Sanità in Stato di abbandono

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Mancano oltre 100mila tra infermieri e medici, sono stati soppressi 758 reparti solo negli ultimi 5 anni. Per la ricerca hanno stanziato solo lo 0,2 per cento degli investimenti. Così la politica dei governi sensibili agli affari della sanità privata e religiosa ha dissanguato il sistema sanitario nazionale che da un anno viene chiamato alla guerra contro un nemico che lo stesso sistema produttivo ha creato rendendolo mortale destrutturando il Servizio Sanitario Pubblico e desertificando la medicina territoriale.

Oggi senza una urgente mobilitazione e una veloce presa di coscienza rischiamo di perdere questa grande possibilità di riformare in senso pubblico due pilastri fondamentali per il principio di uguaglianza nel nostro paese: la scuola pubblica e la sanità universalistica.

Sulla sanità esiste un soggetto vivo e potenzialmente ricompositivo, aggregante che può essere rappresentato dai medici, dagli infermieri, dagli oss, dai tecnici e dagli amministrativi finalmente uniti. Ben al di là dell’emergenza che li costringe a convivere tutti dallo stesso lato della barricata.

Se non è questo personale ospedaliero, sanitario e non, a muoversi e mobilitarsi, ben oltre le scadenze contrattuali rischiamo di perdere una grande possibilità di cambiamento.
Ogni pezzo ha un ruolo e, nell’emergenza, può ben vedere di svolgerlo in sinergia con le altre. Le competizioni corporative, le azioni legali fra associazioni ordini e collegi, dovrebbero essere lasciati al passato, come un semplice retaggio che non può tornare.

Ciascuna figura professionale non può vivere senza l’altra, il lavoro d’equipe e di più ampio sistema, intrapreso e riscoperto nel clima del Covid va tesaurizzato e fatto proprio.

Occorre diventare comunità: comunità della sanità che fa propria la battaglia di un servizio che deve essere sempre più universalistico, sempre più pubblico perché non asservito all’interesse di parte o a quello economico di un miserabile profitto.

Nella sanità, si sono denunciati giustamente i tagli di organico e di finanziamento pubblico, ma ben poco si è criticata la scelta del numero chiuso nella facoltà di medicina che oggi laurea medici e infermieri oppure quella di depotenziare la medicina sul territorio trasformando i medici di famiglia in burocrati a tempo pieno che si limitano a prescrivere esami ospedalieri, medicinali.

Non si p uò certo affermare che queste scelte siano state fatte negli ultimi quarant’anni senza un consenso implicito ma certamente consapevole, attivo e partecipato di molti all’interno della sanità. Anche il silenzio è uno strumento attivo di partecipazione agli atti delle sfere decisionali.

Altrettanto si può dire per quanto riguarda lo sviluppo della sanità privata e della privatizzazione di alcuni aspetti della sanità pubblica, come le visite intramoenia o il doppio lavoro pubblico/privato.

Quindi il principio di base universalistico che la salute non è una merce e perciò non assoggettabile alle regole del mercato, deve essere fortificato sulla scorta della brutale esperienza di questo ultimo anno. Per una migliore difesa del proprio lavoro e del ruolo del servizio pubblico, iniziando a difendere quello che è ancora pubblico per estendere il controllo.

A partire dalla Sanità difendiamo il lavoro pubblico e ciò che è pubblico. Togliamo la Sanità dalle mani dei privati, che speculando hanno già rapinato abbastanza il servizio sanitario. Ripubblicizziamo la sanità, partendo dalla stabilizzazione dell’esercito dei precari che oggi la sorregge, reinternalizzando i servizi privatizzati e messi in appalto o in concessione, non accreditando più le RSA private, per ricostruire una assistenza domiciliare sanitaria e sociale completa.

Questa è una battaglia non più rimandabile, che o si fa adesso o si perde la stessa soggettività della propria professione e l’oggettivtà del suo valore sociale. Non è mai troppo tardi per iniziare a “scacciare i mercanti dal tempio”!

Lavoro e Salute
Mensile di Lavoro, Salute, Politica, Cultura, Relazioni sociali

Pubblicato sul numero di dicembre del mensile

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