Ripartire dai fondamentali, per prevenire i rischi sul lavoro

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In questo numero di Lavoro e Salute non pubblichiamo analisi, testimonianze e racconti sul tema sicurezza sul lavoro, abbiamo scelto di tornare insieme a lettrici e lettori, in particolare con le/i Rappresentanti dei lavoratori per la Sicurezza, a quelli che da sempre per noi di Lavoro e Salute rappresentano i passi da fare per la prevenzione degli infortuni, delle malattie professionali, dei morti sul lavoro. Questi passi da compiere per le/i RLS, ma anche per le/i RSU, sono scritti – nonostante alcune inadeguatezze presenti – nella legge 81/2008 – che elenca le misure generali di tutela della sicurezza, in seguito integrate nel febbraio 2022 dalle misure previste per specifici rischi o settori di attività – ma la maggior parte delle imprese e aziende, grandi e piccole, non ne tiene assolutamente conto, e questo non sorprende siccome il loro profitto a prescindere esclude a priori il rispetto della Legge.

Però anche chi dovrebbe farla applicare, nonostante l’assume come intenzione, nella maggioranza dei luoghi di lavoro non prevede lo strumento del conflitto in quanto parola espulsa dal gergo sindacale dall’inizio della concertazione (ad esempio negli anni 90 Cisl e Uil facevano corsi di “raffreddamento dei conflitti e la loro teoria, e prassi, era già allora che i RLS fossero solo dei collaboratori aziendali) che ha portato oggi ad una apatia (sempre nella maggior parte dei luoghi di lavoro) dei sindacalisti.

Stiamo notando una preoccupante sfiducia tra chi, sindacalisti, esperti, attivisti politici, si è sempre occupato di attenzionare l’opinione pubblica. Politicamente sbagliato ma umanamente comprensibile questo sconforto a fronte del costante aumento di infortuni, malattie professionali e morti quotidiani che fa dedurre a queste persone l’inutilità dell’impegno a denunciare, spiegare e proporre strade collettive di risposta. Questo sconforto diventerebbe micidiale se cogliesse anche le/i RSL attive nel proprio luogo di lavoro e andrebbe ad assommarsi all’apatia di, tante/i purtroppo, altre/i, causa mancata formazione sindacale e/o comportamenti bon-ton con imprese e aziende. Anche questo è un problema che i sindacati dovrebbero porsi per non avere delle comparse ma dei soggetti attivi.

Anche su questi aspetti crediamo, con la nostra esperienza quarantennale sul tema – come periodico e anche come lavoratori, RLS e sindacalisti – che oggi si debba ri/formare radicalmente teoria e prassi, per ridare titolarità e capacita di intervento ai RLS.
Non c’è prevenzione senza un ruolo chiario delle e dei Rappresentante/i dei Lavoratori per la Sicurezza, dovrebbe essere, una figura fondamentale e strategica che, in collaborazione, con le RSU, deve contribuire al miglioramento delle condizioni di vita dei lavoratori, con l’obbiettivo della prevenzione, perchè prevenire è meglio che denunciare dopo un infortunio o dopo il dramma di una morte, o prevenire una malattia professionaòe. Un ruolo che, potenzialmente, con il suo operare discrezionale può allontanare quella bara che oggi accompagna chi lavora, in particolare per chi lavora in schiavitù nel lavoro, sommerso, nero o grigio che sia.

Cosa manca quindi a una opera concreta di prevenzione? manca il coinvolgimento di lavoratrici e lavoratori nella valutazione dei rischi esistenti in ogni reparto o gruppo di lavoro omogeneo, affinché siano essi a dare al loro rappresentante le indicazioni sui rischi reali esistenti.
Mentre da anni sono ridotti a constatare ogni anno la valutazione dei rischi al fine – non di monitorare quanto successo in termini di infortunistica e di predisporre la prevenzione da possibili futuri infortuni – ma fatta solo per non fare prendere multe all’azienda in caso di rara ispezione da parte degli Ispettorati del lavoro, causa il loro ridotto numero.

Quindi quello che fa più paura alle imprese e aziende è il coinvolgimento di tutti i lavoratori nella valutazione dei rischi esistenti, affinché siano loro a dare al loro rappresentante le indicazioni soggettive, risultate da esperienze oggettive, sui rischi reali esistenti a causa della scarsa e precaria qualità dei processi produttivi ed organizzativi.

Questo per noi è l’essenziale, mentre molti commentatori lavorano per sviare l’attenzione sulle responsabilità. Mentre molte analisi sui perchè analisi sono giuochi di ruolo di presunti esperti, utili solo a coprire la materialità dei fatti delittuosi.

Il nostro intento, forse ingenuo – se ricordiamo Bertolt Brecht che affermò “E’ la semplicità è difficile a farsi” – è di consigliare, ancora una volta e ora con le 6 pagine a cura della Rete ISIDE, a chi intende evitare ragionamenti fatui che finiscono sempre con l’ipocrita appello “Basta Morti”. A chi, sindacati e politici, crede che solo un costante conflitto contro imprese e aziende potrà nel tempo ridurre drasticamente questi omicidi.

Fermarli? In questo Stato malandato e con questi governi che assistono finanziariamente e proteggono i responsabili, sarà difficile, forse impossibile.

Franco Cilenti

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