Referendum: il SÌ delle falsità, il NO delle verità
Aumenterebbe la partecipazione dei cittadini
FALSO – Per presentare una proposta di legge di iniziativa popolare la “riforma” triplica il numero delle firme necessarie: da 50.000 a 150.000. Per il referendum abrogativo le firme occorrenti passano da 500.000 a 800.000.
Il diritto di voto è il cuore della democrazia, ma i cittadini ne sono espropriati.
Il Senato “riformato”, a cui vengono comunque attribuite tante importanti prerogative legislative – sbandierate continuamente dal presidente del consiglio – e per la vita sociale dei cittadini stessi e dello Stato, è eletto da consiglieri regionali che si eleggono tra loro. Il che aumenta per altro il peso delle consorterie di partito. Voto di scambio?
La Camera dei deputati continua ad eleggerla il popolo sovrano, ma imbottigliato nell’Italicum questa sarà espressione di una minoranza: con il 40% al primo turno si ha la maggioranza assoluta della Camera ma, cosa ancor più grave e pericolosa per la democrazia, nell’eventuale secondo turno di ballottaggio, in teoria si recasse alle urne anche solo l’1% dei cittadini, sarà la volontà di tale 1% a determinare chi prenderà la maggioranza assoluta del Parlamento!
Il vulnus al caposaldo della sovranità popolare sancito dall’art. 1 della Costituzione è palese, ma il governo “riformatore” ci racconta: la prima parte della Costituzione non l’abbiamo toccata!
Si supererebbe il bicameralismo! Nella chiarificazione di rapporti Stato – Regioni
FALSO – Il bicameralismo resta e per di più con una articolazione talmente confusionaria tra ruoli, competenze, rapporti delle Camere e di queste con gli Enti Locali, che sembrerebbe fatta apposta per generare conflitti e contese tra Camera e Senato, tra Stato e Regioni…
Un bell’aumento di potere per i governativi interpreti?
Vale appena ricordare che il sistema del bicameralismo perfetto venne introdotto dai padri costituenti per garantire che il vaglio delle leggi della Repubblica parlamentare fosse al riparo dal pericolo di nostalgie “dell’uomo solo al comando”. E a maggior tutela contro questa eventuale deriva, si introduceva con l’art. 139 l’assoluto divieto di revisione della forma repubblica istituzionale.
L’iter legislativo sarebbe accelerato
FALSO – Innanzitutto resta un mistero come si possa semplificare la funzione legislativa in una complicazioni di procedure: leggi approvate da entrambe le Camere, obbligo e/o facoltatività di esame del Senato in sovrappiù di scadenza dei tempi (10 o 15 giorni). La bussola per orientarsi nell’art. 70 “riformato” è prevista?
Ma la bussola delle priorità delle leggi da approvare è sulle ginocchia del Governo, che con l’art. 72 “riformato” «può chiedere alla Camera dei deputati di deliberare, entro cinque giorni dalla richiesta, che un disegno di legge indicato come essenziale per l’attuazione del programma di governo sia iscritto con priorità all’ordine del giorno». Nostalgie dell’uomo solo al comando?
Il termine riforma ha significato progressista, quindi ci si sarebbe aspettati con la modifica di ben 47 articoli un incremento di democrazia istituzionale, ovvero meno Palazzo e più cittadinanza attiva.
Abbiamo bisogno di leggi che garantiscano libertà e giustizia. Leggi di uguaglianza nei diritti e nelle pari opportunità. Leggi per rimuovere quanto è di ostacolo all’affermazione della dignità individuale e sociale. Lo stabilisce la Costituzione all’art. 3, ma gli stessi che dicono oggi di non aver toccato la prima parte della Carta, sono gli stessi che con celerità straordinaria -nonostante l’iter legislativo vigente- hanno varato leggi di smantellamento della scuola e della sanità pubblica, per non parlare del tritacarne della precarizzazione strutturale del lavoro. Il Lavoro, autonomia umana ed economica che libera dalla sudditanza e dal ricatto, e che per questo è l’incipit della vigente Costituzione. Ma il governo “riformatore” ci racconta: la prima parte della Costituzione non l’abbiamo toccata!
Si abbassano i costi della politica
FALSO – Portando i Senatori a 100 si incide assai poco sul risparmio dei costi per mantenere la casta politica. Allora perché stravolgere la Costituzione! Non sarebbe bastato ridurre il numero dei Parlamentari di ciascuna delle Camere e le loro milionarie prebende?
Ma forse questo è chiedere troppo ad eletti con l’anticostituzionale porcellum!
E poi, per risparmiare sui costi degli Enti locali o su enti inutili – come il Cnel – non basterebbero leggi ordinarie chiare ed univoche?
Inoltre, non sarebbe il caso, visto che la laicità è supremo principio della Costituzione, di rimettere in discussione quel Concordato con la Chiesa cattolica che blocca la separazione Stato – Chiesa, mentre fa dello Stato italiano il maggior benefattore del Vaticano?
Noi Votiamo NO
Perché la verità di questa “riforma” è rafforzare il potere del Presidente del Consiglio. Un “capo” di Governo che avrebbe nelle proprie mani un potere di controllo smisurato nell’indebolimento della divisione dei poteri e dei necessari contrappesi oggi previsti a tutela della stessa forma istituzionale repubblicana democratica. Quella – ribadiamolo – che la nostra attuale Costituzione all’art. 139 vieta che sia cambiata. Diversamente è colpo di stato.
Maria Mantello
2/11/2016 blog-micromega
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