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Queste note non propongono niente di nuovo, ma rappresentano una particolare sistemazione sintetica di osservazioni che possono essere utili a coloro che sono chiamati a rappresentare e costruire il punto di vista del lavoro umano all’interno dell’impresa. La costruzione del punto di vista del lavoro è elemento essenziale per creare una identità individuale, collettiva e solidale del soggetto lavoro che nel contesto produttivo crea il valore aggiunto con il quale è possibile realizzare una contrattazione d’insieme delle condizioni di lavoro e in particolare di quelle che riguardano la salute e la sicurezza nel posto di lavoro.
Gli adempimenti solo formali non sono solo inutili, ma dannosi perché radicano la convinzione che la prevenzione sia inutile. Purtroppo sono pochissimi i datori di lavoro che si assumono la responsabilità di tutelare il benessere dei loro dipendenti, addirittura alcuni imprenditori non sanno neppure di avere l’obbligo morale e spesso legale di proteggere i lavoratori. Quando il benessere dei lavoratori non viene tutelato nei luoghi di lavoro, non è solo il singolo lavoratore a soffrire, ma tutti.
La valutazione dei rischi, un obbligo non delegabile che la normativa assegna al datore di lavoro, affonda le sue radici nelle prime inchieste sulla nocività nell’ambiente di lavoro che dalla fine degli anni Sessanta videro i lavoratori e il sindacato protagonisti delle lotte per la salute e la creazione di un modello di analisi che fu al centro della scena della prevenzione nel nostro Paese per quasi vent’anni e che ispirò i principi alla base della riforma sanitaria del 1978, istitutiva del Servizio Sanitario Nazionale.
La definizione accettata a livello comunitario di valutazione dei Rischi è “procedimento di valutazione della possibile entità del danno quale conseguenza del rischio per la salute e la sicurezza dei lavoratori nell’espletamento delle loro mansioni derivante dal verificarsi di pericolo sul luogo di lavoro”.
I cambiamenti nell’organizzazione del lavoro, in particolare le modalità più flessibili di organizzazione dell’orario di lavoro e una gestione delle risorse umane più individuale e maggiormente orientata al risultato hanno un’incidenza profonda sui problemi legati alla salute sul luogo di lavoro o, più in generale, sul benessere sul luogo di lavoro.
I lavoratori sanno cosa li danneggia o minaccia il loro benessere. Può darsi che non conoscano i meccanismi fisiologici o biologici all’ordine del problema o non siano abituati a parlarne, ma la loro esperienza è una fonte inestimabile di informazioni e di conoscenze di cui tenere assolutamente conto.
La partecipazione dei lavoratori è uno dei mezzi più efficaci per migliorare la sicurezza sul lavoro, dovranno essere sempre più coinvolti nel stabilire quali siano i problemi reali; nel definire le proprie priorità; nel promuovere una consapevolezza collettiva; dovranno insieme insistere per la realizzazione dei cambiamenti. Nessuno conosce meglio l’ambiente di lavoro di coloro che vi operano. Non sarebbe quindi utile coinvolgere maggiormente i lavoratori? E come?
Con lo strumento alternativo della “ricerca autogestita”, fatta dagli stessi lavoratori che si trasformano in ricercatori, senza bisogno di attrezzature sofisticate e di tecnici esperti o risorse onerose, una “valutazione dei rischi” senza l’approccio scientifico di un ricercatore esterno, può essere, in materia di salute e sicurezza, uno strumento che offre grandi vantaggi ai lavoratori, alle loro famiglie, e alla comunità intera.
Si pensi poi che è un diritto dei lavoratori controllare, mediante le loro rappresentanze, l’applicazione delle norme per la prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali e di promuovere l’attuazione di tutte le misure idonee a tutelare la loro salute e integrità fisica. A tal proposito esistono in internet tantissime check-list già proposte per i vari settori lavorativi (un elenco abbastanza esaustivo si trova nel sito dell’INAIL nella sezione “documenti”). Può essere utile cercare di costruirsi la propria seguendo uno schema generale inserendo i vari rischi presenti sul proprio luogo di lavoro (per ciascuna mansione e/o postazione) e consultando i compagni di lavoro.
Effettuare la “ricerca autogestita”, utilizzando metodi semplici per proteggere i lavoratori attribuisce dignità e rispetto per la vita, il saper organizzare la sicurezza sul lavoro fornisce ai lavoratori una maggior forza contrattuale per introdurre cambiamenti e aumentare il loro livello di salute e sicurezza. I lavoratori sono in grado di richiamare l’attenzione su alcuni pericoli che, per la loro stessa natura, risultano di difficile identificazione. Si tratta di problemi che possono derivare dall’organizzazione del lavoro, dal tipo di attività svolte o dalle caratteristiche del posto di lavoro. Sono altrettanti aspetti che talvolta si prendono per scontati o che determinano una riduzione anche tacitamente accettata delle condizioni normali di confort.
E’ importante sottolineare come una “ricerca autogestita” correttamente implementata sia estremamente utile nel rendere aggiornato e più efficace l’ufficiosissimo Documento di Valutazione dei Rischi, che peraltro contribuisce anche a creare con una serie di procedure ad hoc.
Tramite la “ricerca autogestita” si raccolgono informazioni che poi verranno utilizzate per: individuare i problemi; sviluppare tra i lavoratori una coscienza collettiva; trovare delle soluzioni; contrattare con il datore di lavoro la realizzazione di obiettivi fondamentali per la sicurezza sul lavoro.
I lavoratori possono porre in rilievo il fatto che il modo in cui si presenta il lavoro comporta varie difficoltà o perché è troppo rapido e quindi comporta stress, oppure perché il lavoratore deve adottare una posizione scomoda e innaturale che alla lunga gli causerà dolori acuti e lesioni derivanti da sollecitazioni ripetute.
Se si cercasse di dare possibilità e disponibilità di mezzi necessari, i lavoratori, sarebbero in grado di: migliorare la loro sicurezza socio-economica di base; migliorare le condizioni di lavoro; aumentare la capacità di far sentire la loro voce; acquisire, attraverso l’organizzazione, maggior potere per affrontare anche altri argomenti, quali il reddito e l’occupazione. Operando collettivamente per il diritto a un reddito e a un posto di lavoro adeguati, i lavoratori possono inoltre acquistare la forza necessaria ad affrontare i problemi relativi alle condizioni di lavoro e alla protezione fondamentale del lavoratore. La “ricerca autogestita” non è certo un esercizio accademico, ma un umile approccio pratico per il miglioramento delle garanzie di base dei lavoratori e soprattutto delle loro condizioni di lavoro. La mancanza di garanzie fondamentali può far si che i lavoratori, per paura di non ottenere, o peggio di perdere il posto di lavoro o un reddito, accettino qualunque condizione di lavoro. La ricerca può contribuire a superare questo problema, ad esempio: trasmettendo informazioni che i datori di lavoro, gli ispettori, o agli organismi preposti all’applicazione, difficilmente possono ignorare; fornendo una certa protezione contro forme di rappresaglia, dal momento che è molto più difficile screditare o rimproverare un’intera forza lavoro che poche persone isolate; facendo in modo che i lavoratori acquisiscano consapevolezza e fiducia nelle loro capacità, dal momento che l’elemento partecipativo del processo di ricerca valorizza i loro interessi, facendoli sentire protagonisti e autori del processo e dei relativi esiti; aumentando la forza della contrattazione sindacale attraverso l’azione collettiva da parte dei lavoratori; pubblicizzando i risultati, in quanto un azione di rappresaglia contro i lavoratori che stanno promuovendo la sicurezza nella loro realtà lavorativa non è certamente un bel biglietto da visita per un’azienda; organizzando i lavoratori attorno ai problemi relativi alla salute, al benessere, e alle garanzie di base, laddove non esista un organismo collettivo, come un sindacato.
Una “ricerca autogestita” se capillarmente diffusa può portare a individuare e a ottenere le seguenti garanzie di base: sicurezza del mercato del lavoro, l’opportunità di posti di lavoro adeguati, attraverso una piena occupazione garantita dallo Stato; sicurezza dell’occupazione, protezione contro i licenziamenti arbitrari, e norme che regolino le assunzioni e i licenziamenti, i cui costi vanno addebitati ai datori di lavoro; sicurezza del posto di lavoro, la protezione del posto di lavoro, delle competenze o della “carriera”, protezione contro il dimensionamento, la dequalificazione e pratiche lavorative restrittive, tutela delle competenze personali, in termini di attitudini, capacità, conoscenze e riconoscimento dei sindacati dei lavoratori; sicurezza di acquisire e aggiornare le proprie competenze, le opportunità, attraverso l’apprendistato e la formazione, di acquisire e conservare le competenze necessarie; sicurezza sul lavoro, la protezione contro gli infortuni e le malattie professionali attraverso norme in materia di salute e sicurezza, imposizioni di limiti per quanto riguarda gli orari di lavoro, l’orario extralavorativo e di lavoro notturno; sicurezza della rappresentanza, la garanzia di avere voce in capitolo nel mercato del lavoro, attraverso sindacati indipendenti e associazioni datoriali, insieme al diritto di sciopero; sicurezza del reddito, la protezione del reddito, ricorrendo al salario minimo, all’indicizzazione del salario, alla previdenza sociale globale, alla tassazione progressiva. Una strategia per la salute e la sicurezza sul luogo di lavoro dovrà avere come obiettivo il continuo miglioramento del benessere, sia esso fisico, morale e sociale, sul luogo di lavoro.
Se l’azione legislativa è necessaria per stabilire delle norme, lo sviluppo di altri strumenti è indispensabile per promuovere la spinta al miglioramento, incoraggiare i soggetti ad avanzare maggiormente e coinvolgere le parti interessate nella realizzazione degli obiettivi “globali” della strategia, in particolare nei nuovi settori che difficilmente si prestano ad un approccio normativo. Si potrà poi valutare l’efficacia delle azioni tese a realizzare l’obiettivo finale, cioè il cambiamento, quando saranno intraprese azioni mirate il cui impatto potrà essere misurato.
Questa è sicuramente una strada da percorrere per risvegliare la fiducia dei lavoratori a dare vita anche a un sindacato che si batta per i loro interessi che sono: lavorare bene, in salute e sicurezza e guadagnare.
Luca
7/4/2015 Da: Lavoro e Salute www.lavoroesalute.org
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