Quanto inquina la ricchezza?
La Tesla fabbrica un prodotto alimentato a batterie chiamato Powerwall, che abbinato ai pannelli solari può soddisfare l’intero fabbisogno energetico di una casa. Questo oggetto must have per «una casa veramente green» viene venduto a più di cinquemila dollari. La maggior parte delle persone non possono permettersi di pagare una cifra del genere in un’unica rata, e così, anche se sul lungo periodo i pannelli solari ci fanno risparmiare soldi e salvare il pianeta, l’uso dei Powerwall è limitato alle persone che hanno soldi da buttare.
Se la nostra comprensione del consumo sostenibile fosse limitata a quest’unico esempio, dovremmo dedurne che i ricchi sono molto più ecologici dei poveri. Ma perderemmo di vista il quadro generale. Se è vero che i ricchi hanno a disposizione un assortimento maggiore di beni e prodotti green, l’impatto di questi gadget è nullo comparato alla distruzione ecologica generale provocata dalle abitudini di consumo tipiche del lusso.
Un nuovo articolo intitolato Misurare l’impatto ecologico della ricchezza: consumi eccessivi, disorganizzazione ecologica, crimini verdi e giustizia, pubblicato dai ricercatori Michael J. Lynch, Michael A. Long, Paul B. Stretesky e Kimberly L. Barrett analizza in profondità il ruolo delle abitudini di consumo dei ricchi nel processo di destabilizzazione climatica.
I ricercatori sostengono che quando una persona ha molti più soldi di quelli che gli servono per vivere, «acquistare proprietà e consumare in modo eccessivo diventano segnali distintivi, e per lanciare questi segnali distintivi la classe dei ricchi deve consumare». Questo spinge i ricchi a comprare, costruire, e gestire cose come super-yacht, super-ville, macchine di lusso e jet privati. Ci vorrebbero una quantità assurda di Powerwall per compensare i danni fatti dalla proliferazione degli oggetti tipici del consumo di lusso.
I ricercatori stimano l’esistenza di circa trecento super-yacht in circolazione nel mondo. Un individuo deve possedere ricchezza per oltre 30 milioni di dollari per potersi permettere la versione più piccola; il costo maggiore si aggira intorno al miliardo di dollari. Questi oggetti divorano benzina e sputano inquinamento. Facendo due conti, l’intera flotta mondiale di super-yacht consuma oltre 32 milioni di galloni di petrolio e produce emissioni di diossido di carbonio pari a 285 milioni di chili all’anno – e tutto per il divertimento personale degli ultra ricchi. Il tasso di consumo e inquinamento mondiale dei super-yacht supera quello di intere nazioni.
Le super-ville, che i ricercatori definiscono come case che superano i 2.300 metri quadri, hanno un effetto altrettanto devastante sull’ambiente. La grandezza media di queste ville raggiunge i 3.700 metri quadri, e il loro prezzo medio sfiora i 28 milioni di dollari. I ricercatori non possono calcolare l’impatto energetico totale di abitazioni simili, e così si limitano a calcolare l’impatto derivante dall’approvvigionamento di legname, partendo dal presupposto che si tratti di legname standard (ovviamente, molte abitazioni di lusso usano anche materiali esotici difficili da reperire).
Una casa media per essere costruita richiede l’abbattimento di 23 alberi, mentre una super-villa ha bisogno di 380 alberi. Una casa media, dunque, produce circa 34 chili di anidride carbonica, mentre per una super-villa ci aggiriamo intorno ai 64 mila chili. L’impronta ecologica delle super-ville è astronomica – e tutto affinché i super ricchi possano avere un po’ di spazio in più per gironzolare. Il fatto che alcuni di loro oggi incrementino i Powerwall difficilmente ci mette l’animo in pace.
La Tesla non produce solamente i Powerwall; produce anche, ovviamente, macchine elettriche di lusso. Ma i ricchi comprano macchine costose da molto prima delle innovazioni della Tesla, e mentre una macchina elettrica dispendiosa sta diventando quasi uno status symbol in alcuni circoli ristretti, fino a oggi la vasta maggioranza dei ricchi è rimasta alle macchine a benzina: finché costano una fortuna e fanno fare bella figura, la sostenibilità ecologica non è importante. Queste macchine vengono vendute con ogni sorta di gadget e funzioni, ben al di là di ciò che è necessario per guidare, e tendono a essere più grandi delle macchine normali. La loro stazza e l’utilizzo frequente di materiali inconsueti le rendono molto meno sostenibili in fase di costruzione, e anche il loro impatto ecologico è di gran lunga maggiore.
I ricercatori si sono concentrati esclusivamente sull’efficienza delle macchine di lusso, mettendole a confronto con le macchine più diffuse vendute a una frazione del prezzo. Hanno scoperto che quest’ultima categoria ha un consumo di carburante minore del 60 percento rispetto alle macchine di lusso. «Messo a confronto con i 10 veicoli più venduti», hanno concluso i ricercatori, «un veicolo di lusso produce, in media, 16 mila chili di emissioni di CO2 in più ogni 1.500 chilometri».
I gruppi ad alto reddito, inoltre, guidano il doppio rispetto ai gruppi a basso reddito. I ricchi potrebbero sicuramente cavarsela con una Hyundai Sonata o una Nissan Altima, ma il loro desiderio di essere visti mentre guidano una Jaguar o una Bentley comporta più inquinamento per tutti noi.
E, da ultimo, ci sono i jet privati. Soltanto negli Stati uniti ne sono registrati circa 15 mila. L’intera flotta vola per un totale di 17 milioni di ore l’anno, bruciando circa 345 galloni di petrolio all’ora. Il carburante dei jet produce 10 chili di emissioni di carbonio a gallone. Questo vuol dire che l’impatto ecologico della flotta di jet privati degli Stati uniti è di circa 56 tonnellate all’anno. L’intera nazione del Burundi produce meno della metà delle emissioni di carbone prodotte dalle élite statunitensi con i loro jet privati – per non dire nulla delle auto di lusso, delle loro super-ville, e dei loro super-yacht.
Questi super ricchi appartengono alla classe capitalista, il che significa che messi insieme possiedono la gran parte dei mezzi di produzione del mondo. Le loro abitudini di consumo di lusso costituiscono solo una frazione del loro contributo generale alla destabilizzazione del pianeta. Possiedono miniere e fabbriche e compagnie petrolifere, e banche che investono in pratiche estrattive dannose, e cargo che riversano in mare più benzina di quanto sia possibile immaginare come individui. Le loro abitudini di consumo sono soltanto la punta dell’iceberg.
Eppure, è incredibile come la facciano continuamente franca con i loro consumi eccessivi senza che nessuno batta ciglio. Man mano che i livelli del mare crescono, la temperatura schizza, e il clima diventa più imprevedibile e violento, quelle stesse élite migreranno in luoghi più sicuri – o, se dovesse accadere il peggio, si ritireranno in bunker apocalittici – e si risparmieranno gli effetti peggiori del caos che hanno generato.
Come minimo, concludono i ricercatori, la società dovrebbe sviluppare politiche che mettano un freno ai consumi esagerati dei ricchi. Forse costruire case così grandi da richiedere l’abbattimento di un’intera foresta dovrebbe essere considerato un crimine verde.
E tuttavia, non ci sarà nessuna soluzione alla crisi economica senza un cambiamento profondo nell’economia. Finché produrremo per profitto – e non per il benessere pubblico e il bene comune – la terra sarà un danno collaterale nella ricerca del guadagno, e i poveri ne soffriranno.
«Come risultato delle contraddizioni intrinseche tra capitalismo e natura – facevano osservare i ricercatori in un articolo precedente – il sistema capitalistico dev’essere interpretato esso stesso come un crimine contro la natura». E, per un crimine del genere, l’unica giustizia possibile è il socialismo.
Meagan Day
staff writer di JacobinMag. Questo articolo è uscito su Jacobinmag.com. La traduzione è di Gaia Benzi.
13/9/2019 https://jacobinitalia.it
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