«Salute, reddito, dignità».

Nonostante il corteo stia sfilando oltre 50 metri più in là, lungo il lato del cinema multisala a piazza Barberini, una camionetta antisommossa e decine di poliziotti con gli scudi si schierano a bloccare l’imbocco di via Veneto, l’ampia strada della capitale che si inerpica fino a Villa Borghese in un’infilata quasi unica di alberghi di lusso. Potrebbe essere la fotografia perfetta di una giornata di mobilitazione per salute, reddito e dignità, iniziata un paio di ore prima e che fin da subito ha provato a marcare delle differenze nette in termini politici e di classe sociale. «A noi i fascisti e i “negazionisti del virus” ci fanno schifo», hanno infatti urlato al megafono lavoratori e lavoratrici dello spettacolo ritrovandosi nel primo pomeriggio in un presidio di oltre cento persone presso la sede del Mibact (Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo). «Allo stesso tempo, però, dobbiamo anche dire con forza che la pandemia non colpisce tutti allo stesso modo, è diverso se sei ricco e povero. Non è facile restare chiuso in casa senza lavoro, se vivi in una periferia come San Basilio o il Tufello o il Quarticciolo».

Si tratta della “confluenza” di due istanze diverse, ma comuni.

In un primo momento si sono ritrovati a manifestare i e le professionisti del settore della cultura e dello spettacolo, impegnati in un percorso di auto-organizzazione ed elaborazione di vertenze fin dalla primavera, assieme a sindacati indipendenti come le Camere del Lavoro Autonomo e Precario e vari movimenti della sinistra. Al ritmo di cori inneggianti a una differente gestione economica della crisi («Tu ci chiudi / tu ci paghi, tu ci chiudi / tu ci paghi», «Pa-tri-mo-nia-le», «Precarietà, miseria e lutto / pagherete caro / pagherete tutto») e del tamburellare di dita su una serie di bauli di cartone (simbolo ormai della lotta dei e delle professionisti dello spettacolo), attraverso i quali si formava la scritta «Franceschini, dimettiti», il presidio trasformatosi in corteo ha serpeggiato per i vicoli adiacenti a via del Corso, fra via dell’Umiltà e via delle Vergini sino a sfociare appunto in via Barberini e poi risalire in direzione Termini: l’appuntamento è al piazzale di Porta Pia alle ore 17, dove è stato indetto un ulteriore momento di azione e di protesta, a cui sono presenti movimenti per il diritto all’abitare, occupanti dello stabile in viale del Caravaggio, reti degli studenti medi e delle scuole secondarie.

Le persone, divenute a questo punto oltre un migliaio, affollano gli spazi antistanti il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, difeso da un ingente dispiegamento di forze di polizia.

«Ci dicono state a casa, ma intanto presso il Tribunale di Roma sono depositate centinaia e centinaia di istanze di sfratto», urlano dai microfoni, rivolgendosi verso i “palazzi di potere” lì vicino e facendo valere le rivendicazioni di quante e quanti si trovano a condurre un’esistenza precaria non solo dal punto di vista lavorativo ma anche abitativo. «La situazione è sempre la stessa: le lotte giuste e sacrosante sono trattate come un problema di ordine pubblico».

(foto: Renato Ferrantini)

Attraverso la tematica della casa, si tocca in qualche modo il nodo politico dell’intera giornata: se la situazione sanitaria relativa all’emergenza Covid-19 impone la messa in campo di una tutela di massimo livello (nel momento in cui si sviluppa la protesta i dati dell’Istituto Superiore della Sanità recitano 902.490 contagi per un totale di 41.063 deceduti), che questa tutela sia allora a 360 gradi e vada a toccare cioè anche la sfera dei diritti, del reddito, del lavoro. Non è un caso dunque che, in vista della mobilitazione di ieri, si sia verificata la convergenza di numerosi ed eterogenei movimenti e realtà, così come era successo per il precedente appuntamento di sabato 31 ottobre, in cui un corteo simile e anch’esso partecipato da migliaia di persone si era snodato da piazza Indipendenza sino al quartiere San Lorenzo («La crisi sistemica si inserisce nella crisi climatica, economica e sociale e continuerà a farsi sentire sempre di più: dobbiamo stare uniti», ammoniscono alcuni degli interventi).

I e le manifestanti riescono allora a ottenere la possibilità di muoversi e marciare lungo Corso d’Italia e viale Castro Pretorio, mentre per le strade di Roma è ormai scattata la chiusura delle attività e dei negozi a far risaltare ancora di più la “frattura visiva” che crea il corteo.

In testa, il protagonismo di studenti di istituti medi, di scuole superiori secondarie e dell’università, che non ci stanno a essere “sacrificati” senza che nessuno si assuma la responsabilità di mettere in atto il benché minimo cambiamento. «La scuola è la sanità devono essere rimesse al centro del dibattito pubblico», afferma Giacomo del liceo Aristotele. «Ora siamo tutti e tutte casa e non per colpa nostra, ma per colpa di un governo che non ha investito adeguatamente su trasporti pubblici e mobilità alternativa. Restando a distanza risulta più difficile organizzarsi politicamente, ma speriamo che momenti come quello di oggi possano essere un’occasione per tornare ad aggregarsi e discutere». Intanto, dal carro che guida il corteo risuona Cattivi maestri degli Assalti Frontali: «È stato bello? Avoja! E lo rifamo? Avoja!».

La testimonianza di Giacomo: Audio Player00:0000:00Usa i tasti freccia su/giù per aumentare o diminuire il volume.

A ricongiungersi simbolicamente con il momento iniziale sotto al Mibact, anche la coda finale della mobilitazione traccia un solco profondo con gruppi, forze e orientamenti politici che stanno provando a negare o a minimizzare il problema sanitario della Covid-19. Com’era già stato annunciato in precedenza, i e le manifestanti avanzano compatti e compatte per il viale dell’Università arrivando nei pressi del Policlinico Umberto I. «Aveva duemila e più posti letto e adesso sono meno di mille», racconta un ex-operatore sanitario e militante dal microfono per ripercorrere la storia della struttura ospedaliera che affianca il corteo. «Decenni di amministrazione universitaria hanno favorito solo gli interessi dei vari baroni e il risultato è che ci si è potuti preparare per l’attuale emergenza al massimo delle possibilità».

(foto: Renato Ferrantini)

Una denuncia che sfocia infine in espressione di gratitudine: con un applauso collettivo i e le partecipanti alla mobilitazione si rivolgono infatti a dottori, operatori sanitari e infermieri del policlinico, ringraziandoli per lo sforzo di combattere quotidianamente pandemia (e malagestione). Salute, reddito, dignità: sembra davvero non mancare nulla all’appello.

8/11/2020 https://www.dinamopress.it

Immagine di copertina: Renato Ferrantini

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