Ritorno al futuro, anzi al passato: “L’home office è lavoro a cottimo”
Produttività, assenteismo, controlli e relazioni umane. Si dice – lo dicono i primi studi – che in concomitanza con l’home office siano diminuiti in maniera significativa i casi di malattia. Che cosa succede? Prima si faceva i furbi, fingendo di stare male per poltrire sul divano? E se fosse vero, invece, il contrario? Che da casa le persone tendono a produrre anche se non stanno bene? Sì, perché c’è chi mette in guardia: «Attenzione, è un passo indietro, svolgere l’attività professionale a domicilio per conto di terzi rischia di trasformarsi in lavoro a cottimo dove ciò che conta è solo quanto si produce».
Incremento della produttività e meno casi di lavoratori assenti: le aziende ringraziano per le maggiori entrate e per il netto risparmio. Sì, perché i costi maggiori dell’assicurazione malattia sono legati a disturbi e malesseri, che si risolvono in pochi giorni, e, se il dipendente non si ammala mai… tanto di guadagnato.
Dopo la pandemia, l’assenteismo nelle aziende è diminuito drasticamente. Per gli esperti di salute del lavoro, interpellati dal Tages Anzeiger, il motivo è da ricercare nella struttura dell’home office che non è solo da osannare. D’accordo, in un periodo di emergenza ha permesso di non bloccare le attività, ma quali insidie nasconde? Perché, ad esempio, in condizioni di home office, le persone sembrano fare più fatica ad annunciare la malattia al proprio datore. Perché?
Per Rocco Rainone, funzionario sindacale e responsabile dell’Ufficio giuridico di Unia Ticino e Moesa, «lo sviluppo delle tecnologie informatiche e telematiche ha esteso la possibilità di produzione direttamente a casa del lavoratore. Passata la situazione d’emergenza data dalla pandemia, sempre più aziende puntano sul telelavoro in uno stravolgimento della relazione contrattuale. In Svizzera nei rapporti di lavoro classici alla base vi è un rapporto di fiducia, che si traduce in uno scambio: il lavoratore dà ragionevolmente quello che può dare, in virtù delle sue conoscenze e delle sue cognizioni psicofisiche, ossia il massimo possibile, all’interno di un controllo della produzione. Il telelavoro stravolge questi equilibri, creando nuove dinamiche. In altre parole, con il lavoro a domicilio siamo probabilmente di fronte a una trasformazione dello statuto da dipendente. Meno casi di malattia? E se, invece, per ritrosia non fossero stati annunciati?».
Rocco Rainone, perché mai, solo per il fatto di poter lavorare da casa, non si dovrebbe annunciare una malattia?
«Per timore può essere uno dei motivi. L’home office stravolge, come detto, la relazione contrattuale in maniera determinante. In modalità telelavoro viene a mancare la tradizionale vigilanza basata sul rapporto spazio-tempo: il controllo non avviene più sull’effettivo orario di entrata e uscita dal luogo di lavoro, ma sulla produzione. È un passo indietro in un ritorno al lavoro a cottimo: occultato nella forma, ma simile nella sostanza. Il sistema retributivo risulta ancora formalmente a tempo, ma il lavoratore deve produrre determinati risultati, se vuole, o pensa, di garantirsi così la posizione acquisita. Il datore eserciterà il controllo non sull’orario, ossia sulla presenza, ma sulla quantità di lavoro prodotto. Quindi, per mantenere il posto si può essere indotti (o autoindotti) a prestare il proprio servizio anche per un tempo superiore a quello stabilito dall’orario normale secondo contratto. Per questi motivi non mi sorprende che si siano registrati minori casi di malattia».
Già, perché nella concezione del lavoro a cottimo non si guarda all’orologio, ma al risultato…
Il tempo in home office è completamente stravolto e non è più uno degli elementi cardine che regolano il lavoro. Nella relazione con il datore, non conta più il tempo, ma quanto si produce. Se non sto bene, lavorerò il sabato, la domenica, o la sera per recuperare le ore perse, chiedendo, per terminare la consegna, aiuto anche ai familiari. In un mondo del lavoro sempre più atomizzato, queste sono insidie reali. Senza una precisa individuazione dei tempi di lavoro, come si conteggeranno e si retribuiranno le ore? Un danno per il lavoratore, un disastro per il sindacato: si rischia di compromettere la possibilità dei lavoratori di essere comunità. In home office i lavoratori non si vedono, non si parlano, non si organizzano per le loro rivendicazioni e il sindacato, che per sua concezione deve mantenere il contatto con i soci, andare sul posto di lavoro, che cosa fa? Non può mica andare a casa di ognuno di loro a citofonare per chiedere come va…
Come dire, ed è un dire che sa di antico, l’home office è una variante del lavoro a cottimo ancora più redditizia, se il datore non deve neppure mettere a disposizione locali e strumenti di lavoro…
Già ora le grandi aziende mettono a disposizione trenta scrivanie condivise per cento dipendenti, i quali a rotazione possono sfruttarle quando strettamente necessarie perché in buona parte lavoreranno dal proprio domicilio. Per una ditta è un grande risparmio che ricade sulle spalle del personale. La fisicità del posto di lavoro, inoltre, comporta una serie di diritti connessi alla salute e alla sicurezza, che sono il frutto di anni e anni di lotte sindacali. Ora, sembrerebbe, che sia il lavoratore a doversi allestire lo spazio dedicato all’attività professionale: chi si assumerà la responsabilità della sicurezza, che è uno degli aspetti connessi alla relazione contrattuale?
Rocco Rainone, ma è solo un disastro questo telelavoro?
Qualche vantaggio sembra esserci come minori spese di trasporto, che significano meno traffico e inquinamento. Dopodiché sono del parere che gli svantaggi siano superiori ai benefici. Per restare nel settore della salute, si pensi a che cosa significano i posti di lavoro: scambi relazionali, interazioni con i colleghi, ruolo sociale, avere dei ritmi quotidiani e via dicendo. Tutto ciò verrebbe a mancare e c’è da chiedersi quale possa essere l’effetto sulla salute mentale, se mi chiudo in casa e posso parlare con altre persone solo attraverso le tecnologie senza più il contatto umano? Insomma, i dubbi, al contrario delle certezze, sono davvero notevoli.
Raffaella Brignoni
24/5/2022 https://www.areaonline.ch
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