Rafah, strage pianificata: Israele uccide i soccorritori, il mondo tace senza vergogna

L’esercito israeliano ha ammesso di aver colpito una squadra di soccorritori a Rafah, uccidendo 15 membri della Mezzaluna Rossa e della Protezione Civile. I loro corpi sono stati occultati con bulldozer. L’ONU denuncia il massacro, ma la comunità internazionale resta inerte mentre Israele prosegue l’operazione di terra per sgomberare la popolazione.

Strage dei soccorritori: Israele non nega più, la complicità internazionale continua

La verità ormai non si nasconde più: l’esercito israeliano ha ammesso di aver aperto il fuoco contro la squadra di soccorritori inviata per salvare vite a Tal al-Sultan, a Rafah. E lo ha fatto senza alcuna parvenza di rammarico, riducendo l’eccidio a un semplice “errore”, come se si trattasse di un guasto tecnico, di una deviazione accidentale.

Un’operazione cinica e studiata nei minimi dettagli, volta a distruggere ogni residuo di umanità nella Striscia di Gaza.

Un’esecuzione premeditata e occultata

Quindici soccorritori della Mezzaluna Rossa palestinese e della Protezione Civile sono stati assassinati in quella che ha tutta l’aria di essere un’esecuzione mirata. Non si trattava di un combattimento, non di uno “sfortunato incidente” in mezzo al fuoco incrociato. Erano ambulanze e camion dei vigili del fuoco, contrassegnati in modo inequivocabile, come lo sono stati gli innumerevoli convogli umanitari colpiti nei mesi precedenti.

Nonostante le telefonate alle autorità israeliane, nonostante le procedure che da mesi regolano le operazioni di soccorso nella Striscia, i soccorritori sono stati circondati dai carri armati e falciati dai proiettili. Poi il silenzio, il buio, la cancellazione.

Per cinque giorni Israele ha impedito l’accesso all’area. Nessun aiuto, nessuna verifica. Poi, di fronte alla pressione internazionale, l’ONU ha ottenuto un accesso minimo e ha trovato solo le carcasse di ambulanze crivellate di colpi e parzialmente sepolte dal terreno, i resti di un solo corpo, smembrato.

Secondo la Mezzaluna Rossa, Israele ha deliberatamente occultato i cadaveri con bulldozer e macchinari pesanti. Una tecnica brutale che ricorda le esecuzioni clandestine, la pulizia etnica coperta da macerie e fango.

Un massacro ignorato dal mondo

Non si tratta di un caso isolato. L’attacco a Rafah si inserisce in un quadro di distruzione sistematica delle infrastrutture civili, degli ospedali, delle ambulanze, delle mense per i rifugiati. Lo ha detto con parole inequivocabili il sottosegretario generale dell’ONU per gli affari umanitari, Tom Fletcher: “Pazienti uccisi nei loro letti d’ospedale. Spari sulle ambulanze. Operatori di primo soccorso ammazzati.” Il tutto mentre la Corte internazionale di giustizia aveva chiesto misure urgenti per fermare i massacri. Risultato? Nessuno. La carneficina continua senza conseguenze, senza responsabilità.

Nel frattempo, Israele ha dato il via a un’operazione di terra a Rafah, con l’obiettivo dichiarato di espandere la “zona cuscinetto”, cioè di sgomberare forzatamente la popolazione palestinese. Uno schema già visto: prima il terrore, poi lo sfollamento coatto, poi l’annessione di fatto. Le immagini satellitari documentano già la cancellazione intera di quartieri, la riduzione della Striscia a un cumulo di macerie dove non restano più ospedali, scuole, case.

E la comunità internazionale? Incassa, osserva, lancia moniti privi di conseguenze. Gli appelli alla moderazione muoiono nello stesso silenzio che inghiotte le vittime di Gaza. Non bastano le prove di crimini di guerra, non bastano le denunce delle organizzazioni umanitarie, non bastano le immagini di famiglie annientate nei rifugi o dei soccorritori assassinati nel tentativo di salvare vite.

Il diritto internazionale sembra sospeso, la giustizia evaporata. E intanto, Israele avanza, consapevole che non ci saranno sanzioni, che nessuno pagherà il conto delle stragi.

Finché il mondo continuerà a voltarsi dall’altra parte, i massacri non si fermeranno. E ogni ambulanza crivellata di colpi, ogni soccorritore sepolto sotto il fango, sarà una condanna per chi resta a guardare senza agire.

32/3/2025 https://www.kulturjam.it/

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