Reportage dalla Cisgiordania, dove la guerra di Israele contro l’Unrwa passa anche dalle scuole
L’ingresso della scuola primaria dell’Unrwa nel campo profughi di Qalandyia © Anna Maria Selini
L’8 aprile gli ufficiali israeliani scortati dalle forze di sicurezza hanno fatto irruzione in sei scuole dell’agenzia dell’Onu a Gerusalemme Est. L’ordine di chiusura scatterà l’8 maggio. L’Unrwa opera ancora nei Territori occupati, nonostante enormi difficoltà, provando ad assistere i vecchi e nuovi profughi (oltre 42mila gli sfollati da gennaio nel Nord) e a garantire il diritto all’istruzione. Il racconto dal campo di Qalandyia
Quando si diffonde la notizia, nel campo profughi di Qalandyia si percepisce una certa agitazione tra lo staff dell’Unrwa, l’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi.
Al di là del grande checkpoint che separa questo pezzo di Cisgiordania da Gerusalemme, infatti, sei scuole Unrwa hanno appena ricevuto dagli ufficiali israeliani l’ordine di chiusura, che entrerà in vigore l’8 maggio prossimo, mettendo a rischio il diritto all’istruzione di oltre 800 studenti e studentesse palestinesi. E se da un lato c’era da aspettarselo, visto che il Parlamento israeliano nell’ottobre del 2024 aveva messo al bando l’agenzia, che dal 1948 offre assistenza sanitaria, scolastica e lavorativa ai rifugiati palestinesi, dall’altro è stata una sorpresa, perché in molti credevano che l’Unrwa non stesse già più operando, dopo che a fine gennaio era entrata in vigore la legge che la mette al bando in Israele e che ne limita le attività nei Territori occupati.
Invece, l’agenzia Onu non ha mai smesso di fornire servizi nell’area di Gerusalemme Est, che comprende la parte orientale della città santa, occupata da Israele dal 1967, ma anche il campo profughi di Shu’fat e quello di Qalandyia per l’appunto, che si trova al di là del famoso muro di separazione e del grande checkpoint che negli anni è diventato una sorta di casello autostradale in uscita da Gerusalemme e un asfissiante labirinto di tornelli e telecamere in entrata. Per chi vuole, cioè, accedere a Gerusalemme e in Israele.
“Questa mattina ufficiali israeliani del municipio di Gerusalemme, accompagnati dalle forze di sicurezza israeliane hanno fatto irruzione con la forza in sei scuole a Gerusalemme Est -ha scritto su X, l’8 aprile, il Commissario generale dell’Unrwa, Philippe Lazzarini-. Le scuole Unrwa sono protette dai privilegi e dalle immunità delle Nazioni Unite”. Privilegi e immunità che il Parlamento israeliano vuole azzerare.
La “guerra” contro l’Agenzia Onu non è nuova, ma ha subito un’accelerazione dopo il 7 ottobre 2023, quando alcuni suoi dipendenti sono stati accusati di aver partecipato all’attacco di Hamas e altri gruppi armati palestinesi nel Sud di Israele, provocando la morte di circa 1.200 persone e il rapimento di 250.
Senza nessuna verifica era scattato immediatamente lo stop dei finanziamenti da parte della maggior parte dei donatori Unrwa, inclusa l’Italia, finanziamenti ripresi in parte, dopo che un’indagine ha dimostrato come solo nove dipendenti sui 19 indicati, per un totale di 13mila in tutta la Striscia di Gaza, fossero stati coinvolti e per questo licenziati. Ma il taglio dei fondi, insieme ai numerosi attacchi alle strutture e ai convogli delle Nazioni Unite, hanno fatto sì che l’Unrwa interrompesse del tutto le proprie operazioni nella Striscia di Gaza, nonostante gli enormi bisogni della popolazione, stremata dall’attacco israeliano che va avanti da 18 mesi e che ha provocato la morte di oltre 50mila palestinesi.

Anche in Cisgiordania, dove dal gennaio scorso è scattata la più grande operazione militare israeliana contro i campi profughi del Nord, in particolare di Jenin, Tulkarem e Nablus, l’Unrwa continua a operare, sebbene a fatica. Ai vecchi profughi, infatti, si sono aggiunti i nuovi: oltre 42mila sfollati, sparsi tra scuole, parenti e rifugi temporanei, a cui l’agenzia fornisce cibo, denaro, assistenza sanitaria e supporto psicologico, attraverso undici cliniche e punti d’emergenza sparsi sul territorio.
Dove tutto, per ora, sembra procedere normalmente è nel campo di Qalandyia, uno dei diciannove campi profughi per i palestinesi della Cisgiordania. Incastonato tra l’area C, cioè quella che per gli Accordi di Oslo è a totale controllo israeliano, e Gerusalemme Est, ospita 16.300 rifugiati. Qui le scuole Unrwa, due maschili e due femminili, forniscono l’educazione primaria a 1.150 studenti. In totale nell’area di Gerusalemme Est le scuole sono dieci, incluse le sei che hanno ricevuto l’ordine di chiusura.
“Per noi garantire l’istruzione, ma anche la sicurezza dei nostri studenti è una sfida quotidiana -spiega la preside di una delle scuole del campo di Qalandya-. I pericoli qui sono costanti, perché siamo vicini al checkpoint e dentro il campo profughi, dove spesso ci sono operazioni militari israeliane, di notte ma anche giorno. E quando avvengono dobbiamo tenere tutti gli studenti dentro la scuola anche per nove ore, come è successo, per evitare che vengano feriti e al tempo stesso rassicurare i genitori che si trovano al sicuro”.

I presidi e i docenti delle scuole Unrwa di Gerusalemme Est, invece, non parlano, in attesa di capire gli sviluppi della vicenda. L’anno scolastico termina tra maggio e giugno e sperano di riuscire a portarlo a termine.
“Non vogliamo lasciare Gerusalemme Est -dice Abeer Ismail, portavoce dell’Unrwa per la Cisgiordania- in totale forniamo servizi ad almeno 70mila rifugiati palestinesi e le persone dipendono quasi al 100% da questi”.
Nelle scuole gestite dall’Unrwa si applica il piano di studi ufficiale dell’Autorità palestinese e anche questo non piace agli israeliani. La “guerra” è fatta anche di narrative contrapposte, di come si raccontano i principali eventi storici e di parole proibite, a partire da “Palestina” e dalla sua bandiera, bandita dai testi ufficiali israeliani. Nelle scuole Onu, inoltre, si parla e si insegnano i principi dei diritti umani che, come è evidente da quello che succede in particolare a Gaza, il governo Netanyahu non gradisce né riconosce.
Mentre si cerca di capire quale sarà il destino delle scuole di Gerusalemme Est, anche all’Educational training center del campo profughi di Qalandyia, una specie di scuola professionale per tutti i rifugiati della Cisgiordania, temono la chiusura. Gestito sempre dall’Unrwa, dal 1952 ha sfornato migliaia di giovani tecnici palestinesi, formando elettricisti, meccanici, informatici e così via. Dopo il 7 ottobre, ai palestinesi della Cisgiordania sono stati cancellati tutti i permessi per entrare e lavorare in Israele, gettando così molte famiglie in una grave crisi economica. La possibilità, quindi, di emanciparsi e avere un lavoro in proprio è diventata ancora più preziosa.
L’Educational training center aveva l’intenzione di creare dei corsi anche per le ragazze ma i tagli dei finanziamenti e la guerra dichiarata all’Unrwa hanno congelato ogni progetto, la priorità per ora è sopravvivere.
Nello stesso giorno in cui le sei scuole Unrwa hanno ricevuto l’ordine di chiusura, i soldati israeliani hanno fatto irruzione e attaccato il campus dell’Università Al Quds di Abu Dis, lanciando gas lacrimogeni e bombe assordanti contro gli studenti, secondo quanto riportato dall’agenzia di stampa palestinese Wafa. Le truppe avrebbero fatto irruzione nel campus a causa di una protesta programmata a sostegno di Gaza e contro la guerra in corso con Israele.
Abu Dis è la cittadina alle porte di Gerusalemme Est che, secondo gli Accordi di Abramo del primo mandato di Donald Trump, sarebbe dovuta diventare la capitale dello Stato palestinese. Oggi Trump non parla nemmeno più di uno Stato palestinese, pronto, a quanto pare, a siglare l’annessione israeliana di tutta la Cisgiordania. Per fare questo è necessario provocare quella che alcuni politici israeliani chiamano “migrazione volontaria” dei palestinesi, di fatto un trasferimento forzato. Tra i primi passi per “facilitarla”, c’è il rendere impossibile le condizioni di vita e l’esercizio dei diritti fondamentali, come quello all’istruzione.
Anna Maria Selini
10/4/2025 https://altreconomia.it/
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