Saeco, una comunità difende la sua fabbrica
Sarà un Natale di lotta quello delle lavoratrici e dei lavoratori Saeco di Gaggio Montano, sull’appennino bolognese. E l’inizio del 2016 sarà in continuità con le ultime settimane del 2015, con i cancelli dello stabilimento presidiati e un’intera comunità impegnata a difendere i posti di lavoro della “sua fabbrica”.
Le ragioni stanno in numeri che parlano fin troppo chiaro: 243 lavoratori Saeco su 558 rischiano il licenziamento. Questa la comunicazione arrivata il 26 novembre ai sindacati dalla Philips, la multinazionale olandese che dal 2009 è proprietaria dello storico marchio di macchine da caffè Saeco.
Crisi del mercato, hanno detto. Troppa concorrenza internazionale: perciò non si può far altro che ristrutturare, riorganizzare e, alla fine del 2016, licenziare.
Solo che dietro parole come “ristrutturazione” e “riorganizzazione” si nascondono, come sempre accade, persone in carne e ossa che rischiano di perdere il lavoro e con esso la loro unica fonte di reddito. Le lavoratrici e i lavoratori sono scesi immediatamente in sciopero mettendo in atto un presidio permanente ai cancelli.
I tagli annunciati da Philips rischiano di riguardare in particolar modo delle giovani donne, perché Saeco è una fabbrica prevalentemente femminile in cui l’età media si aggira intorno ai 40 anni. Parliamo di un fabbrica con catene di montaggio ad alta intensità di lavoro e con una altissima incidenza di patologie agli arti superiori. Parliamo di una fabbrica collocata nell’alto appennino bolognese, già pesantemente colpito dalla crisi nel settore industriale e termale e che ha in Philips Saeco la principale fonte di reddito
L’alta valle del Reno si trova perciò schiacciata da un mix micidiale di spregiudicatezza e irresponsabilità a cui dobbiamo aggiungere anni e anni di crisi e mancati investimenti: le vicende Demm, Kemet, Metalcastello, Stampi Group solo per rimanere nell’ambito di aziende metalmeccaniche, contribuiscono a rendere il quadro ancor più preoccupante.
Ho parlato di spregiudicatezza e irresponsabilità non a caso, ma avrei potuto anche dire scorrettezza, perchè non più di due mesi fa l’azienda dichiarava che gli obiettivi di competitività, produttività e qualità erano stati tutti raggiunti, e che addirittura alcune produzioni estere sarebbero rientrate.
Tra gli abitanti della vallata e tra i lavoratori la percezione è quella di stare attraversando un momento cruciale per tutti e forse anche per questo la reazione è stata così forte, immediata e collettiva: se è vero che le lavoratrici (loro innanzitutto) hanno dato vita a un presidio permanente davanti ai cancelli, è altrettanto vero che non passa giorno in cui qualcuno che non faccia sentire in modo concreto la propria solidarietà. Ed è emozionante assistere alla continua processione di uomini e donne (Rsu delle fabbriche bolognesi, ma anche commercianti, associazioni, studenti, parroci, gente comune) che quotidianamente portano generi alimentari, vestiti, coperte: è un’intera comunità che si mette in movimento. Come si può immaginare, in questi giorni così freddi – in montagna la temperatura scende regolarmente sotto lo zero – si mangia e si dorme davanti ai cancelli per presidiare lo stabilimento, perciò c’è bisogno di tutto.
Il 2 dicembre un impressionante corteo ha percorso i 16 chilometri della vallata raccogliendo una solidarietà totale da parte degli abitanti e delle istituzioni locali. Il giorno successivo una grande manifestazione si è svolta davanti alla sede della regione Emilia Romagna. Ci sono poi i presidi che continuano giorno e notte, che proseguiranno anche durante le feste – Natale e Capodanno compresi – che tutti possono seguire attraverso il gruppo facebook costituito dalle lavoratirci e dai lavoratori, “la Saeco non si tocca!”, che in pochi giorni ha raccolto migliaia di adesioni.
In queste settimane si stanno svolgendo anche gli incontri nelle sedi istituzionali (dalla regione Emilia Romagna al Ministero dello sviluppo economico) che al momento non hanno dato alcun esito.
A fronte della richiesta del governo alla Philips di ritirare la dichiarazione di esuberi e di presentare un piano industriale credibile, per creare le condizioni minime per l’apertura di un negoziato con tanto di disponibilità a forme di sostegno economico e di ammortizzatori sociali sulla scorta di altre vertenze recenti postivamente risolte nel settore degli elettrodomestici, la Philips ha risposto con arroganza mantenendo ferme le proprie posizioni .
Per questo la lotta delle lavoratrici e dei lavoratori Saeco deve proseguire, con la consapevolezza che il disegno reale della Philips è quello di mantenere solo ricerca, sviluppo e industrializzazione dei prodotti nel nostro paese per poi produrre esclusivamente presso lo stabilimento Saeco in Romania e che questo piano è solo il primo passo verso la definitiva delocalizzazione delle produzioni.
Per quanto ci riguarda nulla è escluso per intensificare ulteriore le forme di lotta, che vengono decise di volta in volta assieme alle lavoratrici e ai lavoratori. Le esperienze di altre vertenze risolte positivamente in questo settore rappresentano lo spazio negoziale per noi possibile.
Spetta al governo imporre a Philips un ripensamento e un impegno in termini di rilancio di questa importante realtà.
Philips vuole spegnere la luce su un’intera vallata. Non glielo consentiremo.
Stefano Zoli
Fiom-Cgil Bologna
22/12/2015 www.fiom-cgil.it
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