o RSA (Residenza Sanitaria Assistita)?
Ancora non si sa, del resto, quante persone con gravi disabilità siano state vaccinate nel nostro Paese, e in alcune regioni come la mia (la Calabria), non è accaduto ancora a nessuno o quasi dei loro genitori assistenti/caregiver,
mentre la vaccinazione avrebbe dovuto essere contestuale, come è
avvenuto in alcune aree. Si dovrebbe dunque dare priorità ai familiari
anche per le dosi rimaste e non utilizzate a fine giornata.
Dopo oltre cento giorni dall’inizio delle vaccinazioni, sono stati in pochi a condannare chi ha permesso di lasciare così indietro le persone più fragili e non autosufficienti e chi li assiste.
E forse ancor di più c’è da chiedersi di chi siano le responsabilità di
circa 115.000 morti in Italia e di 906 decessi in Calabria di cui 802
dal 15 ottobre ad oggi.
Durante la prima ondata della pandemia, non si aveva esperienza e alcuni
errori potevano anche essere compresi, pur essendo in corso varie
indagini anche su quel momento. Ma nella seconda e terza ondata c’è chi
ha messo in conto consapevolmente che alcune decisioni avrebbero causato
delle morti. E ancora si continua a farlo, mettendo sempre in primo
piano le esigenze del sistema imprenditoriale.
Pare poi che talvolta ci sia stata anche poca “precisione” sui dati
prodotti da alcune Regioni, per non far scattare le “Zone Rosse”, come è
emerso da indagini che hanno tra l’altro già costretto alle dimissioni
un Assessore Regionale alla Salute.
Ci sono stati Paesi come la Nuova Zelanda o l’Australia,
che non hanno avuto nemmeno la seconda ondata di pandemia e un numero
bassissimo di vittime, dimostrando che un’emergenza del genere si può gestire certamente meglio, conciliando il diritto alla salute dei più fragili e i legittimi interessi economici degli imprenditori e dell’intero Paese.
Ci si dovrà dunque chiedere se vi siano state responsabilità, non solo
politiche, nel non aver seguito l’esempio di quei Paesi, che sono
riusciti a non fare aumentare i contagi con interventi restrittivi brevi
e immediati e tamponi a tappeto.
Colpisce che ancora oggi vi sia chi sembra preoccuparsi solo delle
aperture a tutti i costi delle attività commerciali, ma non anche delle
vittime e dei drammi conseguenti, senza riuscire, però, a garantire
nemmeno aperture stabili e ripresa economica. Al riguardo il caso della Sardegna, passata in poche settimane dalla “Zona Bianca” alla “Zona Rossa”, dovrebbe scoraggiare altri sperimentazioni simili.
Vincenzo Gallo
Padre di un giovane con grave disabilità.
14/4/2021 http://www.superando.it
Lascia un Commento
Vuoi partecipare alla discussione?Sentitevi liberi di contribuire!