Sanità ligure: dal Ponte Morandi alla tangenziale Toti
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Lo sfascio della sanità pubblica ligure e le manovre speculative sulla salute
Lo scandalo ligure in cui è protagonista Toti e la sua disinvolta politica di scambio è solo una minima parte di quello che è la deriva, la decadenza, l’arretramento di diritti e lo smembramento in cui la giunta di Toti ha fatto precipitare la sanità in Liguria, che era per alcuni servizi specialistici un’eccellenza nazionale e internazionale.
La Liguria, terra di bellezze naturali e ricchezze culturali, è purtroppo diventata il palcoscenico di un dramma sanitario che si svolge dietro le quinte. Uno smantellamento del sistema pubblico boicottato da chi doveva difenderlo per aprire alla mercificazione della salute attraverso una marea di convenzioni private, dipartimenti dati in appalto, equipe chirurgiche ingaggiate a cifre stratosferiche in sostituzione della professionalità pubblica, una manna per la speculazione sulla salute a danno di cittadini e delle stesse strutture sanitarie pubbliche.
La privatizzazione dei servizi sanitari in questa regione ha lasciato un’impronta indelebile, trasformando la cura della salute in un affare di lucro, al centro di questa trasformazione distorta si trovano la cessione gestionale degli ospedali e delle prestazioni diagnostiche in convenzione.
Quando si parla di privatizzazione, non c’è alcuna idea di miglioramento del sistema ma solo affari in un ambito che costringe i cittadini a curarsi pagando (direttamente o indirettamente). Il tutto, nella realtà ligure, ciò che emerge con chiarezza è un deterioramento costante della qualità dei servizi offerti. Le promesse di una gestione più efficiente e di una migliore accessibilità alle cure si sono rivelate un falso, un inganno perpetrato ai danni dei cittadini. Toti non è solo quello che emerge dalle carte della Procura del tribunale di Genova: l’accusa al presidente della Liguria, nei confronti del quale sono stati disposti gli arresti domiciliari. Secondo i magistrati il Presidente della Liguria avrebbe accettato dagli imprenditori Aldo e Roberto Spinelli, “finanziamenti politici” per le campagne elettorali in cambio di aiuti ed accelerazioni in pratiche amministrative (ad esempio concessioni demaniali) e non solo. Ma qui voglio mettere l’accento su quello che è lo scandalo della sanità pubblica privatizzata, su cui forse prima o poi gli inquirenti che hanno aperto il coperchio, troveranno anche altro.
Guardiamo alle 32 case di comunità e agli 11 ospedali di comunità che dovrebbero essere il cuore pulsante del sistema sanitario locale, in base al piano sanitario regionale. Ma cosa resta di questa visione utopistica quando ci troviamo di fronte a una carenza critica di personale e a strutture che faticano a fornire la necessaria tecnologia?
La realtà è ben diversa dalla retorica politica: le case e gli ospedali di comunità saranno poco più che gusci vuoti, privi delle risorse necessarie economiche e di personale per garantire cure adeguate ai pazienti. Non solo, ma questo significa che questi gusci vuoti, con investimenti importanti nei bilanci della sanità, una volta eseguiti non si potranno lasciare inoperanti ed è quindi evidente che il vero scopo sarà quello di appaltarne la gestione a privati del sistema consolidato già operante. I soldi pubblici servono a costruire e attrezzare le strutture, ai privati senza investire un euro solo i profitti della gestione.
Non a caso nel piano sanitario regionale la quota di risorse che già il sistema sanitario regionale dirotta al privato salirà nei prossimi tre anni dall’attuale 14% al 18% del 2026 e badate bene, questa cifra è quella destinata al solo convenzionamento, a cui poi va aggiunta la spesa delle esternalizzazioni di prestazioni sanitarie non diagnostiche (esempio la chirurgia di eccellenza – equipe) e quella diretta dei cittadini che ricorrono alle prestazioni private a causa dei tempi di attesa assurdi ivi comprese le prestazioni in intramenia.
Tra chiusure di dipartimenti, di ospedali minori, di ambulatori territoriali e nuovi progetti per speculazioni sulla salute la giunta Toti ha dato una enorme svolta in senso privatistico sul modello lombardo.
La privatizzazione non è la panacea per i problemi della sanità. Al contrario, ha contribuito a esacerbare le disparità esistenti e ha minato la fiducia nel sistema sanitario pubblico. La mancanza di investimenti adeguati ha portato a una progressiva erosione della qualità delle cure, mettendo a rischio la salute di intere comunità, e con essa il diritto costituzionale alla salute
Ma il problema non si limita alla gestione degli ospedali. Il sistema di appalti ed esternalizzazioni ha aperto la porta allo spreco sistematico di risorse pubbliche. Le gare d’appalto diventano spesso un teatro dell’assurdo, dove il vincitore non è necessariamente colui che offre il miglior servizio, ma colui che è più abile nel gioco delle lobby e degli interessi politici. Il risultato è un sistema corrotto, dove il denaro pubblico finisce nelle tasche di pochi privilegiati, mentre i cittadini sono lasciati a lottare per accedere alle cure di base.
In questa corsa sfrenata verso la privatizzazione, la tecnologia avrebbe dovuto essere un alleato prezioso.
Tuttavia, anche in questo campo, la realtà è ben diversa dalle promesse fatte. Le strutture private, interessate soprattutto al profitto, spesso trascurano gli investimenti nelle tecnologie più avanzate. Il risultato è un sistema sanitario diviso tra chi può permettersi cure di ultima generazione e chi deve accontentarsi di servizi obsoleti e inefficienti, o addirittura a causa di costi insopportabili, rinunciare alle cure stesse. L’ospedale San Martino di Genova, quello di Pietra Ligure e il Gaslini un tempo erano strutture di eccellenza di fama internazionale, oggi non solo non sono più un riferimento ma rischiano di saltare servizi essenziali, abbandonati a se stessi con una carenza di personale terrificante e con lo stesso personale che resiste mal pagato e iper sfruttato, il tutto per piegare il sistema a logiche speculative .
È giunto il momento di fermare questa deriva. La salute non può e non deve essere un privilegio riservato a pochi eletti. È un diritto fondamentale, garantito dalla Costituzione italiana, che deve essere tutelato e difeso a tutti i costi. È tempo di tornare alla sanità pubblica, investendo nelle strutture e nel personale, e mettendo fine al saccheggio dei nostri beni comuni da parte degli interessi privati.
Questa deve essere la politica del nuovo corso che potrà realizzarsi nel dopo Toti, una politica volta al personale da assumere e da motivare, occorrerà un piano straordinario di reinternalizzazione dei servizi esternalizzati, di potenziamento delle strutture e delle prestazioni pubbliche con un progressivo e significativo ridimensionamento del rapporto pubblico-privato, occorrerà agire con politiche regionali contrarie all’intramenia riservando e incentivando la scelta e la missione pubblica del personale sanitario.
La giunta Toti e le sue privatizzazione dei servizi sanitari in Liguria sono state un fallimento su tutta la linea, un tradimento dei valori di solidarietà e uguaglianza su cui si fonda la nostra società. È ora di voltare pagina e di riportare la salute al centro dell’agenda politica, per un futuro più giusto e umano per tutti i cittadini liguri.
Marco Nesci
Già Consigliere regionale PRC della Liguria in due legislature per le politiche sanitarie.
Colalboratore redazionale di Lavoro e Salute
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