Qui Sanità Molise
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Il Molise è in piano di rientro da 12 anni. La Regione spende annualmente circa 80 mln di euro per la mobilità passiva e, contestualmente, i privati accreditati attualmente hanno il 40% dei posti letto previsti. Il risultato di questa impostazione è che i pazienti molisani sono spesso dirottati fuori regione per mancanza di posti letto. Eppure questa piccola regione potrebbe avere una sanità perfetta con i suoi 6 ospedali pubblici dislocati su tutto il territorio, alcuni dei quali hanno ospitato in passato eccellenze di livello nazionale.
Alla vigilia della pandemia la regione aveva un hub a Campobasso, due spoke a Isernia e Termoli e un ospedale di area disagiata ad Agnone, due ospedali di comunità a Venafro e Larino e 16 postazioni di 118 su tutto il territorio. A queste strutture pubbliche si aggiungono Neuromed e Cattolica (i due colossi privati in Regione), entrambi accreditati e ovviamente sprovvisti di pronto soccorso. A proposito della Cattolica vale la pena di aprire una parentesi. Inaugurata nel 2002, la struttura costruita su un terreno fornito dal comune di Campobasso e con 30 mld di lire di finanziamento pubblico statale, doveva essere una fondazione senza scopo di lucro e a carattere di ricerca (IRCCS). Dal 1° novembre 2010 la Fondazione di Cura Giovanni Paolo II, alias Cattolica, è diventata Gemelli Molise spa, cambiando radicalmente natura giuridica. E’ degli ultimi mesi il caso ormai nazionale della cessione del 90% delle quote societarie della clinica, per 33 mln di euro, al fondo svizzero del finanziere Stefano Petracca che detiene il 100% delle azioni dei centri di riabilitazione della SanStefar.
Uno scippo di beni e denaro pubblico ancora una volta a favore del privato, di fronte al quale l’attuale presidente Toma ha proposto di riacquistare la struttura, cioè sostanzialmente di pagare di nuovo per un bene che era già pubblico. In più, non essendo noti gli azionisti della società acquirente, è caos sulla possibilità e sulle modalità di accreditamenti successivi alla cessione e sul tipo di servizi che la struttura fornirà. Non è questione da poco visto che l’ospedale assicurava un gran numero di interventi oncologici e cardiochirurgici un tempo gestiti dal Cardarelli. Sul fronte Neuromed, accreditata per neurochirurgia, permane il problema dell’emergenza/urgenza poiché, essendo la struttura sprovvista di PS, è disponibile solo per interventi programmati. E’ evidente che la frammentazione spaziale delle varie aree d’intervento non può assicurare buon esito per eventi tempo dipendenti e politraumi. Le varie amministrazioni regionali che si sono susseguite da destra a sinistra non hanno fatto nulla per porre rimedio ad una situazione diventata negli anni insostenibile operativamente ed economicamente.
La situazione sanitaria regionale, già critica, sotto la presidenza di Paolo Frattura e con il governo Renzi ebbe un colpo terribile dal quale non si è più ripresa: il piano di rientro proposto da Frattura prevedeva la fusione della Cattolica e del Cardarelli, con ulteriori accreditamenti a Cattolica e Neuromed e tagli al personale. Prevedeva anche un potenziamento delle reti assistenziali secondo un nuovo modello di medicina territoriale, peraltro mai realizzato per mancanza di personale e strutture. Caso mai verificatosi prima, il PO del presidente/commissario Frattura venne blindato nell’art. 34bis della legge 50/2017 (Disposizioni Urgenti In Materia Di Finanza Pubblica); impossibile quindi qualsiasi azione legale di giustizia amministrativa. Le conseguenze di questa scelta politica hanno portato allo smantellamento di interi reparti e ospedali tanto che i LEA non sono stati più garantiti.
La reazione della popolazione molisana fu plateale e nel 2015 e nel 2016 ci furono le più grandi manifestazioni di piazza mai avute in Molise, capitanate dal Forum per la difesa della sanità pubblica costituitosi in quegli anni. Va anche ricordato che Neuromed propose azione legale contro il POS di Frattura e la Corte Costituzionale, con sentenza 116 del 2020, ha dichiarato incostituzionale l’art. 34bis, ma questa pronuncia della corte non ha sortito alcun effetto.
Nel frattempo le strutture sanitarie pubbliche mostrano crescenti criticità anche per la mancanza di medici e personale sanitario, specialmente in settori di esclusiva pertinenza pubblica come i pronto soccorsi. I concorsi non vanno a buon fine per svariate ragioni che non rendono attrattiva la realtà molisana, i medici che vanno in pensione non vengono sostituiti e la situazione peggiora. Si fa ricorso sempre più frequentemente alle prestazioni aggiuntive tanto che, spesso al limite del legalmente consentito, si eccede con questa misura e si arriva ad erogare pagamenti che dal 2013 ad oggi sfiorano i 10 mln di euro. Nel 2018 viene eletto Presidente regionale Donato Toma. Non solo non cambia la rotta distruttiva del sistema sanitario pubblico, ma, in barba alle promesse elettorali, la sanità molisana comincia la sua fase peggiore. Sebbene per disposizione di legge, principalmente voluta dai 5S, il presidente Toma non possa più ricoprire anche il ruolo di commissario per la sanità come era stato per i suoi predecessori, la nomina del commissario esterno Angelo Giustini non è foriera dei risultati sperati. L’incarico prioritario assegnatogli dal governo era di attuare i Programmi operativi 2015-2018, nonché tutti gli interventi tesi a garantire l’erogazione dei Livelli essenziali di assistenza (Lea) in condizione di efficienza, appropriatezza, sicurezza e qualità nei termini indicati dai Tavoli tecnici ministeriali, nonché di adottare ed attuare i Programmi Operativi per il 2019-2021.
Con l’arrivo della pandemia, in una situazione sanitaria già critica per un territorio dalle caratteristiche orografiche e idrogeologiche difficili, in assenza di infrastrutture e con una popolazione dispersa e per lo più rurale, la priorità del commissario era individuare un centro covid, come del resto accadeva in tutta Italia, e il Vietri di Larino era il candidato perfetto. In questo modo si sarebbero affrancati gli altri ospedali da questo oneroso impegno e si sarebbe loro permesso di continuare l’attività ordinaria per poter dare assistenza ai malati non covid. Tuttavia la soluzione proposta da Giustini anche dietro le pressioni dei comitati popolari è sempre stata osteggiata, con la motivazione della mancanza di personale da impiegare nella struttura.
Il Forum propone di chiamare i medici di Emergency per tamponare momentaneamente la situazione, come era già accaduto in Calabria, ma la proposta non viene presa in considerazione. Il direttore dell’Asrem Molise, Oreste Florenzano, e il presidente, Donato Toma, hanno temporeggiato proponendo soluzioni alternative impraticabili e, infatti, mai attuate. Nonostante gli elevati costi e i lunghi tempi di realizzazione, le istituzioni regionali propendono caparbiamente per la costruzione di un’ala covid al Cardarelli, la famosa Torre Covid. Intanto però occorrono altre terapie intensive e subintensive, così Toma e Arcuri, pur di non riaprire il Vietri, decidono di mandare in Molise container con queste caratteristiche da installare momentaneamente a Campobasso, Isernia e Termoli per accogliere i malati di covid. Il costo di questa operazione è di circa 4 milioni di euro. Inutile aggiungere che queste strutture non sono mai state attivate, non solo per difficoltà di carattere tecnico ma anche e soprattutto per carenza di personale medico e infermieristico.
La sciagurata ostinazione a non voler riaprire il Vietri ha comportato l’infezione di interi reparti (ad eccezione dell’ospedale Veneziale di Isernia), il blocco dell’attività ospedaliera ordinaria e il decesso di molti pazienti, sia per mancanza di terapie intensive per i positivi al covid e sia per complicazioni da positivizzazione occorse ai ricoverati per altre patologie. Il Cardarelli è di fatto diventato in breve tempo il centro covid regionale, ma oltre alle terapie intensive insufficienti, si scopre che l’impianto di ossigenazione è difettoso e fuori norma.
Il 22 marzo 2021 i NAS fanno irruzione nell’ospedale per verificare le condizioni dell’impianto. Su questa vergognosa vicenda la trasmissione Mi Manda Rai 3 ha dedicato una puntata a metà settembre. La questione finisce in procura. I contagi e i decessi salgono e alla fine si registrano 500 morti per covid e un numero imprecisato di morti per altre patologie che non hanno ricevuto adeguate cure. Si è costituito un Comitato Vittime Covid che sta muovendo azioni legali per accertare le responsabilità di quanto accaduto. Intanto nasce un contenzioso tra la Regione Molise e le ditte appaltatrici della Torre Covid che lamentano difficoltà progettuali e legali per cui non possono realizzare l’opera.
Il governo centrale con i suoi tecnici non sembra particolarmente interessato alle vicende del piccolo Molise, Giustini viene sostanzialmente lasciato solo e, anzi, mentre Asrem e regione attuano l’equivalente politico di “tachipirina e vigile attesa”, Giustini viene indagato dalla Procura di Campobasso perché, come riferisce l’Ansa, “il commissario non ha deliberato atti di sua competenza, necessari all’erogazione dei livelli assistenziali in relazione all’emergenza pandemica e per aver illegittimamente nominato il dg dell’Azienda sanitaria regionale del Molise (Asrem), Oreste Florenzano, quale commissario straordinario per l’emergenza Covid-19, incarico, secondo la Procura, di sua pertinenza e non derogabile ad altri”. Giustini si dimette il 16 marzo 2021 e viene sostituito da Flori Degrassi, la cui presenza in regione è del tutto ininfluente e si conclude con le dimissioni della stessa a fine luglio, a suo dire “per motivi personali”, senza aver prodotto nulla; la sua unica uscita pubblica è stata in occasione della ridicola inaugurazione di altri due container appoggiati in un’area a ridosso del Veneziale di Isernia dove, come tutti gli altri, ancora stazionano in un triste abbandono. Anche questa struttura commissariale non viene messa di fatto in condizione di lavorare.
La battaglia del Forum e dei Comitati si fa aspra. Si intentano azioni legali e si organizzano manifestazioni e iniziative in tutta la regione. In questo contesto tragico i Pronto Soccorsi di Campobasso, Termoli e Isernia vanno in fibrillazione per mancanza di medici, nonostante l’aiuto di medici venezuelani chiamati a dare una mano, e per l’impossibilità di trovare posti letto disponibili per i ricoveri. I pazienti stazionano per giorni su barelle e in sistemazioni di fortuna anche nei corridoi, i pochi medici rimasti continuamente avvertono l’Asrem della situazione di oggettivo pericolo in cui si opera, ma rimangono inascoltati. Anzi, il primario del PS di Isernia, Lucio Pastore, ha dovuto affrontare procedimenti disciplinari e giudiziari per aver chiaramente accusato l’Asrem e la regione di cattiva gestione.
Il 22 maggio 2021 la direttrice sanitaria Virginia Scafarto lascia il suo posto. Il Forum aveva fatto una richiesta di accesso agli atti relativi alla sua nomina per verificare la sussistenza di titoli per ricoprire quell’incarico.
La situazione precipita e il Forum, visto il diniego delle istituzioni regionali, a metà giugno avvia una raccolta firme tra la popolazione per richiedere l’intervento di Emergency direttamente alla Presidenza del Consiglio dei ministri. La raccolta di firme proseguirà per tutta l’estate. A inizio luglio scoppia il caso 118. Molte postazioni delle 16 inizialmente disponibili vengono cancellate lasciando interi territori sprovvisti del servizio. Molti comuni presentano un esposto in procura. Affiorano di continuo disservizi e problemi. Liste di prenotazione improponibili e file ai centri di prenotazione, servizi sospesi o cancellati e persino l’intervento della GdF che il 2 agosto sequestra l’incasso del CUP perché l’Asrem non paga i debiti. Il 18 agosto il reparto di Ortopedia di Isernia blocca i ricoveri per impossibilità di prendere in carico i pazienti che saranno stabilizzati e dirottati in altre strutture. Il 10 settembre Donato Toma divenuto nel frattempo commissario, approva il PO 2019-21 e pochi giorni dopo il Forum annuncia una grande manifestazione a Campobasso per il 30 settembre contro questa decisione. E’ vero che il piano è in scadenza e fortunatamente impossibile da realizzare, ma, dati i tagli feroci alle strutture pubbliche in esso previsti, va impugnato per evitare che possa essere la base del nuovo piano 2022-25.
Contro il piano operativo di Toma alzano le barricate comitati e sindaci di molti comuni, primo fra tutti il neoeletto di Isernia, Piero Castrataro, espressione di un civismo sempre meno fiducioso nei partiti politici e sempre più attivo sul territorio. A fine ottobre i quattro medici rimasti nel PS del Veneziale di Isernia dichiarano lo stato di agitazione, ma molti altri reparti negli ospedali molisani protestano per le condizioni disastrose di lavoro. Il 13 novembre tre anestesisti del Cardarelli di Campobasso rassegnano le proprie dimissioni. Impossibile assicurare il
servizio in quasi tutti gli ospedali. Mancano pediatri, anestesisti, chirurghi, infermieri, operatori sanitari e sono deficitari persino i servizi di manutenzione, come ad esempio la sanificazione delle ambulanze. Per inciso, il direttore dell’Asrem Oreste Florenzano viene chiamato a dare spiegazione sul pessimo servizio di sanificazione che un’azienda da lui incaricata avrebbe condotto, o, per meglio dire, omesso di fare.
Il 13 novembre 2021 le oltre 13000 firme nel frattempo raccolte dal Forum per chiedere il provvisorio intervento di Emergency finiscono sul tavolo di Draghi, ma nulla al momento è accaduto. L’inverno è arrivato e con la nuova ondata epidemica siamo ancora l’unica regione che non ha una struttura per accogliere i malati di covid, la torre Covid rimane un miraggio, e a detta delle dichiarazioni di Toma potrebbe essere pronta tra molti mesi, cioè quando presumibilmente non servirà più.
Non abbiamo più copertura sanitaria in tutto il basso Molise, dato che il Vietri di Larino rimane tristemente inutilizzato, come anche i vari container sparsi per la regione, e l’ospedale San Timoteo di Termoli si avvia ad una sostanziale chiusura. Parliamo di oltre un terzo della popolazione molisana, circa 100000 persone, che di fatto non ha ospedali e spesso è costretta a rivolgersi fuori regione. La situazione nel resto del territorio non è molto diversa, anche l’ospedale di Isernia è ormai privo di una reale capacità di rispondere ai bisogni della popolazione e, qualora il PS dovesse chiudere, considerando che i quattro medici che vi lavorano hanno in carico anche la zona di Agnone e il PS del Caracciolo, sostanzialmente tutto il Molise rimarrebbe senza sanità.
L’ospedale principale di Campobasso non è in grado di dare risposte all’intera Regione, specialmente se dovessero di nuovo risalire i contagi, perché in tal caso, come già è stato per tutta la fase pandemica precedente, il Cardarelli sarebbe dedicato al Covid. I tagli e le chiusure che da tempo si stanno attuando sarebbero dovute servire a rientrare dal debito, ma a fronte dell’annichilimento della sanità pubblica il debito continua a crescere e nessuno mai ha voluto affrontare l’argomento. E’ evidente che la destrutturazione dei reparti e il mancato rimpiazzo del personale nelle strutture pubbliche, sono stati artatamente utilizzati per smantellare i servizi pubblici e giustificare l’accreditamento ai privati, non solo di posti letto negli ospedali ma anche di una serie crescente di servizi territoriali, il tutto in perfetta linea con le direttive neoliberiste del governo centrale.
La magistratura, chiamata più volte a fare chiarezza sembra inerte, le istituzioni tutte sembrano completamente svuotate dei loro ruoli, e il piccolo Molise è destinato a scomparire nel vortice del nuovo, preoccupante assetto mondiale.
Lucia Pallotta
Forum per la difesa della sanità pubblica del Molise
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