Schiavismo di Stato

Versione interattiva https://www.blog-lavoroesalute.org/lavoro-e-salute-settembre-2024/

Archivio https://www.lavoroesalute.org/

16 giugno 1944: ricostruisce la vicenda degli operai genovesi tratti in schiavitù.

Quando i fascisti genovesi resero 1500 concittadini lavoratori coatti di Hitler

Bisogna cominciare a leggerlo dalle ultime pagine “Assalto alla fabbrica” (People Storie, 2024), dalle righe che il suo autore Giovanni Mari dedica alla “stoica attività per la memoria“ del Gruppo 16 Giugno e dell’ Istituto ligure per la storia della Resistenza e dell’età contemporanea. E’ grazie alla loro “gigantesca operazione di salvaguardia” che si è arrivati al numero speciale di Quaderni di Storia e Memoria (https://www.ilsrec.it/storia-e-memoria-1-2024-16-giugno-1944-la-razzia-dei-lavoratori-genovesi/storia-e-memoria-n-1_2024_web_compressed-1/ ) curato da Irene Guerrini e Marco Pluviano e da cui il libro di Mari è tratto. In quelle ultime pagine si addensano infatti, le decine di fonti consultate, prime tra tutte i diari e le memorie dei deportati e dei testimoni, che rendono vero e vivido il racconto del dramma che colpì Genova esattamente 80 anni fa.

Proviamo a riavvolgere il filo della Storia. L’8 settembre del ’43 è da poco trascorso, il re Vittorio Emanuele III e il governo Badoglio se la sono data a gambe e l’Italia è allo sbando: a sud gli Alleati anglo-americani, messi in fuga nazisti e fascisti, continuano la risalita verso nord, laddove si continuano ad eseguire gli ordini impartiti da Monaco di Baviera alla lombarda Salò e che ancora legano a filo doppio Mussolini ed Hitler.

Se nelle regioni meridionali si respira aria “da guerra finita”, al nord la situazione ribolle. Qui a sostegno dell’esercito alleato si moltiplicano le formazioni partigiane, impegnate in vario modo ad accelerare la fine della guerra fascista, e che dall’inverno del ’43 si saldano ai numerosi scioperi in atto negli stabilimenti settentrionali. Scioperi destabilizzanti per il regime e pertanto censurati dalla stampa italiana, e per lo stesso motivo riportati dal New York Times.

Anche Genova, polo metalmeccanico e cantieristico di importanza primaria per il regime, per mesi è stata teatro delle mobilitazioni operaie, e ora dal 1° giugno 1944 almeno 12.000 operai – ma sono numeri per difetto – con maggiore determinazione hanno incrociato le braccia, chiedendo pane, diritti e pace. Nonostante l’invio di picchiatori fascisti, esercito e polizia, il boicottaggio della produzione nelle maggiori fabbriche va avanti già da dieci giorni, veramente troppi per l’economia di guerra, che ha bisogno di armi più che di pane. E così il 10 giugno il Capo della Provincia, il prefetto Basile, colui che “controlla ogni alito di Genova”, forte del divieto di sciopero imposto dalle leggi fascistissime, emana un Proclama ultimativo. “O con noi o contro di noi”, tuona, e visto che la brutalià di Basile non conosce limiti, gli operai rientrano in fabbrica.

E lo fanno quando – a loro insaputa – la trappola è pronta a scattare: il 16 giugno una “marea nera” dilaga nelle fabbriche sindacalmente più attive e, anche con il supporto dei Servizi segreti, sequestra violentemente 1.500 operai. Le Acciaierie di Campi, l’elettrotecnica San Giorgio, la Piaggio carrozze ferroviarie, il cantiere navale Ansaldo, vere roccaforti “rosse”, sono espugnate da fascisti e nazisti dagli occhi iniettati di sangue. Tutte le testimonianze concorderanno: erano genovesi le camicie nere che il 16 giugno 1944 consegnarono i loro concittadini ai nazisti! Durante la razzia traditori e traditi si esprimevano nello stesso dialetto…

Tutti i Genovesi sequestrati erano giovani, forti, sani e non fu un caso: erano destinati ad essere deportati in Germania, dove da operai specializzati sarebbero stati costretti a diventare lavoratori coatti del regime nazista. Cioè schiavi. Soddisfacendo così alle reiterate richieste di Hitler a Mussolini.
Alla notizia dell’assalto e della retata, le famiglie degli operai si mobilitarono come riuscirono, ma in poche ore 43 vagoni carichi di uomini e disperazione presero la strada che li avrebbe scaricati nel Terzo Reich.

Assalto alla fabbrica” prosegue con le storie di sfruttamento, dolore, fame, freddo, umiliazioni che lo schiavismo del regime nazifascista perpetrò fino alla fine dei suoi giorni, ai danni degli operai genovesi come di milioni di altri lavoratori. E di quelle storie non è il caso di riassumerne qui nessuna: il rischio della banalizzazione in questi casi è quasi certezza. Se le testimonianze dirette – che nel suo libro Mari si premura di riportare in corsivo – sono dunque, insostituibilmente incisive, altrettanto incisivo mi pare il monito con cui Mari si congeda dal lettore: “…mai cedere il fianco alle pulsioni revisioniste che si affacciano insistentemente sulle nostre vite”. Ora più che mai, aggiungo io.

Maria Teresa Capozza

Versione interattiva https://www.blog-lavoroesalute.org/lavoro-e-salute-settembre-2024/

Archivio https://www.lavoroesalute.org/

0 commenti

Lascia un Commento

Vuoi partecipare alla discussione?
Sentitevi liberi di contribuire!

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *