Racconto la sanità pubblica come utente
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Non è raro scoprire che la tanto bistrattata sanità pubblica talvolta si presenta con il volto di chi opera con spirito di sacrificio, alti livelli di professionalità e tanta umanità da indurci a superare la nostra fragilità e le paure che l’accompagnano.
In questo senso, sono lieto di potere personalmente confermare di essere stato testimone e di avere beneficiato di una realtà che definirei un’ oasi meritevole di grande considerazione perché capace di porsi in stridente contrasto con la diffusa situazione deficitaria della sanità campana. E’ questo il motivo grazie al quale oggi posso affermare che la condizione emotiva e psicologica che mi turbava al momento di varcare l’ingresso del Presidio ospedaliero Santa Maria delle Grazie di Pozzuoli, rappresenta solo uno sbiadito ricordo.
In realtà i miei timori nascevano dall’avere goduto di ciò che non poche volte finisce con il rappresentare quasi un privilegio perchè ne restiamo arbitrariamente ed inspiegabilmente privi: il diritto all’informazione. Nel mio caso, invece, appena qualche settima prima avevo incontrato la Dott. Bianca Pane ed il Dott. Giovanni Spinella – due dei valenti chirurghi vascolari che fanno parte del team di specialisti coordinati dal Dott. Massimo Tatafiore, Responsabile dell’UOS di Chirurgia Vascolare ed Endovascolare – che ricorrendo a un’insolita quanto graditissima semplificazione del linguaggio avevano reso comprensibile, con dovizia di particolari, il tipo di operazione chirurgica cui sarei stato sottoposto e gli eventuali rischi.
Ero stato quindi già esaurientemente informato e posto nella condizione di avere piena consapevolezza del mio stato. Credo sia comunque comprensibile che nelle ore immediatamente precedenti l’ingresso in sala operatoria non fossi nelle migliori condizioni di spirito. Evitavo anche di pensarci. Solo a distanza di 24 ore, nel ritrovare intorno al mio letto l’intera equipe di chirurghi che avevano effettuato l’intervento alla mia coronaria sinistra, dal dott. Massimo Tatafiore alla dott.ssa Pane, al dott. Spinella e all’anestesista, dott.ssa Serena Di Tuoro, professionista dotata di straordinaria carica empatica – tutti sinceramente interessati a verificare il mio decorso post operatorio – cominciai a rendermi conto che affidarmi all’assistenza e, soprattutto, alle grandi professionalità disponibili presso la struttura puteolana era stata una scelta vincente.
La settimana successiva, caratterizzata da una degenza tranquilla e da un monitoraggio costante delle mie condizioni fisiche e psichiche ma, purtroppo, priva di qualsiasi tipo di contatto fisico con i familiari – quale prudente conseguenza dell’ancora temibile pandemia – mi confermò la sensazione di avere goduto del privilegio di essere assistito da un’equipe medica di indubbio valore e competenza. La clamorosa conferma che, così come nel più arido dei deserti può sempre fiorire una rosa, anche la disastrata sanità campana può eccezionalmente presentare un’isola felice! Tra l’altro, ciò che rende ancora più apprezzabile la grande disponibilità al rapporto umano e l’elevato livello professionale espressi dal dott. Tatafiore e dai suoi più stretti collaboratori è rappresentato da un particolare che, a mio parere, rasenta l’incredibile.
Allo stato, difatti, presso il Santa Maria delle Grazie questo valoroso team è obbligato a limitare lo svolgimento delle sue preziose funzioni attraverso un’Unità Operativa Semplice (UOS) ed è costretto a ricorrere all’ospitalità offerta dal Reparto di Chirurgia Generale che mette a sua disposizione appena 6 posti letto; il 25 per cento della disponibilità totale. Che ciò accada, nonostante la chirurgia vascolare rientri in quell’area clinica delle malattie cardiovascolari che rappresentano ancora la principale causa di morte nel nostro Paese, essendo responsabile del 34,8 per cento di tutti i decessi (31,7 % tra i maschi e 37,7 % tra le femmine), è assolutamente inconcepibile. All’auspicio, quindi, che quanto prima anche il Presidio ospedaliero flegreo venga dotato di un’autonoma Unità di Chirurgia vascolare ed endovascolare, si associa la certezza che nonostante tutto al Sud, in una Regione in cui il bisogno di consolazione è almeno pari alla falsa consolazione(15), esistono eccellenze che anche in tema di Sanità pubblica alimentano tenui segnali di cauto ottimismo.
Nel concludere, relativamente all’esperienza del personale soggiorno in qualità di degente, considero doveroso sottolineare una nota dolente che sicuramente interpreta anche il pensiero di tutti gli involontari ospiti del Santa Maria delle Grazie.
In questo senso, nonostante il Legislatore nazionale abbia prodotto, nel lontano 2011, le “Linee di indirizzo nazionale per la ristorazione ospedaliera e assistenziale”, in un’ottica più ampia del percorso di salute all’interno delle attività assistenziali, a Pozzuoli il tempo pare trascorso invano.
E’ la conferma di ciò che denuncia un recente studio condotto dall’Osservatorio nazionale della salute nelle regioni italiane, dall’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali e dall’Istat: “La qualità del vitto in ospedale è peggiorata nel corso degli ultimi dieci anni ed è scarsa soprattutto in Sicilia, Campania e Abruzzo”. Se è quindi vero che gli studi di settore indicano nel 31 per cento la quota di persone ricoverate nelle strutture pubbliche che si nutre poco perchè non gradisce il cibo proposto, posso garantire che è altrettanto drammaticamente vero che per il Presidio ospedaliero della zona flegrea tale percentuale è sottostimata. Infatti, l’appetibilità dell’offerta è praticamente pari a zero.
Concludo con una considerazione di carattere generale. Rappresenterebbe un errore o una gravissima forzatura il tentativo di assegnare alle mie ultime considerazioni qualche (recondito) significato di natura panglossiana(16) che finirebbe con il derubricare se non, addirittura, giustificare le carenze e le insufficienze dell’attuale stato della sanità nel nostro Paese.
Anzi, ribadisco il personale convincimento secondo la quale se il nostro SSN continuerà – indifferentemente, dall’Alpi alle piramidi – ad essere sostanzialmente affidato alla gestione dei politici nazionali e locali e governato da logiche di tipo mercantile piuttosto che in ossequio all’inequivocabile dettato costituzionale, di cui all’art. 32, anche le già rare eccellenze finiranno con l’essere inevitabilmente assorbite dall’indistinta e paludosa !
Renato Fioretti
Esperto Diritti del Lavoro. Collaboratore redazionale di Lavoro e Salute
Contributo della Dott.ssa Bianca Pane
Le malattie cardiovascolari rappresentano una delle principali cause di morte nel nostro Paese e tra queste la patologia steno-ostruttiva dei tronchi sovraaortici può causare quadri disabilitanti legati alla comparsa di ictus ischemico.
A questo proposito la prevenzione gioca un ruolo cruciale; in particolare il controllo dei fattori di rischio quali l’ipertensione, il diabete mellito, la dislipidemia, il fumo di sigaretta, l’obesità e la sedentarietà hanno un ruolo fondamentale in quanto tali fattori di rischio sono cruciali nel determinare l’insorgenza di una placca aterosclerotica che si localizza preferenzialmente a livello della biforcazione della carotide causando un restringimento del vaso e possibili fenomeniembolici cerebrali.
L’aterosclerosi carotidea va comunque contestualizzata nell’ambito di una patologia polidistrettale che può interessare il distretto coronarico e delle arterie periferiche degli arti inferiori.
Nella maggior parte dei casi la malattia decorre in modo asintomatico fino all’insorgenza dei sintomi neurologici.
A tale proposito i sintomi possono essere transitori e reversibili oppure più gravi e permanenti.
Per tale motivo effettuare una diagnosi precoce è fondamentale per correggere tempestivamente i fattori di rischio, ottimizzare la terapia medica ed agire per prevenire la progressione della malattia.
La diagnosi precoce può essere facilmente realizzata mediante la diagnostica ultrasonografica ovvero l’Eco color doppler quando eseguito da operatori esperti.
Nei casi più gravi, quando ormai la stenosi è significativa è indicato il trattamento chirurgico o endovascolare. Tale trattamento è finalizzato alla prevenzione dell’insorgenza dei sintomi neurologici.
Dopo il trattamento è comunque importante proseguire i controlli strumentali nel tempo e continuare la terapia farmacologica.
Dott.ssa Bianca Pane
Chirurgo vascolare dell’UOS Dipartimentale di Chirurgia Vascolare ed Endovascolare del Presidio Ospedaliero Santa Maria delle Grazie di Pozzuoli (NA)
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