Quel bonus sembra costruito apposta per delegittimare i nidi pubblici e incentivare invece quelli privati
Il nostro paese sottovaluta alcune emergenze come la lotta alla devastazione ambientale, la necessaria bonifica dei siti inquinati rinviata da anni, la manutenzione stradale carente, il rilancio della pubblica amministrazione, l’occupazione giovanile. Ma altre emergenze taciute sono rappresentate dal sistema scolastico, dai tanti giovani senza lavoro e fuori dalle scuole, dai pochi bambini che accedono ai nidi e alle scuole dell’infanzia stando alle statistiche europee.
Siamo il paese che non investe in manutenzione scolastica e sanitaria, le scuole e gli ospedali italiani sono da una parte eccellenze ma sotto il profilo edilizio presentano problemi strutturali rilevanti.
L’Italia se la cava spesso con i bonus ma siamo certi che certi strumenti siano utili? La legge di bilancio in discussione prevede un bonus destinato alle famiglie per le rette degli asili nido ( nel Meridione offrono posti di gran lunga inferiori alla media europea), ma in numerose regioni italiane esistono ben pochi nidi. Di conseguenza la domanda da porsi è piuttosto un’altra: perchè non spendere i fondi destinati ai bonus per aprire dei nidi pubblici accordando cosi’ adeguate risorse agli enti locali?
Il bonus sembra costruito apposta per delegittimare i nidi pubblici e incentivare invece quelli privati, a tale scopo si accordano dei bonus alle famiglie raccontando la novella della libertà di spesa per le famiglie.
Eppure gli asili nido pubblici e a prezzi accessibili (ma servirebbe trasformarli da servizi a domanda individuale in servizi di pubblica istruzione) sarebbero non solo strumenti educativi ma fungerebbero anche da incentivo alla natalità, sono numerosi i giovani che in presenza di supporti reali alle giovani coppie (per esempio nidi accessibili) deciderebbero di mettere su famiglia.
La Legge di bilancio per il 2020 aumenta gli importi del “bonus asilo nido” decisi nella Legge 2016, bonus spendibile tanto nelle strutture pubbliche quanto in quelle private. L’aumento passerebbe dagli attuali 1.500 euro annui a un massimo di 3 mila euro per le famiglie che hanno un Isee sotto 25 mila euro, per scendere a 2.500 euro per la fascia compresa tra 25 mila e 40 mila euro.
I governi degli ultimi anni hanno sempre evitato di far passare i nidi da servizi a domanda individuale (con parte delle spese a carico dell’utenza) a servizi educativi veri e propri, anzi la tendenza di molti enti locali è quella di esternalizzare la gestione dei nidi a cooperative e terzo settore (per abbattere il costo del lavoro). E come se non bastasse numerosi enti locali a guida centro destra mostrano crescente interesse verso la statalizzazione delle scuole dell’infanzia comunale, come se i Comuni debbano disinteressarsi ai servizi educativi.
Esistono allora proposte praticabili?
Intanto non equiparare scuole pubbliche a quelle private, se lo Stato si disimpegna in materia di previdenza, sanità e istruzione anche gli enti locali lo seguiranno a ruota.
Poi sviluppare politiche formative ed educative pubbliche serve coerenza e impegno, doti che i Governi locali e nazionali hanno da tempo smarrito salvo poi piangere sulla bassa natalità e sugli abbandoni scolastici . Meno bonus e piu’ asili nido, maggior investimenti locali e nazionali per l’istruzione e il sociale e senza cedere ai ricatti securitari, chi non potenzia l’istruzione di ogni ordine e grado crea solo business e schiavitu’.
Federico Giusti
1/12/2019 www.controlacrisi.org
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