RIFORMA DEGLI AMMORTIZZATORI SOCIALI. NESSUN AMPLIAMENTO DELLE TUTELE
Uno degli aspetti più propagandati dalla macchina renziana è quello del riordino degli ammortizzatori sociali. Ancora una volta vengono esaltati alcuni aspetti per far passare un messaggio di ampliamento delle tutele mentre in realtà siamo di fronte ad una loro rimodulazione
Si interviene complessivamente sugli ammortizzatori sociali completando il disegno della Fornero che cancellava nel tempo l’indennità di mobilità andando progressivamente ad eliminare gli ammortizzatori in deroga.
Vengono eliminate l’Aspi e la mini Aspi per introdurre la Naspi.
L’una tantum per i collaboratori a progetto viene sostituita, in via transitoria, dalla Dis-coll.
La Naspi:
Con la ridefinizione dei criteri viene allargata la platea coinvolta.
La durata:
L’importo:
Il primo impatto è quello di leggere un ampliamento degli aventi diritto.
In realtà il criterio delle 13 settimane era già utile per la maturazione della mini Aspi (ex indennità a requisiti ridotti). Va aggiunto, poi, che nel calcolo delle settimane utili vanno sottratte quelle già utilizzate per la fruizione dell’indennità (es. nel 2014 si è lavorato per 13 settimane e si è percepita la mini aspi: per il calcolo del 2015 quelle settimane sono azzerate). Un meccanismo che penalizza i lavoratori con brevi periodi di lavoro.
Viene introdotto anche un meccanismo di progressiva riduzione dell’indennità a partire dal 4 mese (un 3% ogni mese). Concludendo fino a 52 settimane di contribuzione negli ultimi 4 anni può esserci un considerevole abbassamento dell’indennità complessiva.
Cosa succede per un lavoratore con età inferiore ai 50 anni che può vantare 52 settimane di contribuzione nel biennio (e quindi conseguenzialmente anche nel quadriennio) e con una retribuzione mensile pari a 1195€?
Per i lavoratori con un periodo contributivo superiore alle 52 settimane ci potrebbe quindi essere un vantaggio teorico solo in relazione al maggiore periodo coperto dalla Naspi contro i 12 mesi dell’Aspi. Non bisogna però scordare che molti di questi lavoratori con il mantenimento dell’indennità di mobilità avrebbero potuto fruire di condizioni di gran lunga migliori.
La Dis-coll:
Anche qui si utilizza la semplificazione del meccanismo d’accesso come artefizio propagandistico. In questo caso si tratta di un operazione fin troppo semplice vista la perversa costruzione dei criteri della precedente una tantum.
Va letta, però, con attenzione la parte relativa ai periodi contributivi, al contrario della naspi i 3 mesi necessari sono legati ad un reddito minimo mensile di circa 1300 euro lordi.
Un criterio che lascerei volentieri spiegare a Renzi e la sua cricca in un call center.
Ciliegina sulla torta è la mancata maturazione contributiva durante il periodo coperto dalla dis-coll tanto per ribadire l’assoluta impossibilità di poter mai arrivare ad una pensione decente.
Tutta la sbandierata introduzione di ammortizzatori universali non è quindi altro che una semplice ridefinizione a costo zero. Siamo ben lontani dall’introduzione di meccanismi che possano assicurare dignità e prospettiva alle lavoratrici e ai lavoratori.
Note:
Le tabelle sono prese da uno studio del NidiL CGIL nazionale
Fabio De Mattia
coordinatore Nidil CGIL Roma e Lazio
19/4/2015 www.lacittafutura.it
Lascia un Commento
Vuoi partecipare alla discussione?Sentitevi liberi di contribuire!