Se 13,4 milioni di persone in difficoltà sembrano poche

Istat: tra poveri, a rischio e con gravi deprivazioni, si sfiorano i 20 milioni di donne e uomini. Barbaresi, Cgil: “Emergenza da affrontare subito”

Se diminuiscono i redditi reali delle famiglie,italiane come si fa ad affermare che le stesse stanno meglio? Ebbene, è proprio questo quel che è accaduto: mentre l’Istat pubblicava il Report su “Condizioni di vita e reddito delle famiglie italiane 2023” vari esponenti del governo e della maggioranza celebravano il tripudio per il miglioramento delle condizioni economiche delle stesse. I numeri on mentono, ma se manipolati possono trarre in confusione. E allora cerchiamo di leggerli per bene questi dati.

La condizione del Paese

Secondo l’Istituto nazionale di statistica nel 2023 il 22,8% della popolazione è a rischio povertà o forte deprivazione sociale, in leggero calo rispetto all’anno precedente e contemporaneamente aumenta leggermente la quota di popolazione in grave deprivazione materiale e sociale (4,7% rispetto al 4,5%). Quel che forse andrebbe considerato con assai maggiore attenzione di quanto non risulta essere stato fatto è un passaggio del Report: “Nel 2022 il reddito medio delle famiglie (35.995 euro) aumenta in termini nominali (+6,5%), mentre segna una netta flessione in termini reali (-2,1%) tenuto conto della forte accelerazione dell’inflazione registrata nell’anno”. Siccome ben sappiamo come l’inflazione pesi assai di più sui redditi medio bassi, quanto davvero è diminuito il potere d’acquisto delle famiglie che meno guadagnano?

Lo scandalo è che questi dati non creano scandalo

Meloni e il suo governo, aiutati dagli uomini e dalle donne della maggioranza, esultano per il lieve calo di quanti rischiano la povertà, dimenticandosi degli altri numeri. Il richiamo netto arriva dalla Cgil: “Ancora una volta l’Istat certifica un’emergenza che deve essere affrontata urgentemente: 13,4 milioni di persone sono a rischio povertà ed esclusione sociale. Seppur in calo rispetto all’anno scorso per l’aumento dei redditi nominali delle famiglie, che subiscono però una netta flessione in termini reali perché erosi dall’inflazione, resta un dato allarmante”. È quanto ha dichiarato la segretaria confederale della Cgil Daniela Barbaresi, appena i dati sono stati resi pubblici.

I poveri vanno contati tutti

Agli oltre 13 milioni di persone a rischio povertà – che certo bene non se la passano – , a quanti si trovano in una condizione di grave deprivazione, vanno purtroppo aggiunti gli uomini e le donne che si trovano in una condizione di povertà assoluta. Ebbene, secondo le stime preliminari sempre dell’Istat: “Nel 2023, le famiglie in povertà assoluta si attestano all’8,5% del totale delle famiglie residenti (erano l’8,3% nel 2022), corrispondenti a circa 5,7 milioni di individui”.

Il lavoro non sempre salva dalla povertà

È colpa dei salari bassi? Ricordiamo che il governo ha impedito non solo l’approvazione ma la stessa discussione parlamentare di una norma sul salario minimo legale. È colpa della sempre maggiore precarizzazione del lavoro? Ricordiamo che con il decreto lavoro dello scorso anno la presidente Meloni e la ministra del Lavoro Calderone hanno ulteriormente tolto vincoli alla precarietà. Per contrastare questa deriva la Cgil ha promosso ben due quesiti referendari. Sarà l’uso smodato del part-time involontario che colpisce soprattutto le donne, sta di fatto che l’aumento del numero degli occupati non fa diminuire né i poveri assoluti né salva dal rischio impoverimento. Infatti si registra la diminuzione della popolazione in condizione di bassa intensità di lavoro (-9,2%), e contemporaneamente un aumento della quota di popolazione in condizione di grave deprivazione materiale e sociale (+4,4%).

Roberta Lisi

13/5/2024 https://www.collettiva.it

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