Sanità dimezzata. Gli effetti della pandemia sui malati “non-Covid”
Stefania soffre di endometriosi. Ad agosto prenota una visita con un ginecologo specializzato e le viene confermato, seppur urgente, un primo appuntamento disponibile solo ai primi di dicembre. Dopo essersi recata in ospedale all’orario stabilito, aspetta più di un’ora ma nessuno la riceve. L’ospedale era vuoto, Stefania non sa a chi chiedere, fin quando riesce a parlare con qualcuno attraverso un citofono. La risposta: «Signorina, non possiamo rintracciare noi il dottore, perché si tratta di un libero professionista».
È solo una delle tante storie che da marzo a oggi si sono moltiplicate. La pandemia ha infatti messo in luce vari problemi strutturali del nostro Sistema Sanitario Nazionale, dovute principalmente ai tagli effettuati nel passato; a farne le spese in questo periodo sono stati anche, se non soprattutto, i “pazienti non Covid” che hanno incontrato maggiori difficoltà nell’accesso alle cure.
Sono generalmente divisi in due categorie: chi è affetto da malattie oncologiche, come tumori e leucemie, e chi invece da malattie croniche.
Nel primo caso si tratta di una corsa contro il tempo, perché i ritardi delle cure, dalle analisi alle operazioni vere e proprie, sono spesso letali. Nel secondo caso, il rischio che si corre non curando una malattia cronica, è dato da una progressione della malattia, che passa a incidere maggiormente sulla vita del paziente.
Per Amici Onlus, Cittadinanzattiva, Anmar, Apmarr e Apiafco – associazioni non governative e organizzazioni che si stanno occupando di accesso alle cure e diritto alla salute con un occhio di riguardo agli effetti della pandemia – il blocco delle prestazioni ambulatoriali e delle attività programmate, in particolare in alcune regioni, «risulta particolarmente rischioso, poiché produce effetti negativi che si aggiungono a quanto già avvenuto per tutto il periodo del lockdown di marzo».
Sono saltate le operazioni chirurgiche, i ricoveri programmati, gli appuntamenti di routine, esami clinici e attività ambulatoriali. Gli ospedali sono stati assorbiti dall’emergenza, i pronto soccorso sono diventati luoghi rischiosi.
La cura delle malattie che non si chiamassero “Covid-19” sono state spesso “congelate” in attesa di tempi migliori, comportando anche un certo caos nelle conteggio delle statistiche relativi all’incremento dei decessi.
Sono stati 371 mila i nuovi casi di tumore diagnosticati nel 2019 nella nostra penisola, la gran parte dei quali sottoposti a intervento chirurgico. Ora la quota di diagnosi e interventi si è ridotta drasticamente: ovviamente non vuol dire che ci si ammala meno, ma che la malattia viene scoperta e curata con minore incidenza.
Pertanto, secondo un questionario realizzato da Codice Viola, un’associazione che si batte per la qualità della vita degli affetti da cancro del pancreas e condotto su un campione di quasi 500 malati, l’81% ha avuto notizia della cancellazione di visite, terapie e operazioni senza che gli venisse prospettata un’altra modalità. L’11% si è visto annullare la seduta chemioterapica. Rinviati a data da destinarsi, nel 42% dei casi, i controlli durante la terapia: il follow-up.
È quello che è accaduto, per esempio, alla mamma di Marina: mamma Caterina, 54 anni, ha scoperto a settembre un adenocarcinoma ai polmoni già metastatico e al 4 stadio.
«Da quando è iniziato questo calvario è un continuo inseguire l’oncologa», racconta la figlia.
«Oltre a non essere mai reperibile, le ha fissato la Pet a fine novembre, dopo 2 mesi quindi, e da questa è venuta fuori che ha anche una metastasi alla quinta vertebra, stiamo aspettando da parte sua che ci fissi la risonanza magnetica (dopo la quale dovrebbe, in teoria, fissare le sedute di radio). La sua risposta dopo 15 giorni di attesa? Il radiologo è malato! Come se in un ospedale pubblico potesse esserci solo un radiologo».
Sono tanti casi lungo tutta la penisola, diversi ma accomunati dalla difficoltà di seguire un percorso sicuro di terapia e segnati dall’incertezza. Alcuni ricorderanno magari l’appello su Instagram a metà novembre della 26enne Martina Luoni, affetta da cancro a colon metastatico. Nel momento in cui Martina scopre che forse può sottoporsi all’operazione, le viene detto che l’attività chirurgica è sospesa. Parliamo di interventi salva vita, non a scadenza temporale, annullati quasi improvvisamente e – almeno così sembra dall’esterno – anche con una certa leggerezza.
Non va inoltre dimenticato che parecchi malati del centro-sud sono in cura nelle strutture oncologiche del nord, Milano in primis. Ma non c’è solo il cancro. Secondo l’Istat, ogni giorno nel nostro paese muoiono 638 persone di malattie del sistema cardiocircolatorio.
E sta accadendo qualcosa di molto preoccupante, ovvero gli accessi per infarto miocardico nei pronto soccorso, diretti o con chiamata al 118, si sono dimezzati.
Difatti, molti pazienti affetti da malattie cardiovascolari, sono quelli che non possono aspettare in fase di infarto perché si tratta di un avvenimento altamente tempo-dipendente, ma molti per paura di recarsi in pronto soccorso e contagiarsi del virus, sottovalutano i sintomi, a rischio inconsapevole della propria vita. La pandemia, insomma, non riguarda solo chi si ammala di Covid-19, ma sta mettendo sempre più a rischio il diritto alla salute di tutte e tutti.
Marta Iaquinto
15/12/2020 https://www.dinamopress.it
Immagine di copertina da Pixabay
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