Sapesse contessa
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Paolo Pietrangeli se ne è andato e lascia un grande vuoto. Siamo rimasti così, disorientati oltre che addolorati.
Sarebbe felice, credo, di vedere il grande tributo di affetto che gli ha dimostrato il popolo della sinistra, la sinistra quella vera, quella che non si arrende e che cammina fiera, a testa alta.
La sinistra che ha bisogno di uomini così. Non solo. Ne ha bisogno il paese.
Paolo Pietrangeli. Colto, umile, di straordinario ingegno, uomo di grande cultura. Era un artista completo, nel vero senso della parola.
Certo, chi non conosce il suo straordinario lavoro come cantautore, Contessa la cantano ancora dopo oltre mezzo secolo, la canzone della grande protesta degli anni 60 e 70, poi Io ti voglio bene, Valle Giulia, bisognerebbe ricordarle tutte.
Lo scorso ottobre era stato premiato al premio Tenco e per l’occasione Altan gli aveva dedicato un disegno riferendosi proprio a Contessa.
E il suo lavoro da regista. Prima aiuto di Mauro bolognini sul set di L’assoluto mortale, di Luchino Visconti in Morte a Venezia e poi ancora con Paul Morissey in due film ispirati da Andy Warhol per citarne alcuni.
E quello più in ombra, perché meno conosciuto , di scrittore, con questo libro uscito da Todaro poco tempo fa, Tremagi e il rasoio di Occam.
Tremagi di professione fa il libraio. Tremagi, anagramma di Maigret, un personaggio di Simenon, autore che Paolo ha dimostrato di amare come lettore e che gli ha lasciato anche un segno tangibile.
Tremagi è il protagonista. È un cinquantenne legato al passato che guarda il presente in modo distaccato, quasi con la curiosità di un turista, è un antifascista in un quartiere che pullula di fascisti, ama il calcio ed è tifoso della Roma e ha una dote non da poco: è un dignitosissimo sfigato.
Si è ridotto ad aprire una polpetteria tra i libri per sbancare il lunario. La cognata Fiorella ha trasformato la libreria di Piazza Epiro nella trattoria Tremagi per salvarla dal fallimento.
La libreria ora si occupa di cultura e di cucina. Gli odori dei cibi lavorati appestano i libri. Il proprietario ne fa una tradizione, una ricerca, una tematica culturale dove abbinare il cibo alla letteratura è un binomio che ben si combina con i tempi correnti. O quasi. Nessuno legge più, ma tutti entrano a gustare le mitiche polpette di Fiorella e i libri sono solo il contorno.
Ha una particolarità il protagonista un po’ bizzarro di questo libro. Vede i sogni della gente. I suoi no, li rimuove in fretta. Per non parlare degli altri personaggi, il generale comunista, Crocefissa, il cane Gedeone, dentro una quotidianità che appartiene a molti di noi con quei dialoghi in dialetto dentro un fiume pieno di eventi.
L’autore, con grande bravura e intelligenza si è avventurato nel genere. È un giallo a tutti gli effetti, con gli ingredienti giusti, tanto di omicidi e di indagine. Ci dimostra anche una grande abilità di scrittura ed in questo emerge un’analisi profonda nella rappresentazione dei personaggi. Una scrittura che vince e convince e va di pari passo con la trama.
E se nel genere la cornice può avere una parte marginale, qui c’è un modo dove il particolare risalta e diventa suggestivo. Costanti come il cibo, gli appostamenti, il rapporto con la moglie. Ecco, particolari che diventano importanti quando il protagonista non è un detective. Sono convinto che un detective, un rappresentante delle forze dell’ordine, un magistrato, non sarebbero mai entrati come protagonisti.
Questa operazione serve a raccontare un ambiente. Certamente quello raccontato da Paolo non è un ambiente borghese. Anche in un romanzo di intrattenimento, sono certo, non ha voluto accantonare per un istante il suo fervore ideologico, la sua fede, la sua partecipazione. La sua militanza.
Le idee di rivolta non sono mai morte. Così diceva quel passo intenso che era una ribellione al conformismo, al perbenismo oltre che un elogio a un linguaggio sociale nuovo, vigoroso, efficace. Perchè è anche la lingua che può compiere una grande rivoluzione nella società. La lingua con parole che arrivano dritte al cuore. Questo è un grande insegnamento. La rivolta si fa con il linguaggio. E con la cultura.
Giorgio Bona
Scrittore. Collaboratore redazione di Lavoro e Salute
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