‘Roma, la città che vogliamo’ Intervista a Paolo Berdini, candidato sindaco Roma capitale
Intervista di Lavoro e Salute a cura di Alba Vastano –
Città nel buio, esercizi pubblici che si aprano e si chiudono a intermittenza, strade spente. Gente mascherata e isolata, tampinata da un virus balordo a caccia di respiri. Ѐ la pandemia. Ci tocca viverla fino in fondo. Anche Roma, come le altre città del mondo, è spenta. Non da mesi, da anni. Non è solo a causa della pandemia. La città è spenta da molto tempo. Dai tempi che si sono susseguiti dopo la giunta Petroselli e Nicolini. Da quando di mano in mano, di giunta in giunta, da sindaco a sindaco, da assessore ad assessore sono state rimpallate le responsabilità per ripristinare un welfare a misura di cittadino, a misura di una città fantastica che tutto il pianeta, per la storia, per l’arte, per la cultura conosce e ama.
La città è stata abbandonata e vive un degrado urbanistico spaventoso. Come riportarla agli antichi splendori, pensando all’era post pandemia? L’occasione potrebbero essere, presumibilmente, le prossime amministrative del mese di giugno del 2021, con una svolta eccezionale sulla scelta del nuovo primo cittadino e sulla sua futura giunta. Si è visto il peggio nelle amministrazioni precedenti . Ѐ innegabile. Pensiamo senza risalire a fine novecento, alla terribile, ed è un eufemismo, destra di Alemanno. Alla sfortunata giunta Marino, tradito e cacciato dal Campidoglio dai suoi stessi sostenitori. Infine la Raggi. Soprassediamo? Sì, perché nella storia capitolina, il suo mandato verrà designato come ‘la pietra tombale sulla città’.
Hic et nunc occorre fare una scelta coraggiosa. Occorrerà puntare su un uomo di sinistra radicale (ndr,esente, quindi, da influenze piddine e stellate) un uomo che di esperienza nel campo della gestione della cosa pubblica ne ha da vendere. Sia per deontologia professionale e per etica integerrima che per aver partecipato come assessore all’urbanistica all’attuale giunta capitolina ,consapevole quindi delle corruttele che navigano e si infiltrano in tutti i servizi pubblici e sociali. Parliamo dell’ingegnere urbanista Paolo Berdini, ex assessore della giunta Raggi. L’urbanista pensa di candidare le sue idee per una città nuova, per una città solidale, dove anche gli invisibili, quelli lasciati soli nelle periferie, abbiano un posto al sole. E a Roma di sole per tutti, in tempi diversi da questo che stiamo vivendo, ce n’è tanto. Auguri Paolo Berdini!
D: Salve Paolo, una bellissima e confortante notizia la tua candidatura a sindaco della città. Quali sono i motivi che ti hanno convinto a candidarti, soprattutto in un momento così complesso per la partecipazione alla vita della città, con la pandemia in corso?
R: La pandemia Covid 19 ha rappresentato un vero e proprio spartiacque. Ma anche prima di essa la città era in crisi. La differenza tra centro e periferie era evidente nei numeri della Caritas che evidenzia un reddito familiare medio nei municipi centrali di 40 mila euro rispetto ai 17 mila della periferia. “Mappa Roma” afferma che la percentuale dei laureati nei primi municipi è del 40 %. In periferia è di poco superiore al dieci. All’opposto, il tasso di disoccupazione medio è rispettivamente del 7% nelle aree centrali e del 27% nelle periferie estreme. La crisi provocata dalla pandemia peggiorerà ulteriormente queste differenze già inaccettabili.
Ѐ venuto il momento che la sinistra torni a far sentire la sua voce ponendo la questione dell’attenuazione delle distanze tra centro e periferie come la questione centrale su cui impostare la sfida elettorale. Per questo è importante scendere in campo. Si decideranno i destini delle famiglie delle periferie romane.
D: La tua candidatura, a prescindere dalle speranze deposte a causa dei tristi tempi che stiamo vivendo, è comunque una proposta da sinistra resettata e , si spera, sanificata dalle pseudo sinistre, che fa sperare in una piccola rivoluzione sulla stagnante amministrazione capitolina. Accoglieresti a cuor leggero e con maggior grinta politica, rispetto all’esperienza precedente, questo ambizioso progetto?
R: Durante i due mesi del lokdown totale, il mondo dell’associazionismo laico e cattolico è stato l’elemento che ha garantito la tenuta delle convivenza sociale. Molte di quelle associazioni si trovano in stato di precarietà a causa della scellerata delibera 140 della giunta Marino (centrosinistra) che ha messo a reddito gli immobili assegnati a queste associazioni meritorie. Insomma, la concezione solidale della città e dei rapporti sociali si è presa una incredibile rivincita sulla cultura economicistica e della valorizzazione immobiliare.
Dobbiamo difendere questo patrimonio di esperienze e lo può fare soltanto una sinistra che guarda lontano. Dobbiamo tornare a dare una speranza alla città.
D: Il tuo progetto per una città nuova potrebbe essere assimilabile a quello di Petroselli e Nicolini. Troppo ardito, ambizioso e non conforme ai tempi? O è possibile, secondo te, riattualizzarlo?
R: Tocchi un tema centrale. La caratteristica più straordinaria di quell’esperienza lontana è stata proprio quella di mettere al primo posto la questione delle periferie e dell’attenzione ai giovani. Petroselli ha tentato –in parte riuscendoci- di avvicinare le periferie alla città. Nicolini ha saputo mettere la cultura, dalle rassegne cinematografiche all’offerta museale, al centro delle vita e degli interessi giovanili.
Si tratta di aggiornare quella lezione politica e sociale. Il processo di integrazione delle periferie è stato sostituito della valorizzazione immobiliare. La cultura è stata ridimensionata dai tagli selvaggi ai bilanci comunali. Si deve ripartire nelle condizioni mutate, cercando di avere l’ambizione di rappresentare i nuovi bisogni delle periferie. A partire dalle condizioni materiali, dal lavoro che manca, soprattutto per i giovani.
D: Come hai dichiarato pubblicamente: “ A essere candidate saranno le mie idee”. Nella tua proposta di candidatura parli di ecologia integrale. Oltre al degrado ambientale, quali sono i punti fondamentali per dare una svolta radicale alla città e su cui vorresti impegnarti, qualora venissi eletto sindaco?
R: Il concetto di “ecologia integrale” va molto al di là della questione ambientale. Il rispetto dell’ambiente è ovviamente il tema centrale, ma quel concetto mette in evidenza anche il fatto che, in un momento in cui l’economia dominante cancella pezzo dopo pezzo il welfare che era stato costruito nel “ventennio felice”, è necessario allargare i diritti dei cittadini. Il diritto ad una casa e ai servizi sociali che aiutano l’integrazione sociale.
I punti che segnerebbero la svolta radicale nella vita della città sono dunque quelli di dare una casa vera alle migliaia di famiglie ancora costrette ad occupare edifici per non dormire per strada. Di ricostruire la rete dei servizi sociali e sanitari che rendono possibile l’integrazione. Di dotare la città di un sistema di trasporto collettivo che guardi ai bisogni delle periferie.
D: Trasporti pubblici al collasso. Aree verdi abbandonate, degrado edilizio estremo degli edifici scolastici, servizi sociali ‘questi sconosciuti’, speculazione edilizia a gogo, 13 miliardi e passa di debito dovuto a 30 anni di mala amministrazione. Periferie abbandonate. Il problema delle municipalizzate incancrenito. Come primo cittadino, dove ‘metterai le mani’ in prima battuta?
R : Le città vivono di segnali simbolici. In una città in cui la valorizzazione immobiliare ha lasciato decine di quartieri privati incompiuti e in mezzo al degrado (da piazza dei Navigatori alle Torri dell’Eur, dalla via Tiburtina alla piscina olimpica di Tor Vergata), bisogna tornare alla città pubblica, ad investire in favore dei bisogni collettivi. Primo elemento di un percorso nuovo sia quello di aprire i cantieri di cinque nuove tramvie –le avevo proposte in vista delle Olimpiadi 2024- che avvicinino fisicamente le periferie al centro. Sarebbe un segnale straordinario perché avremmo dimostrato che si può passare dalla città speculativa privata, che produce degrado e aumenta le differenze sociali, alla città solidale pubblica che tenta di includere tutti.
D: Anno 2016. S’insedia la giunta Raggi sotto l’egida dei 5 stelle. Paolo Berdini, assessore all’urbanistica. Esci di scena per motivi noti legati alla questione dello stadio e per ricami giornalistici da annoverare come gossip. Rivivere quel periodo quali emozioni ti provoca: delusione, sgomento, rabbia, liberazione da una trappola che ti hanno teso?
R: Nessuna delusione o rabbia. La proposta che mi fecero i cinque stelle poteva produrre effetti straordinari perché grande era l’attesa nella città offesa da mafia capitale e perché inedita era la maggioranza consiliare che poteva concretizzare il cambiamento. Non era mai avvenuto nella storia della città moderna che si fosse al governo un monocolore dotato di una maggioranza schiacciante.
All’inizio il rapporto di collaborazione è stato leale e ricordo che nel settembre 2016 portai in approvazione del consiglio comunale il taglio delle volumetrie aggiuntive che –sempre in base del concetto della valorizzazione immobiliare- erano state riconosciute nel sito dell’ex Fiera di Roma di via Cristoforo Colombo. Per la prima volta sono state cancellati più di ventimila metri cubi di cemento regalati alla speculazione edilizia. Le reazioni della proprietà -pubblica in questo caso- furono furibonde e il comune di Roma fu portato in tribunale con la richiesta di un risarcimento mostruoso, 140 milioni. Il tribunale mi ha dato ragione: obiettivo dell’urbanistica è quello di perseguire gli interessi collettivi e non quelli della speculazione immobiliare.
Il fallimento dei 5stelle sta in questa vicenda: invece di continuare nella strada del cambiamento hanno lavorato per favorire la volgare speculazione dello stadio di Tor di Valle.
D: Le periferie, l’anello debole della città, a cui nessun sindaco, dagli anni 80, ha teso mano e attenzione necessarie per tentare di risolvere il degrado sociale. Nell’agenda elettorale della Raggi era uno dei punti caldi da fronteggiare subito. Da sindaco auspicabile sarà uno dei tuoi cavalli di battaglia?
R: Per le cose che dicevo la periferia deve essere al centro degli obiettivi di governo municipale. Del trasporto pubblico e dei servizi sociali abbiamo parlato. C’è poi da aprire la vicenda delle aree verdi che sono quasi completamente assenti o versano in un degrado assoluto. Le grandi ville storiche, da villa Ada a villa Borghese, da villa Pamphili a villa Torlonia, rendono più civile la vita nelle parti di città dove ricadono. Si tratta di inaugurare la stagione della realizzazione di parchi pubblici in tutte le periferie. Anche lì c’è un immenso bisogno di bellezza e benessere.
D: Per quanto riguarda, invece, la questione dello stadio di Tor di Valle, che nel tuo libro ‘Polvere di stelle’, menzioni come la più grande speculazione urbanistica della storia moderna, riprenderai in mano la patata bollente liberandola definitivamente dall’incalzare delle vecchie e note corruttele?
R: Il tempo è galantuomo e il voltafaccia della sindaca Raggi su Tor di Valle si è dimostrato un gigantesco autogol. Ѐ di questi giorni la notizia che i terreni su cui sarebbe dovuta sorgere la speculazione sono stati pignorati per problemi di interessi privati e lo stadio dovrà indirizzarsi su nuove aree. La giunta Raggi ha guadagnato la più grande figuraccia della storia dell’urbanistica contemporanea. Ha vinto le elezioni comunali perché contraria alla speculazione di Tor di Valle e ne è diventata fanatica sostenitrice. Ora raccoglie un pugno di mosche. Succede spesso agli apprendisti stregoni.
In questi giorni esce il mio nuovo libro dedicato alla vicenda stadio (Lo stadio degli inganni, Derive e Approdi editore). In un paragrafo accenno proprio alla questione delle proprietà delle aree che era vicenda nota a tutti coloro che volevano vederla. Hanno chiuso gli occhi per favorire la speculazione e ora raccolgono il fallimento. Non ci sarà più la necessità di intervenire nella vicenda Tor di Valle. Si è cancellata da sola.
D: I tempi non sono ancora maturi, ma se immaginassi oggi lo staff di cui ti avvarrai da sindaco, penseresti di contattare più figure più tecniche o più politiche?Pensi anche a particolari figure femminili?
R: La complessità di Roma impone un equilibrio tra le due categorie. Per risollevare dal fallimento l’Atac e l’Ama c’è ad esempio bisogno di manager con gli occhi rivolti alla vivibilità della città e non solo ai bilanci economici d’azienda. Più in generale, però, c’è la urgente necessità che Roma torni a parlare all’intera nazione con uomini e donne di elevato spessore culturale e politico.
D: «Metteremo in campo una lista civica che avrà come nome “La Roma che vogliamo” per ora abbiamo un solo comitato nell’VIII Municipio ma dovremmo arrivare in tutti e 15 i Municipi in breve tempo, entro dicembre “ affermi. Certo che in questo lista non navighino anche esponenti del Pd, da cui dichiari di voler tenere le distanze? Anche perché affermi anche “.. è inutile che fanno i furbi Caudo e Ciaccheri – loro stanno con il baraccone del Pd”. Per fortuna che la garanzia è Sandro Medici, ma come la metterai con gli affiliati piddini?
R: In questi mesi deve partire un’azione di coinvolgimento delle migliori esperienze delle periferie, di tutte le vertenze aperte. Mi auguro che in tempi brevi in ogni municipio si formino comitati guidati dai giovani che in questi anni hanno combattuto contro le speculazioni per un’idea di città inclusiva. Se ci riusciamo, avremo fatto un grande passo avanti. Saremmo in grado di proporre concretamente alla città intera che esiste un’alternativa ai furbetti che utilizzano sempre il trucco del voto utile.
L’unico voto utile è a coloro che hanno un’idea differente dello sviluppo della città e ritengono che le loro idee non possono trovare spazio nel gigantesco sistema di potere incarnato dal Pd e da coloro che ancora lo fiancheggiano. Ed hai ragione a ritenere che la figura di Medici sia una garanzia di saggezza e credibilità per quello che ha saputo seminare in tanti anni.
D: A quando la tua prima conferenza stampa in cui illustrerai ai presenti il tuo programma elettorale per Roma?
R: Il percorso ipotizzato vede la creazione, come dicevo, dei quindici comitati in ogni municipio. Solo a quel punto inizieremo a fare conferenze stampa. Dobbiamo ancora irrobustirci!
D: Quali sono le risorse attuali per la città e quali pensi di condividere e mettere in campo per attuare il progetto ‘la città che vogliamo’?
R: Le risorse per salvare la città ci sono. Basta pensare a quanto è avvenuto nei mesi del lokdown, quando il rischio di una grave crisi sociale è stato scongiurato grazie al lavoro volontario e gratuito di tante associazioni e di tanti cittadini. E’ questa la ricchezza e la speranza di Roma. Persone che credono nella solidarietà sociale, ad una città più giusta e vivibile. Uomini e donne che non vogliono appropriarsi di questo o quell’appalto, ma vogliono soltanto contribuire a riaccendere una speranza per la città.
Per molte famiglie ormai prive di reddito, un pasto caldo o un cesto di generi alimentari hanno fatto la differenza. In questa immensa città era inesistente, o quasi, la rete dei servizi assistenziali e di prossimità che formavano il welfare urbano. Le periferie sono state salvate soltanto grazie a un imponente moto di solidarietà spontaneo guidato da associazioni di cittadini e organizzazioni cattoliche, dalla Caritas a molte parrocchie. Dobbiamo ripartire da quì.
D: Paolo, perché i cittadini romani, così sfiduciati e delusi verso l’amministrazione capitolina, dovrebbero darti la fiducia e votandoti e riconoscendoti come primo cittadino di questa incredibile città, così provata dalla mala politica?
R: La deriva economicistica e sociale del Partito Democratico nel primo decennio del 2000 aveva consegnato la città alla destra di Gianni Alemanno. I fallimenti, gli scandali e la voracità del suo schieramento sono stati il brodo di coltura del fenomeno di Mafia capitale.
In mancanza di alternative a sinistra, nel 2013 il Pd ha nuovamente preso la guida della città. Ѐ noto quanto è avvenuto: il sindaco Marino, troppo autonomo dai potentati di quel partito, è stato sfiduciato da una squallida congiura di palazzo.
Nel 2016 i 5stelle sono stati in grado di dare visibilità al superamento del degrado politico e morale. I cinque anni del loro governo saranno ricordati per un colossale fallimento: non hanno raggiunto neppure un obiettivo importante. Solo chiacchiere e stadio della Roma.
Nonostante queste tre stagioni fallimentari, o forse a causa di esse, è aumentata l’aspettativa sociale di un cambiamento, specie nelle periferie. Al governo di Roma si affermerà dunque chi saprà dare un speranza a questa città ripiegata su se stessa. Ѐ una sfida che dobbiamo saper cogliere.
Berdini, saggistica
Walter Gropius, curatela, Bologna, Zanichelli, 1983, ISBN 88-08-03582-4
Walter Gropius, Zurigo, Architektur Artemis, 1984, ISBN 3760881181.
Walter Gropius, 2ª edizione, Barcellona, Editorial Gustavo Gili, 1996, ISBN 8425216230.
Colin Rowe, La matematica della villa ideale e altri scritti, curatela e traduzione, Bologna, Zanichelli, 1990, ISBN 88-08-07230-4.
Il giubileo senza città, Roma, Editori Riuniti, 2000, ISBN 88-359-4816-9.
La città in vendita, Roma, Donzelli Editore, 2008, ISBN 978-88-6036-226-1.
Breve storia dell’abuso edilizio in Italia, Roma, Donzelli Editore, 2010, ISBN 978-88-6036-473-9.[3]
Le città fallite, Roma, Donzelli Editore, 2008
Polvere di stelle, Alegre editore, 2018
In uscita: Lo stadio degli inganni, Derive e approdi editore, 2020
Intervista a cura di Alba Vastano
Collaboratrice redazionale del mensile Lavoro e Salute www.lavoroesalute.org
Roma 23/11/2020
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