Sciopero di sopravvivenza o di conflitto?

In versione interattiva http://www.blog-lavoroesalute.org/lavoro-e-salute-gennaio…

PDF http://www.lavoroesalute.org

L’editoriale del numero di novembre del 21 entrava nel merito di una strategia del sindacato necessaria per non morire di inedia. Titolava “Sindacato, strategia di lotta o estinzione”, oggi, dopo lo sciopero generale, il primo dopo un decennio, dipinto dai media mainstream, da tutto il quadro politico al governo e, giustamente (fanno i loro interessi), dai poteri fiannziari e imprenditoriali, come atto “irresponsabile”. Cioè la confindustria che rappresenta qualche migliaio di super ricchi decide cosa è giusto mentre organizzazioni che rappresentano, bene o male, milioni di persone povere vengono spudoratamente accusate di corporativismo e irresponsabilità verso il Paese.

Questo che potrebbe sembrare un tragicomico paradosso in questa Italia, misera di democrazia e giustizia sociale, con ricadute brutali sulla convivenza civile, assume una verità assoluta. Ma siamo in Italia, l’unico Paese che storicamente ha un padronato, perennemente iper assistito finanziariamente e legislativamente dallo Stato, che ha la spudoratezza di sbraitare e piangere miseria contro il mondo del lavoro (più precisamente contro la grande parte perchè l’altra parte rappresentata dalla Cisl si è astenuta) che ha l’ardire, nel suo stato di depressione, di scendere in piazza per ricordare che ci sono anche loro e chiedono una più dignitosa sopravvivenza. Perchè questa è stata la ragione del pur ritardatario atto sindacale: uno sciopero generale di sopravvivenza nella sua umile richiesta di attenzione da parte di un governo di satrapi in rappresentanza degli obesi.

La nostra considerazione su questo sciopero non è una certezza ma un dubbio sulla reale volontà del sindacato confederale, e più precisamente ci rivolgiamo alla CGIL, in quanto seppur contenti dell’adesione della UIL restiamo perplessi sulla natura conflittulae di questa organizzazione che storicamente ha fatto sempre da cuscinetto tra le lotte e la mediazione a perdere con padronato e governi.

Nel mentre aumenta senza sosta alcuna l’impoverimento di grossa parte della popolazione, di fronte al continuo arricchimento dei poteri anche durante la pandemia è doveroso chiedersi qual’è lo stato reale della Cgil e se ci sono ampi margini per reiventarla con un processo di rinnovamento, senza il quale molti tra i lavoratori si chiederebbero se gli serve ancora un sindacato, questo sindacato conferederale, e paradossalmente (possibile altra prerogativa di questa Italia) si affiancherebbe allla domanda imperativa, ora sottointesa nei suoi atti, del piccolo mondo impreditoriale e dei suoi diretti rappresentanti al governo, a iniziare dall’attuale, ma anche dal prossimo, Presidente del Consiglio.

Queste domande cozzano con una verità inconfutabile per chi ha ancora il dono dell’obiettività: è indispensabile per la democrazia e per i diritti come agli inizi del ‘900. Questa indispensabilità democratica e sociale però cozza con la capacità della CGIL, di rinnovarsi riprendendo le categorie analitiche proprie della lotta di classe, oggi visibile solo nella capacità del padronato di determinarne i dettami con uno scontro unilaterale.

Come ha oculatamente scritto un già dirigente nazionale della CGIL oggi a livello nazionale, regionale e in diverse Camere del Lavoro provinciali è presente un male oscuro, “quello di non mettere più al centro il progetto di cambiamento economico, sociale e il cosa fare per mutare profondamente la realtà che viviamo, abbandonando un progetto di svolta nei diritti, nelle attività e negli indirizzi produttivi, nel sociale, nella prevenzione e sicurezza”.

Molte volte in questi nostri 38 anni di Lavoro e Salute abbiamo denunciato, come militanti della Cgil, la deriva che ha portato a questo “male oscuro”.
Oltre alla sudditanza verso i governi di centrosinistra, colpevoli dei maggiori disastri teorizzati dalla destra, c’è stato, forse conseguenziale alla sudditanza, un ricambio ai vertici, come nei luoghi di lavoro, con soggetti concertativi a prescindere e sindacalmente apatici sui bisogni reali dei rappresentati.

Come tentare di uscirne? Sta a Landini ripartire dai luoghi di lavoro per ridare ai lavoratori la titolarità nel rivendicare e lottare per i propri diritti, ripensando anche lo stesso concetto di delega in ossequio a una realtà che ha sconfitto la concertazione. Ad iniziare da una democratica Legge sulla rappresentanza per le elezioni delle RSU, liberando i RLS e ridare loro protagonismo di prevenzione nella sicurezza sul lavoro.

Franco Cilenti

In versione interattiva http://www.blog-lavoroesalute.org/lavoro-e-salute-gennaio…

PDF http://www.lavoroesalute.org

Sindacalisti sopravvissuti?
Come il giapponese Onoda Hiroo e i suoi tre commilitoni che non vollero arrendersi perchè non credevano che il loro Paese aveva perso la guerra, anche Cgil e Uil continuano la battaglia con atti di guerriglia.
Devono accettare di aver perso la guerra!

Non arrendersi dà un barlume di speranza ai lavoratori, i quali hanno creduto che non avessero compreso le intenzioni di guerra di classe della controparte.

cile54/2022
0 commenti

Lascia un Commento

Vuoi partecipare alla discussione?
Sentitevi liberi di contribuire!

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *