Sardegna, il cavodotto Tyrrhenian Link e la resistenza delle comunità

Pubblichiamo a seguire un estratto dell’articolo Su dinai spacciat sa terra abarrat! – Sull’agro di Selargius e la lotta contro il Tyrrhenian Link, dal numero 17 della rivista Nurkùntra¹.

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La Sardegna è una terra storicamente rapinata delle sue risorse, che ha sempre subito le scelte di chi su questi luoghi lucra, in particolar modo in nome del progresso. Negli ultimi anni questo sta accadendo in fatto di produzione energetica. Con la scusa della cosiddetta transizione energetica e dell’abbandono delle fonti fossili, infatti, la Sardegna continuerà nei prossimi decenni a essere una delle “batterie d’Italia”.

Il piano è quello di sfruttare i territori in maniera intensiva ed estensiva per produrre energia elettrica “pulita”, da vendere cara in loco e da esportare in continente. Sui giornali si legge ogni giorno di una enorme quantità di progetti per parchi eolici e fotovoltaici presentati ai comuni sardi da multinazionali che mirano a riempire le campagne, le montagne e i mari dell’isola di impianti di produzione industriali. […] Interessi di questo genere rendono impossibile lo sviluppo di comunità energetiche promosse dai comuni o dalle comunità stesse (e non da privati), per gestire e progettare le quali si potrebbero coinvolgere giovani qualificati del territorio, proponendo una controtendenza all’emigrazione. Non sarebbe in effetti “produttivo” se ogni comunità potesse scegliere come creare l’energia che serve, nel rispetto del territorio, né chiedersi perché stiamo producendo tutta questa energia, se serve per la nostra sopravvivenza, per avere beni e servizi o soltanto a mantenere vivo un mercato che giustifica guerre, sfruttamento, e tutto ciò che sta portando il pianeta al collasso. […]

Diamo qualche numero. La Sardegna oggi produce circa tredici gigawatt-ora di energia (quasi cinque gigawatt di potenza). Il fabbisogno dell’isola è di otto, perciò il quaranta per cento di quest’energia viene esportata. Di questi otto gigawatt-ora, il quarantacinque per cento viene consumato dall’attività industriale.

Il venticinque per cento della produzione energetica totale viene però da fonti di energia rinnovabile già presenti, coprendo l’ottantacinque per cento del fabbisogno interno (casalingo, agricolo e dei servizi, togliendo l’attività industriale). Solo dalle rinnovabili vengono prodotti circa quattro gigawatt-ora (poco più di due gigawatt di potenza). Per avere l’idea dell’attacco sotto cui si trova il territorio sardo in questo momento, basta pensare che nell’ultimo anno ci sono state richieste di allaccio per 718 nuovi progetti (tra campi eolici in terra, in mare e campi fotovoltaici), per una potenza di circa cinquantasei gigawatt. L’obiettivo è ovviamente quello di aumentare l’esportazione. Grazie ai cavi sottomarini Sapei (mille megawatt, che sarà presto raddoppiato con un ulteriore cavo della stessa lunghezza), SaCoi2 (trecento megawatt, presto modernizzato per aggiungere altri quattrocento megawatt), Tyrrhenian Link (altro cavo da mille MW) e chissà quali altri nel futuro, si potrà infatti trasmettere il surplus di energia alla rete nazionale, rendendo di fatto la Sardegna una delle colonie energetiche d’Italia.

Terna (la società di Cassa depositi e prestiti che si occupa della trasmissione dell’energia, ndr) è riuscita a far approvare, con autorizzazione del ministero, la costruzione di un nuovo cavidotto di trasmissione da mille megawatt entro il 2028, cavidotto che collegherà la Sardegna alla Sicilia e la Sicilia all’Italia: il Tyrrhenian Link. La portata del cavo ne suggerisce il ruolo di ponte per l’esportazione, di cui Terna non fa certo mistero. “Consentirà integrazione nella rete elettrica di una quota sempre maggiore di fonti rinnovabili. In Sicilia, in Sardegna e soprattutto in Campania c’è una forte produzione da fonti rinnovabili non programmabili, solare ed eolico, in costante aumento. Le aree di approdo non sono casuali: dobbiamo prevedere un importante capacità di trasporto, una rete che consenta di prelevarla dove viene prodotta e di portarla dove viene consumata, quindi sostanzialmente da Sud verso Nord, dove si concentrano la maggior parte dei consumi civili e industriali”, spiegava in una intervista Giacomo Donnini, direttore Grandi progetti e sviluppo internazionale del gruppo Terna.

In sostanza, i territori del sud dovranno pagare tramite lo sfruttamento del proprio suolo il sovraconsumo delle parti del mondo più energivore (delle quali non si possono mettere in discussione i consumi): considerando gli obblighi dei patti europei sulla decarbonizzazione, infatti, per potersi accaparrare i soldi del Pnrr i governi sono obbligati a individuare “quote” di energia verde da immettere nella rete. Un’idea di transizione energetica che segue un modello impattante e antidemocratico, che produce speculazioni a beneficio delle stesse aziende che hanno inquinato il pianeta, e che ora capitalizzano un problema da loro stesse creato, come il cambiamento climatico.

Torniamo al cavo. Tyrrhenian Link percorrerà in totale novecentocinquanta chilometri, a una profondità di duemila metri sotto il livello del mare, diventando il cavo sottomarino più profondo al mondo e più lungo d’Italia. Il costo dell’opera sarà di quasi quattro miliardi di euro, di cui un miliardo e settecento milioni sovvenzionati dalla Bei, la banca europea per gli investimenti. Dopo aver distrutto quattrocentocinquanta chilometri di fondale transisolano, il cavo attraccherà sulla spiaggia di Terra Mala (Quartu Sant’Elena), da dove proseguirà sotterraneo verso la località Su Padru a Selargius. Lì sorgeranno le due stazioni di conversione e accumulo, allacciate alla rete isolana.

L’agro di Selargius, circa duemila e cinquecento ettari di terreni coltivabili, era un tempo una campagna rigogliosa di vigne, seminativi, mandorleti, frutteti e orti, bestiame. Colline dense di storia, piene come sono di siti archeologici anche prenuragici, siti maltrattati, ignorati e talvolta distrutti dalle amministrazioni negli anni. Oggi c’è ancora chi ci lavora: vignaioli, pastori, produttori di frutta, verdura e cereali. Tanti terreni vengono usati come sussistenza casalinga o come giardino, mentre le zone più vicine ai centri abitati sono diventate zone industriali e artigianali. Tantissimi ettari, in realtà, sono stati espropriati anni fa per progetti o servizi che non hanno mai funzionato (come il vascone di raccolta dell’acqua di Cuccuru mata’e masoni, che funzionò per un anno prima di essere abbandonato, dopo essere stato costruito sopra un enorme villaggio nuragico). Altrettanti però sono abitati, con case o baracche, abusive o in regola, che danno al territorio le sembianze di un vero e proprio rione.

Già nel 1989 Enel, che oggi ha passato il testimone a Terna, spalleggiata dall’amministrazione di Tonino Melis (sindaco della città per due mandati, ndr), aveva fatto espropriare numerosi ettari nella zona di Su Padru per costruirci una stazione di smistamento, da aggiungere alla stazione già presente nel territorio di Selargius (a Is Corrias). Un’operazione che, essendo Su Padru zona storicamente di terreni a uso comunitario, ricca di orti, vigne e beni archeologici, incontrò l’opposizione dei selargini, che ancora ricordano l’ingiustizia imposta a più di trent’anni di distanza. Eppure è proprio in ciò che rimane di questa località che sorgeranno le nuove stazioni del Tyrrhenian Link, dove Terna cementificherà diciassette ettari di terra, costruendo quattro edifici alti ventidue metri e larghi cinquanta (tra i più alti di Selargius), in una zona ad alto rischio idrogeologico, dove tra l’altro è stato approvato un progetto di vasche di laminazione, proprio alla luce della presenza delle future stazioni (tanto per dare l’idea di quanto questi progetti strategici declassino il tema della sicurezza delle comunità).

Questa grande opera porterà con sé tantissimi altri progetti energetici. […] Ci sono già da ora tanti “procacciatori” alla ricerca di terreni nell’agro di Selargius, Quartucciu, Sinnai, Settimo, Mara e dintorni. In alcuni casi sono persone del posto che fanno da tramite, pagati per scegliere le zone, contattare e convincere i proprietari a vendere agli speculatori. Questi, molto spesso, sono aziende con capitali bassissimi che vogliono comprare ettari di terra accorpati per dar vita a sottostazioni con centinaia di containers di batterie al litio, inquinanti e pericolosissime in caso di incendi o malfunzionamenti (tanto che un persino i vigili del fuoco hanno delle perplessità nel loro utilizzo). Una di queste sottostazioni è proposta dalla stessa azienda che vorrebbe fare un parco eolico offshore davanti alle coste di Nora, all’interno del quale vi sarebbe un’infrastruttura che da Nora va a Selargius, dove si stoccherebbe l’energia tramite accumulo per poi metterla in rete, quando necessario, sfruttando il Tyrrhenian Link. Si può immaginare, se si aggiungono inoltre quelle aziende che stanno cercando direttamente di produrre in loco (vicino alle stazioni con campi eolici e fotovoltaici) cosa potrebbe diventare la campagna circostante, in un mortifero passaggio da zona agricola a hub energetico.

Del progetto del Tyrhenian Link, presente negli uffici del comune di Selargius dal 2021, la popolazione è venuta a conoscenza solo nel 2023, a cose fatte, grazie al Comitato di difesa del territorio – No Tyrrhenian Link. Tanto Terna, quanto l’amministrazione del sindaco Gigi Concu, si erano infatti guardati bene dall’informare i selargini sull’opera, fatta eccezione, a detta sua, per un consiglio comunale on-line al quale hanno partecipato tre persone. Da soli hanno proceduto, concordando tra loro le varie compensazioni (tra cui parcheggi e un bosco urbano nel centro di Selargius che ha quasi del ridicolo), nascondendo agli stessi proprietari dei terreni il progetto.

Ma non gli è andato tutto liscio.

Alla fine del 2021 un gruppo di militanti anticolonialisti (Sardinnia Aresti) pubblica una brochure sull’imminente invasione di impianti fotovoltaici e eolici, un documento in cui si cita anche il Tyrrhenian Link. Contestualmente, nel litorale quartese compaiono grandi scritte a vernice contro il progetto del cavidotto, primi segnali che qualcuno mette in discussione la realizzazione dell’opera. Qualche tempo dopo, un gruppo di piccoli produttori agricoli del sud della Sardegna sensibili alla questione organizza un mercato spontaneo nei pressi delle aree interessate ai progetti delle nuove stazioni. Lo scopo è sensibilizzare la popolazione e avvicinare altri produttori agricoli a un approccio critico al problema. L’iniziativa va avanti per vari mesi e la voce inizia a circolare.

A maggio del 2023 nasce un comitato di cittadini che si oppone all’occupazione dell’agro da parte di Terna, il Comitato di difesa del territorio – No Tyrrhenian Link. Seguendo anche la scia di altre decine di comitati di difesa territoriale in tutta la Sardegna, contrari alle speculazioni in atto, cresce la partecipazione alle iniziative e il confronto tra persone di paesi diversi. Nei mesi che seguiranno il comitato svolgerà un ruolo fondamentale nel diffondere informazioni e nell’esercitare pressione sugli amministratori locali. Ci sarà un alternarsi di comizi, assemblee e volantinaggi. I consigli comunali in cui si parla di Tyrrhenian Link vedranno la presenza di alcune centinaia di persone a dir poco contrariate. Nelle strade della zona compaiono parecchi striscioni e scritte sui muri contro il progetto, contro gli amministratori che l’hanno permesso e per la difesa della campagna. Siamo ad agosto quando l’Unione Sarda dà notizia che tre bombole sono state trovate sotto un traliccio vicino alla stazione già esistente.

Nel mese di settembre diventano virali dei video di persone che, guidando lungo la strada Ussana-Selargius (strada della stazione già esistente di Terna, nonché arteria principale dell’agro), si imbattono in blocchi costruiti con mucchi di rifiuti di ogni tipo, tolti dalle cunette e dai terreni circostanti e messi in mezzo alla strada nella notte: qualcuno parla di un camion dell’immondizia rovesciato, qualcun altro di un’azione per costringere il comune a pulire le campagne (in concomitanza con l’aumento della tensione le campagne sono lasciate sempre più piene di rifiuti…), altri ancora di una protesta contro Terna. Nei pressi del sito i tecnici di Terna cominciano a girare scortati dai carabinieri.

A settembre un gruppo di lavoratori delle campagne decide di presidiare fisicamente la zona sotto attacco e costruisce Sa barracca de su Padru su un terreno sotto esproprio. Il luogo diventa velocemente un punto di riferimento per chi è contrario alle stazioni, per chi non vuole vedersi sottratto il terreno e la casa o per chi vuole confrontarsi sui problemi che si vivono quotidianamente in queste campagne.

“[…] Il presidio ha un valore materiale ma anche simbolico – spiegano gli attivisti – perché sorge in uno dei terreni che subiranno l’esproprio, perché i proprietari hanno deciso di non vendere a Terna. […] Servirà anche a tutti quelli che vivono l’agro come punto d’incontro, per iniziative di intrattenimento e socialità, organizzandoci insieme per vivere in una campagna migliore e più pulita, per aiutarci nei lavori della vita quotidiana, per creare delle realtà rurali vive che possano coesistere e migliorarsi, andando oltre l’egoismo in nome di una vita migliore. Ma, soprattutto, per iniziare a decidere noi quale deve essere il destino dei luoghi in cui viviamo. Vogliamo conoscere e relazionarci con realtà simili in Sardegna, e sperare che ne crescano a centinaia, coordinarci per fermare quest’assalto. Siamo lì presenti tutti i giorni, ma la domenica in numero maggiore. Per info si può consultare il profilo Facebook: Comitato di difesa del territorio – No Tyrrhenian Link”. (sa espi forraini)
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¹Il testo integrale dell’articolo è leggibile sulla versione cartacea della rivista. Per gli interessati a contribuire a Nurkuntra, per contatti, richieste copie e informazioni: nurkuntra@inventati.org

2/1/2024 https://www.monitor-italia.it/

Immagine: (disegno di otarebill)

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