Reddito minimo garantito? Macché, quella italiana «è solo una legge sui poveri»

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Ma quale reddito minimo garantito, questa sarà una legge sui poveri. Stop. Assistenziale, senza alcuna promozione nei confronti delle scelte di vita e dell’autonomia. Il reddito minimo va pensato invece non solo come sostegno ma per rimettersi in carreggiata». Giuseppe Allegri, sociologo e esperto di reddito minimo garantito (è di Basic Income Italia) commenta così la futura legge tanto decantata dal Governo Renzi che adesso è in discussione in Commissione Lavoro al Senato e che forse ai primi di febbraio andrà in aula. Giuseppe Allegri partecipa domani a un incontro organizzato da Possibile (“Orizzonti minimi per un reddito minimo”, Centro eventi Roma, Via Alibert 5/a, ore 14) a cui prendono parte anche Giuseppe Civati e Enrico Giovannini, ex presidente dell’Istat e ex ministro del Welfare che sotto il governo Letta aveva proposto il Sia, sostegno per l’inclusione attiva, una misura universalistica, aperta anche agli immigrati e con una dote allora prevista di 7-8 miliardi.

L’Italia è rimasta sola in Europa a non avere un reddito minimo garantito. E questo avviene mentre l’altro Paese che ne era privo insieme a noi, la Grecia, sta provvedendo, e mentre in Francia le primarie del partito socialista si infiammano proprio sulla proposta del candidato più radicale e utopista Benoit Hamon, su un reddito universale per tutti.
«L’idea sarebbe quella di confrontarsi su una proposta pragmatica sul reddito minimo in Italia, considerando il fatto che in commissione Lavoro c’è un disegno di legge fermo da tanto tempo», dice Allegri. Il quale boccia nettamente questo testo. Il reddito di inclusione, il cosiddetto Rei, «non è che l’estensione di uno strumento tuttora esistente: la Carta acquisti sperimentale Sia- Sostegno per l’Inclusione Attiva – introdotta a partire dal 2013 nelle 12 città con più di 250 mila abitanti e dal settembre scorso estesa a tutto il Paese» scrive Allegri in un articolo pubblicato su Diritti globali. Cambiano i nomi «ma sempre lì siamo: l’estensione di una carta acquisti elettronica pre-pagata delle Poste italiane, nella quale rientrerà la social card di tremontiana memoria, per confluire nel reddito di inclusione che è l’estensione della Carta acquisti sperimentale Sia», continua Allegri nel suo articolo.

La nuova legge sui poveri, abbraccia pochi cittadini, rispetto al numero di coloro che sono in povertà assoluta: un milione e 400mila rispetto ai 4 milioni e mezzo in difficoltà estrema. Anche le modalità per poter accedere al fondo sono così “ridotte” che risulta ancora una volta evidente come si vada verso l’assistenza fine a se stessa. La fretta del governo per varare la legge, continua Allegri, è data anche dalla «spinta» verso il Reis (reddito di inclusione sociale) delle associazioni dell’Alleanza contro la povertà: 37 sigle tra cui Caritas, ma anche Cgil, Cisl e Uil (un loro appello è uscito il 29 dicembre). Mentre, va detto, una parte della sinistra e di altre associazioni, sta conducendo una battaglia per il reddito di dignità (Libera, Bin Italia, il Cilap a cui ha aderito anche Maurizio Landini).

Il problema è che sull’argomento, continua Allegri, l’opposizione non è molto attiva. Per esempio quando l’esponente di Basic Income insieme agli altri rappresentanti della rete per il reddito di dignità, sono andati all’audizione, «non c’era il senatore di Sel Benedetto Barozzino», mentre i due senatori M5s non si sono dimostrati molto sensibili rispetto al loro progetto. Eppure anche il M5s porta avanti la lotta per il reddito di cittadinanza. Siamo al decimo anno di crisi e l’Italia si limita alle briciole. Sul tappeto ci sono tante proposte di legge, comprese quelle del mondo delle associazioni, ma un tentativo di ampio respiro, magari seguendo esempi europei, sembra alquanto lontano. Vedremo se domani uscirà qualche idea un po’ più concreta dall’incontro di Possibile.

Donatella Coccoli

24/1/2017 www.left.it

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