Respingimenti nel Mediterraneo

Martedì 1 dicembre il direttore generale di Frontex  – Fabrice Leggeri – è stato chiamato a rispondere davanti alla commissione Libertà civili (LIBE) dell’Europarlamento sulle accuse di coinvolgimento del personale dell’Agenzia nei respingimenti di migranti e rifugiati attuati dalla Guardia costiera greca. Secondo il direttore Leggeri, ascoltato in video-collegamento dalla commissione del Parlamento Europeo, non ci sono prove del coinvolgimento di uomini dell’Agenzia Europea per il controllo delle frontiere in nessuno dei casi in cui la Guardia costiera greca è accusata di aver fermato imbarcazioni con rifugiati e migranti a bordo e di averle respinte in acque turche. Il direttore di Frontex ha anche affermato che gli agenti di Frontex devono attenersi alle istruzioni del Paese membro “ospitante”, in questo caso la Grecia.
Il nuovo “caso Frontex” era stato denunciato in un’inchiesta congiunta pubblicata il 23 ottobre da vari media, fra cui lo Spiegel, la TV tedesca ARD e il sito investigativo inglese Bellingcat. La maggior parte dei deputati della LIBE ha lamentato il ripetersi di questi incidenti sospetti, in un quadro di scarsa trasparenza secondo gli eurodeputati, Frontex dovrebbe agire in modo diverso di fronte a possibili violazioni dei diritti fondamentali. Vari oratori, inoltre, hanno sollevato l’urgenza di impiegare personale aggiuntivo per trattare le denunce sulle violazioni.

Fonte: Vie di Fuga

Dal 2015 ad oggi per spingere la frontiera europea sempre più a sud, l’Ue e gli Stati europei hanno dovuto dotarsi di nuovi strumenti politici, legislativi e finanziari, con gravissime ripercussioni sui diritti umani dei migranti coinvolti. La discussione sul prossimo budget deve essere letta tenendo in considerazione le priorità definite nel nuovo Patto su migrazione e asilo che, come noto, punta a rafforzare le frontiere ed esternalizzare sempre di più il controllo della migrazione nei paesi terzi – unico punto su cui gli stati membri sembrano concordare. Le mura della Fortezza saranno protette dall’Agenzia della guardia di frontiera e costiera europea (EBCG, ex Frontex) che dispiegherà, da gennaio 2021, 10.000 nuove guardie di frontiera, con un aumento notevole della presenza al di fuori dell’Ue, mentre la collaborazione con i paesi terzi è tutta orientata ad attuare la politica di rimpatrio e fermare le partenze.

Entro dicembre, previo consenso del PE, il Consiglio dovrebbe adottare il regolamento per il nuovo QFP 2021-2027, che entrerebbe in vigore dal 1 gennaio 2021.Il prossimo budget conterrà diversi elementi pensati per incentivare la partnership con i paesi di origine e transito per il contenimento dei flussi migratori irregolari e per l’attuazione della politica di rimpatrio, anche attraverso strumenti flessibili e fondi non programmabili da mobilitare in situazioni di emergenza o di crisi. Una flessibilità che, se non bilanciata attraverso monitoraggio e criteri sul rispetto dei diritti umani, andrà a scapito di prevedibilità, efficacia, trasparenza e controllo democratico. L’11 novembre è stato raggiungo un accordo tra PE e Consiglio per un budget di 1.8 trilioni di euro che prevede un aumento di 1,5 miliardi per gestione dei confini e Frontex. In totale la spesa per la gestione delle frontiere aumenterebbe del 120% rispetto al budget attuale, mentre quella per asilo e migrazione di circa il 30%. Inoltre, il 70% della spesa per migrazione e gestione delle frontiere verrà utilizzata per rafforzare le frontiere esterne dell’UE, attuare la politica di rimpatrio e rafforzare il controllo della migrazione nei paesi terzi, cioè oltre 16 miliardi su un totale della rubrica di 22,7 miliardi, a scapito delle risorse per rafforzare il sistema comune d’asilo e l’accoglienza. Il cuore della dimensione esterna della migrazione quindi sarà invece dato dallo strumento per il vicinato, lo sviluppo e la cooperazione (NDICI). Gli obiettivi sulla politica migratoria sono vaghe e fanno genericamente riferimento a gestione della mobilità, capacità di reazione in situazioni di emergenza legate a forti pressioni migratorie e intervento sulle “cause profonde delle migrazioni irregolari e forzate”, a cui è destinato il 10% del fondo al momento per un totale di 7,18 miliardi. La condizionalità degli aiuti è centrale nella discussione sulle risorse per l’azione esterna, e in particolare sull’NDICI, destando molte preoccupazioni sul rispetto dei principi di efficacia dello sviluppo, favorendo invece obiettivi emergenziali e di politica interna. Ancora, tutti i fondi del settore affari interni avranno una “dedicata componente significativa” per la dimensione esterna “compresi i rimpatri e una cooperazione rafforzata con i paesi terzi, in particolare quelli confinanti con l’UE o prossimi alle frontiere dell’UE”.

Il Mediterraneo Centrale sancisce il naufragio del Diritto Internazionale. Dal Gennaio 2020 ad oggi quasi un migrante su due partito dalle coste libiche è stato vittima di una procedura di “respingimento per procura” da parte delle “guardie costiere libiche”. 10.000 persone respinte verso Tripoli, abbandonate ad un destino di detenzione, violenze e sfruttamento, mentre sono più di 500 le vittime nel Mediterraneo nel 2020, senza contare i naufragi fantasma. La macchina dei respingimenti, che dal 2016 ad oggi ha permesso alla Libia di rinviare al porto di partenza più di 60.000 persone, è il frutto di un’operazione che vede come principale partner l’Italia, con il supporto politico ed economico delle istituzioni europee – principalmente attraverso il Fondo Fiduciario per l’Africa – e, più recentemente, Malta. Attraverso l’esternalizzazione del controllo delle frontiere la politica di criminalizzazione della solidarietà, la creazione di una zona SAR libica e l’inerzia delle navi di salvataggio nazionali, negli ultimi anni si è quindi lasciato il Mediterraneo alla “Guardia Costiera Libica” per operare respingimenti, in una sistematica violazione del principio di non refoulement. Dopo l’arrivo in Italia di 11.620 tunisini nel 2020, la risposta italiana si è esplicitata su diversi fronti: la minaccia di tagliare i fondi allo sviluppo se la Tunisia non si fosse impegnata nel bloccare le partenze; l’incremento settimanale di espulsi fino a 500 persone al mese; l’attivazione con la Francia di un nuovo piano di collaborazione con la Tunisia dopo l’attentato di Nizza, che somiglia a un blocco navale e a un nuovo sistema di respingimenti per procura. Chi riesce a scampare da intercettazione e respingimento, in molti casi è destinato ad un altro limbo giuridico: le navi quarantena, nate con il pretesto di contenere l’epidemia da Covid19. Di fatto un sistema discriminante, perché creato ad hoc solo per gli stranieri, che comporta gravi violazioni dei diritti soprattutto nel caso della detenzione di minori e del trasferimento di migranti positivi al test Covid.

16/12/2020 http://www.migrantitorino.it

Fonte, su cui approfondire: Vita

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