SCUOLE ARMATE
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La strage di Uvalde, Texas, compiuta in una scuola elementare da un diciottenne , con 21 vittime tra cui 19 bambini, è solo l’ultima di una lunga serie ( 23 sparatorie in istituti scolastici negli ultimi 11 anni) . Ai “ massacri scolastici” ci sono da aggiungere poi i vari incidenti domestici spesso causati da minori che maneggiano armi , e assalti vari a luoghi pubblici .Gli Stati Uniti detengono il triste primato del maggior numero di vittime per armi da fuoco, soprattutto bambini e adolescenti, superando quelle causate da incidenti stradali.
Da un paese che si prodiga ad esportare “pace, democrazia e civiltà” ci si aspetterebbe qualcosa di diverso. Il fenomeno è stato spesso analizzato , dal punto di vista sociologico, e si possono individuare diversi fattori per spiegare questa abnorme propensione ai conflitti armati anche tra i “ civili”. Le leggi particolarmente permissive, l’assenza di restrizioni e controlli preventivi, l’accessibilità del mercato delle armi, che consentono l’acquisto di fucili dai 18 anni e di pistole dai 21, con differenze non sostanziali tra i vari stati, rendono consueto e normale l’utilizzo delle armi da fuoco, perfino tra i minori, come “ pratica sportiva “.
Nelle case e nelle auto degli americani si trovano facilmente senza neppure particolari cautele nella custodia, come dimostrano i numerosi incidenti che coinvolgono bambini anche piccoli sia come vittime che come inconsapevoli utilizzatori.
La legislazione pro armi risponde a interessi economici ben precisi, dato che i produttori statunitensi costituiscono lobby potentissime, con forte collegamento al partito repubblicano, che ha nel bellicismo esasperato uno dei suoi cardini. Ma sta proprio nel DNA culturale degli Stati Uniti, nel culto della proprietà e della difesa personale l’origine della questione. Il secondo emendamento della Costituzione recita “ Essendo necessaria alla sicurezza di uno Stato libero una ben organizzata milizia , il diritto dei cittadini di detenere e portare armi non potrà essere infranto”. Questo principio, evidentemente, permea la società e determina uno stile culturale che si riflette oltre che nella politica estera, anche nei rapporti tra i cittadini.
In una società caratterizzata da forti contraddizioni, estreme diseguaglianze, fanatismi e radicati stereotipi culturali , che determina negli individui frustrazioni, isolamento, lontana anni luce dal mito del paese dove tutti hanno una possibilità, la diffusione della violenza armata è una naturale conseguenza. Gli autori delle stragi scolastiche sono spesso individui che proprio nella scuola hanno sperimentato forme di esclusione sociale e/ o di insuccesso personale. La scuola ha un significativo legame con il mondo esterno, nel senso che condiziona ed è condizionata dalla società. La competizione , la spinta ad emergere si scontrano con le differenze socio economiche che sono ben evidenti nelle possibilità di accesso a percorsi e istituzioni scolastiche diverse. L’opinione pubblica americana, e anche qualche politico, invocano misure di contenimento del fenomeno, sempre sull’onda emozionale che segue le ricorrenti tragedie, ma a volte le soluzioni proposte sono tutt’altro che ragionevoli, dall’ aumento di sorveglianza nelle scuole, alla dotazione di armi per il personale scolastico. Il vero cambiamento, radicale, filosofico dovrebbe investire il tessuto sociale e condurre al superamento del distorto senso di superiorità morale della nazione americana. Sicuramente quello americano non può essere un modello per altri paesi. O meglio, può servire da monito e da esempio di ciò che la scuola, e la società, non devono essere.
Le strategie per contrastare la violenza non possono ridursi alla repressione ed alla moltiplicazione di telecamere , peraltro strategie inefficaci . La scuola deve operare concretamente per assicurare a tutti pari opportunità di istruzione e formazione, ed ispirarsi a principi di solidarietà, uguaglianza e pace. Ogni discriminazione, ogni modello che introduca competizione e prevaricazione all’interno delle scuole andrebbe respinto. Purtroppo anche nelle scuole italiane ci sono segnali preoccupanti, spie di un disagio diffuso. Sono frequenti, soprattutto nelle zone più difficili, episodi di bullismo, di aggressioni di gruppo, violenza di genere, cyber bullismo, ed anche isolamento e abbandono scolastico. Spesso vittime di violenza sono gli insegnanti che subiscono intimidazioni e aggressioni da studenti o da genitori. Anche in questi casi, ciò che spaventa è la logica della prevaricazione , del disprezzo per le persone, magari più deboli o in una posizione più delicata.
Un segno della sofferenza che affligge la scuola italiana, sottoposta ad un progressivo svuotamento della sua funzione primaria, di istruzione e crescita personale degli studenti, burocratizzata, trasformata in azienda, con i docenti ridotti a organizzatori di progetti esterni, una scuola fatta per consegnare al mondo del lavoro giovani addomesticati, classista e diseguale, pericolosamente vicina al pessimo modello americano.
Loretta Deluca
Insegnante. Collaboratrice redazionale di Lavoro e Salute
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