Satnam Singh morto per sfruttamento e caporalato
Nella giornata di mercoledi 19 giugno è morto Satnam Singh il bracciante indiano mutilato e abbandonato in un’azienda agricola di Latina
Satnam Singh era arrivato in Italia tre anni fa dal Punjab, regione del nord dell’India. Come 12 mila suoi connazionali di religione sikh era venuto a lavorare nell’agro pontino, probabilmente indebitandosi con un’organizzazione che gestisce la tratta di migranti. Si era stabilito con la moglie, anche lei indiana, a Borgo Santa Maria, una frazione di Latina ed era impiegato in un’azienda agricola della zona, probabilmente senza un contratto regolare e anche senza permesso di soggiorno.
Per questo lunedi mattina, quando è stato schiacciato da un macchinario avvolgi-plastica a rullo trainato da un trattore che gli ha tranciato il braccio destro, schiacciato entrambe le gambe e provocato un grave trauma cranico, i datori di lavoro invece di chiamare i soccorsi lo hanno caricato su un pulmino, mettendo il braccio amputato su una cassetta degli ortaggi, e lo hanno scaricato davanti a casa sua. Sul posto sono arrivati i soccorritori del 118, chiamati dai vicini, e pure la segretaria della Flai Cgil Laura Hardeep Kaur, che aveva ricevuto delle foto dell’infortunio da un collega di lavoro di Singh con la richiesta di intervenire. I medici del pronto soccorso, vista la gravità delle condizioni, hanno chiamato un’eliambulanza che lo ha trasportato all’ospedale San Camillo di Roma, dove è stato operato d’urgenza. Ieri mattina Singh è morto a causa della gravità delle ferite e del ritardo nei soccorsi, che ha provocato una grave emorragia e un forte abbassamento della pressione arteriosa. Aveva appena 31 anni.
Sebbene sia noto a tutti che nella provincia di Latina vivono da anni migliaia di braccianti indiani di religione sikh, spesso costretti a lavorare in condizioni di grave sfruttamento e minaccia, le istituzioni, qui come in altre parti d’Italia, continuano a non intervenire, di fatto rendendosi responsabili di omicidi – perché questo è il termine da usare – come questo.
Lo sfruttamento e la morte di questo lavoratore, e ricordiamolo stiamo parlando di lavoratori e lavoratrici, è il prodotto di una legislazione criminale e razzista. Una legislazione che marginalizza o addirittura criminalizza la manodopera migrante al solo fine di renderla sfruttabile da una filiera agricola e distributiva in cui troppi guadagnano letteralmente sul sangue di chi lavora e sullo sfruttamento selvaggio dell’ambiente.
Chiedere giustizia per Singh non significa quindi soltanto auspicare che i responsabili del suo omicidio siano puniti, ma soprattutto significa lottare per cambiare la legislazione e il sistema produttivo italiano, battendosi contro chi ci racconta che i lavoratori come Singh sono il nemico mentre fa gli interessi delle peggiori oligarchie di questo paese.
Le interviste di Radio Onda d’Urto a:
Marco Omizzolo, sociologo e docente all’Universita La Sapienza di Roma e autore di un articolo pubblicato oggi dal quotidiano Domani e intitolato “Il dramma del lavoro nero. Il bracciante Singh ucciso dal cinismo e dallo sfruttamento”. Ascolta o scarica
Andrea Paco Mariani, regista del film The Harvest, che racconta le condizioni di lavoro nella comunità Sikh nell’agropontino. Ascolta o scarica
20/6/2’24 https://www.osservatoriorepressione.info
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