Se 55 mila firme vi sembran poche…

Da qualche anno la malattia è tornata ad essere una preoccupazione per gli italiani. La crisi economica e le restrizioni imposte alla spesa pubblica stanno mettendo in dubbio una certezza che credevamo ormai acquisita: quella di poter contare, in caso di malattia, in un sistema in grado di garantire i trattamenti necessari senza oneri a carico del beneficiario (salvo eventualmente il ticket).Le antichissime paure di non poter sostenere il costo delle cure sembravano definitivamente superate, nonostante una spesa sanitaria pubblica inferiore di circa un terzo alla media dei principali paesi dell’area Euro. 
Il caso dei farmaci per l’epatite C sta rendendo evidente che l’accesso a trattamenti efficaci è pesantemente condizionato dalla disponibilità di risorse, così come sappiamo succede da anni per altri trattamenti, come l’assistenza alle persone non autosufficienti, in particolare agli anziani. E le difficoltà che oggi si incontrano per aggiornare i Lea (che ormai risalgono al 2001), inserendo ad esempio nuovi ausili informatici per le persone con disabilità grave o il riconoscimento di oltre 100 malattie rare, è segno del rischio reale che il nostro Paese sta correndo di continuare a negare soprattutto in alcune realtà trattamenti importanti per le persone più fragili. 
Purtroppo la legge di stabilità per il 2016 sembra non invertire la rotta. 
Non si tratta tanto del mancato aumento dei finanziamenti (mancato aumento perché a legislazione vigente il fondo avrebbe dovuto aumentare di 3 miliardi, invece aumenta solo di 1 miliardo, per di più a fronte di maggiori oneri per circa 1,5 miliardi – per nuovi Lea, rinnovo dei contratti, piano vaccini e farmaci innovativi – con il risultato che per il 2016 le risorse nette si riducono di circa mezzo miliardo), ma della mancata attenzione ad alcuni temi da tempo segnalati come prossimi ad essere esplosivi.

In primo luogo la situazione del personale. La riduzione della spesa per il personale dipendente (diminuita di oltre 1,5 miliardi di euro dal 2010 al 2014) e i numerosi vincoli imposti alle aziende stanno indebolendo il servizio sanitario in tutte le regioni, elevando l’età media dei dipendenti e demotivando la principale risorsa su cui può contare un sistema di tutela della salute. Preoccupante è l’uso sempre più intensivo della forza lavoro, con turni massacranti, largo impiego di precariato, ricorso al lavoro temporaneo, penalizzazioni economiche e di carriera, fenomeni che sono stati oggetto di richiami anche dall’Europa e dalla Corte di Giustizia europea.” Così scrive – tra l’altro – Nerina Dirindin, in un articolo recentemente pubblicato su Il Sole24oreSanità.

È ormai evidente che de-finanziamento coatto accanimento verso il capitale umano sono i segni distintivi di una strategia che viene da lontano e che punta al progressivo impoverimento e – infine – alla definitiva distruzione del Servizio sanitario nazionale. In Toscana hanno cercato di nascondere il disastro in corso (vedi post Assalto finale al Servizio sanitario nazionale) dietro la cortina fumogena di una legge farlocca, la L.R. 28/2015, approvata in fretta e furia lo scorso marzo (vedi Dossier Toscana). Credevano di farla franca, ma non ci sono riusciti. I cittadini toscani non hanno accettato di fare la fine della rana bollita e si sono civilmente ribellati.  Così, in meno di due mesi, in più di 55 mila (ne bastavano 40 mila)  hanno apposto la loro firma sulla richiesta di indizione di un referendum abrogativo della suddetta legge.

“Le firme raccolte – si legge nel comunicato del comitato che ha coordinato l’impegno di tantissimi comitati locali – sono contro la Legge 28/2015, la contro-riforma della sanità toscana, ma sono anche contro i continui tagli al finanziamento della sanità pubblica, contro la progressiva riduzione del personale addetto all’assistenza, contro l’impoverimento progressivo dei servizi, contro le liste di attesa infinite, contro ticket sempre più esosi. Le firme raccolte sono contro le politiche del governatore Enrico Rossi e del PD che mirano a privatizzare la sanità e a promuovere il mercato assicurativo.” “Tutto ciò ha richiesto un enorme impegno – prosegue il comunicato -, e un grande grazie va alle centinaia di attivisti che in questi due mesi non si sono risparmiati nell’organizzare la raccolta delle firme, nel promuovere iniziative locali, nel diffondere l’informazione tra i cittadini e favorire la discussione”.

Tra le numerosissime iniziative organizzate in ogni parte della Toscana, ne va ricordata una in particolare, quella tenuta a Lucca il pomeriggio del 14 ottobre. Diluviava quel giorno e c’era il timore che la pioggia battente scoraggiasse la partecipazione.  Al contrario, la grande sala del convegno si riempì interamente di persone interessate a discutere di due temi apparentemente lontani: il TTIP e il referendum contro la legge 28/2015.  Gli onori di casa li fece Raffaello Papeschi,  a capo del comitato locale per la raccolta delle firme e anima del movimento “Lucca per una sanità migliore”, che si era battuto contro la costruzione del nuovo ospedale di Lucca, progettato e ora gestito col sistema del project financing.  Raffaello Papeschi, medico di 81 anni, con alle spalle una lunga e brillante carriera di psichiatra,  ci spiegò che c’erano diverse cose che collegavano le vicende globali (TTIP) con quelle locali (la controriforma della sanità toscana e il project financing degli ospedali, anch’esso voluto da Rossi): la spinta verso la privatizzazione e l’opacità, fino alla segretezza, delle scelte e delle decisioni. “Abbiamo richiesto invano di vedere il contratto tra ASL e concessionario del progetto, ci disse.  Abbiamo fatto ricorso al Difensore civico regionale che prima ci ha dato ragione, ma poi su ricorso dell’ASL, ha cambiato idea. Conclusione: è impossibile conoscere i termini dettagliati di un contratto che durerà 20 anni, a tutto scapito dell’ interesse pubblico”.

immagineRaffaello ci ha lasciati il giorno dopo quell’iniziativa, a causa di un malore improvviso. “Stasera siamo tutti più soli, più persi”, hanno scritto i suoi amici più cari. “Con il fragore della quercia che cade, ed un istante prima si ergeva rassicurante, ci è arrivata la notizia della tua dipartita. Ed increduli guardiamo quel vuoto di cielo squallido e sgombro dove prima ti ergevi, enorme e piccolo Raffaello. Le lacrime non bastano e neanche i pensieri. A fatica ci buttiamo nelle attività febbrili, per non ragionare, per non disperdere la tua eredità, per riuscire ad essere degni ed uomini almeno un frammento di quanto tu eri, ma affiora un ricordo, un’immagine, un canto di strada dove insieme siamo passati, e un groppo ci strozza, chiniamo a terra il viso”.

Anche noi, che abbiamo avuto il privilegio di conoscerlo e di apprezzarlo in quella sola occasione, abbiamo un debito nei suoi confronti.  Quella sera del 14 ottobre discutemmo a lungo di project financing, dei problemi comuni che avevano i quattro ospedali gestiti con lo stesso tipo di  contratto (oltre Lucca: Prato, Pistoia e Massa-Carrara), della necessità di promuovere un’iniziativa coordinata e unitaria. Conclusa la raccolta delle firme per il referendum, si convenne, ci saremmo impegnati su questo.  Ora è il momento di farlo. Grazie, Raffaello.   

Gavino Maciocco

9/11/2015 www.saluteinternazionale.info

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