Questi “Decreti Sicurezza” che ci rendono tutti insicuri!
Il disegno di legge di iniziativa governativa 1660, approvato dalla Camera dei Deputati il 18 settembre 2024, meglio conosciuto come “Decreti Sicurezza” ha suscitato un vespaio di reazioni, com’era prevedibile. Non solo da parte delle opposizioni politiche, ma anche da tantissime e autorevoli voci della giurisprudenza e della magistratura. Le ragioni sono ben evidenziate dall’avvocato Gianluca Vitale nel suo articolo “Sorvegliare e punire i poveri e i ribelli”. “Il disegno di legge 1660…costituisce un deciso arretramento giuridico e culturale in senso antidemocratico, nel rapporto tra le istituzioni, e i loro apparati repressivi in particolare, e i cittadini”
Ma l’avvocato Vitale fa anche notare, giustamente: “I “pacchetti sicurezza” si sono succeduti nel corso degli ultimi vent’anni in modo del tutto trasversale, adottati da varie maggioranze”. La stessa osservazione che ha fatto Mamoud di “Liberi di Lottare” nell’incontro tenuto a Torino il 14 ottobre. “Non è il primo Decreto con misure securitarie. Ricordiamo i Decreti di Minniti e Salvini”.
Il Decreto Minniti, per i respingimento dei migranti e il loro trasferimento in Libia risale al 2017, con il governo Gentiloni. Ma, come tutti sappiamo, in Libia le condizioni in cui sono tenuti i migranti sono allucinanti per la loro disumanità!
Sono precisazioni utili, anche se con ciò non si intende fare alcuno sconto a questo governo il quale, come ormai è chiaro, con questi Decreti intende reprimere e punire l’opposizione civile, in qualunque modo si manifesti, anche in forma di resistenza e di disobbedienza civile nonviolenta.
Come afferma Alessandra Algostino, docente di Diritto costituzionale all’Università di Torino, nell’articolo “Il sogno della destra: cancellare il dissenso e il conflitto”: “Il disegno di legge Piantedosi mira a negare il conflitto e si situa nello spazio della guerra contro il trittico del nemico: i dissenzienti, i poveri, i migranti”.
Il conflitto cui fa riferimento la giurista è quello necessario e doveroso quando nella società si produce una situazione insostenibile di ingiustizia e di oppressione a danno dei ceti deboli, degli emarginati. In questo caso, “il conflitto, dunque, produce riconoscimento, inclusione ed emancipazione. È emancipazione in sé e veicola emancipazione”. Mentre sostiene che “Il fil noir che attraversa il decreto Piantedosi è la negazione del conflitto… Chi avversa il conflitto tende a mantenere lo status quo, le relazioni di dominio e di diseguaglianza esistenti…Il conflitto è il fondamento della democrazia”. Ma ci tiene anche a precisare: “Il conflitto si pone in antitesi alla guerra. Si situa nell’orizzonte della complessità e della differenza, del riconoscimento reciproco, della discussione e della convivenza, mentre la guerra tende alla semplificazione identitaria, a un’artificiale e coartata omogeneità, alla delegittimazione del nemico e, in definitiva, alla sua eliminazione”.
Poiché diverse voci autorevoli hanno ampiamente e sapientemente analizzato il testo dei decreti rilevandone tutte le insidie e le contraddizioni, non mi soffermerò più oltre sulle tematiche che vi sono affrontate.
Vorrei però soffermarmi su un provvedimento che viene previsto come misura precauzionale e nello stesso tempo punitiva, ed è la proibizione per chi è straniero senza permesso di soggiorno di poter acquistare una SIM per comunicare con il proprio cellulare. Qui mi sembra che, se si dovesse escludere l’intenzionale fine persecutorio, rasentiamo la follia pura. Intanto perché i legislatori dovrebbero sapere che i permessi di soggiorno sono soggetti a scadenza, anche per gli immigrati regolari, i quali, prima di ottenerne la riconferma devono aspettare per mesi, anche per la scarsa sollecitudine di chi vi dovrebbe provvedere. E perché mai, scusate, una persona immigrata, nel periodo tra la scadenza e il rinnovo del suo permesso di soggiorno, dovrebbe trasformarsi in potenziale terrorista e perciò venire privata del diritto di comunicare? A ciò si aggiunge l’abuso di penalizzare anche il negoziante che vende la SIM, non si capisce bene per quale reato, visto che i venditori di armi o di coltelli non sono perseguibili, anche se un loro cliente dovesse trasformarsi in assassino!
Vorrei ancora aggiungere alcune mie considerazioni, diciamo, “a latere”. Le materie affrontate di fatto sono tante e diverse, spaziano dalle occupazioni abusive di alloggi e spazi pubblici, alla opposizione violenta ma anche pacifica alle forze dell’ordine in caso di manifestazioni, alla situazione esplosiva nelle carceri, al commercio e alla lavorazione della cannabis, alle truffe di vario genere, al contrasto dell’immigrazione “clandestina”. Sembrerebbe che, pur con una visione pregiudiziale, si voglia affrontare il tema della sicurezza nei suoi vari aspetti. Ma sul sito di QuiFinanza leggo:
“Nei primi sette mesi del 2024, gli ultimi dati resi pubblici dell’Inail indicano un netto incremento dei decessi per incidenti avvenuti sul lavoro rispetto allo stesso arco temporale del 2023. Le vittime da gennaio a fino luglio 2024 sono state ben 577, cioè il 3,2 per cento in più rispetto allo scorso anno, con i numeri che restano alti soprattutto nel settore industria e servizi”.
E sul sito del Ministero dell’Interno si legge: “Relativamente al periodo 1 gennaio – 3 marzo 2024, sono stati registrati 60 omicidi, con 20 vittime donne, di cui 18 uccise in ambito familiare/affettivo; di queste 8 hanno trovato la morte per mano del partner/ex partner”.
Si tratta di aride cifre, ma dietro quei numeri vi sono storie tragiche di vite spezzate, con una frequenza che fa rabbrividire. Eppure, nei cosiddetti “Decreti Sicurezza” non una sola parola che riguardi la sicurezza sui posti di lavoro, specialmente di quelli più a rischio. Non una sillaba che riguardi la responsabilità penale dei datori di lavoro, i quali, soprattutto in determinati settori produttivi, si avvalgono di manodopera straniera, in molti casi pagata al nero. Risale a solo qualche mese fa la tragica vicenda di Satnan Singh, il 31enne indiano, bracciante agricolo, vittima di un incidente sul lavoro e lasciato agonizzare senza soccorso davanti a casa sua.
Non una parola che riguardi la sicurezza di migliaia di donne e di ragazze, su cui si perpetrano quotidianamente violenze e abusi. Soprattutto, nulla che riguardi la sicurezza delle donne nella propria casa, visto che i casi di violenza domestica sono oltremodo frequenti e spesso sfociano in femminicidi.
Nella nostra regione, una delle ultime, in ordine di tempo, Patrizia Russo, di 53 anni, accoltellata dal marito nella sua camera da letto a Solero, in provincia di Alessandria, il 16 ottobre scorso. Nessuna misura atta a prevenire e a sanzionare efficacemente i delitti contro le donne compiuti da parenti stretti o partner affettivi.
E allora? Che sicurezza è questa? Ma spesso, si sa, le vere intenzioni di una legge, la sua vera direzione e volontà politica, i suoi reali obiettivi, si comprendono non tanto dalle cose che dice, quanto da quello che omette di dire!
Un’ultima considerazione: nei Decreti viene anche penalizzata la solidarietà o la presa in carico di un problema sociale o la difesa del territorio e della salute dei cittadini contro opere pubbliche sconsiderate. A questo punto, chiunque si occupi di problematiche sociali, a qualunque titolo, è a rischio di “illegalità” e quindi di sanzione penale. Cioè, i Decreti Sicurezza ci rendono tutti insicuri perché passibili di arresto. E qui mi scapperebbe un sorriso amaro: uno dei gravi problemi della società italiana sono le carceri che scoppiano. Dove mai metterebbero questa folla di dissidenti passibili di arresto e di detenzione?
Infine una domanda: che fare? A questo punto mi sembra davvero superba l’affermazione, fatta all’incontro di Torino, dalla docente costituzionalista Alessandra Algostino:
“Il nemico viene identificato con l’emarginato sociale: giovane ribelle, ambientalista, lavoratore, migranti, detenuto.
Il giorno in cui sarà approvato, usciamo tutti per le strade e facciamo blocchi stradali!”
Rita Clemente
Collaboratrice redazione di Lavoro e Salute
23/10/2024
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