Se il conflitto è globale. Intervista a P. Leonardi, neo segretario mondiale dei “pubblici”.
Si è da poco concluso a Kathmandu, in Nepal, il XII Congresso della TUI-PSEA(Trade Unions of Public Service Employees and Allied), organizzazione mondiale dei lavoratori pubblici aderente alla WFTU/FSM, la Federazione sindacale mondiale che conta 90 milioni di iscritti in 126 nazioni. Pierpaolo Leonardi, membro dell’Esecutivo nazionale USB, è stato eletto all’unanimità Segretario Generale della TUI-PSEA. Con Leonardi parliamo dello stato e delle prospettive per il movimento internazionale dei lavoratori.
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Con la tua elezione il congresso della TUI-PSEA assegna all’Usb la responsabilità della rappresentanza di 23 milioni di lavoratori pubblici in tutto il mondo: non è certo una sfida facile …
Certamente il compito che viene affidato all’USB tramite me è un compito rilevante sul piano politico, ma anche sicuramente impegnativo sul piano concreto. Oggi le condizioni materiali e politiche sono molto differenti tra un continente e l’altro. Dovremo quindi prima di tutto avviare una ricognizione per decidere, continente per continente, le priorità e le articolazioni di lotta. Bisogna saper passare dalla violenta repressione, fino all’uccisione di sindacalisti, in molti paesi dell’America latina o del Medio Oriente, ai problemi di paesi che sono veri e propri continenti, come l’India e la sua crescita economica. Il tutto mentre soffiano sempre più forti i venti della competizione interimperialista portando di nuovo le armi in primo piano – e noi sappiamo che la guerra è sempre contro i lavoratori e i popoli.
I servizi pubblici stanno ovunque subendo un attacco che delinea una complessiva riconfigurazione dello stato sociale nato dal secondo dopoguerra. qual è stata in proposito l’analisi del congresso?
Il tema del congresso era , non casualmente, la lotta alle privatizzazioni e alle scelte del capitale. Il mondo sta subendo complessivamente una fase di violenta regressione delle conquiste che il movimento di classe internazionale era riuscito a strappare in molti paesi dopo la fine della seconda guerra mondiale. A questo grande balzo in avanti nelle conquiste sociali aveva contribuito non poco, anche nei paesi occidentali, la competizione internazionale ingaggiata per tenere il passo con la strategia di sostegno ai lavoratori e alla gente comune messa in atto nei paesi allora aderenti al blocco socialista. Ora che non c’è più un modello di protezione sociale così forte da contrastare, il capitale torna a riprendersi quello che aveva dovuto concedere sotto la pressione delle lotte del movimento dei lavoratori. La crisi in atto, tutt’altro che conclusa, ha accelerato questo processo regressivo, fornendo alibi tecnici a scelte propriamente politiche. In buona sostanza, mentre nei decenni successivi al secondo dopoguerra il capitalismo aveva bisogno di mostrare un volto umano per evitare che crescesse tra i lavoratori l’interesse a quanto avveniva nei paesi socialisti in materia di protezione sociale, oggi ha gettato la maschera e torna a mostrare il suo vero volto. Le privatizzazioni dei pezzi più pregiati del welfare, lo smantellamento delle protezioni sociali universali – dalla sanità, alla previdenza, all’istruzione – per rendere inevitabile il ricorso al privato; l’aggressione ai diritti dei lavoratori e delle organizzazioni sindacali, l’uso della guerra di rapina delle risorse, sono gli strumenti di riappropriazione cui il capitale ricorre indifferentemente in ogni parte del mondo.
Quale panorama è emerso sul piano europeo ?
L’Europa vive la sua crisi più profonda, ed ovviamente a farne le spese sono i lavoratori e le masse popolari. L’Unione Europea è da considerare la malattia, e non la cura, per gli Stati Europei, soprattutto per quelli che hanno meno capacità produttiva e di esportazione dei propri prodotti e che quindi sono stati costretti a contrarre debiti enormi con gli strozzini del sistema bancario. I tagli per ripianare i debiti ovviamente si sono abbattuti sui servizi sociali e sui lavoratori e sui loro salari. I lavoratori pubblici, nei paesi più in difficoltà nel pagamento del debito – per intendersi quelli che si affacciano sul Mediterraneo – hanno subìto licenziamenti, precarizzazione, demansionamenti, blocco dei contratti, aumento dei carichi di lavoro. In particolare i sistemi sanitari, scolastici e previdenziali, in Italia come in Grecia, in Portogallo, in Spagna e nella stessa Francia, hanno subìto profonde ristrutturazioni a colpi di tagli indiscriminati, che hanno messo in ginocchio la macchina di protezione sociale faticosamente conquistata. La teoria è quella dell’insostenibilità dei costi del welfare; la realtà è che la concentrazione della ricchezza è in poche mani, mentre la maggioranza della popolazione non ha le risorse necessarie ad una vita dignitosa e che il capitale intende gestire in proprio, attraverso i processi di privatizzazione, le enormi risorse che i settori della protezione sociale mettono in circolo. La Federazione Sindacale Mondiale in Europa attualmente non ha ancora raggiunto la forza e la diffusione che invece c’è in Asia, in Africa e in America Latina, dove cioè l’esigenza di una risposta anche a livello internazionale alla brutalità degli interessi del capitale è una necessità molto più sentita. La FSM paga anche un certo burocratismo che l’aveva caratterizzata, soprattutto in Europa nella seconda metà del Novecento, che spetta a noi invece rimuovere, promuovendo una lettura dinamica e moderna dell’esercizio dello scontro di classe in paesi a capitalismo avanzato come quelli europei. Comunque la realtà sociale si sta rapidamente modificando e anche in Europa si aprono nuovi scenari e nuove contraddizioni, che inevitabilmente rafforzano la necessità della costruzione di un’ipotesi avanzata e di classe che passi anche attraverso la solidarietà internazionale del movimento dei lavoratori. Noi lavoreremo per contribuire a costruirla.
Quali obiettivi d’azione si è dunque data la TUI-PSEA?
Gli obiettivi sono quelli che il movimento internazionale dei lavoratori persegue da tempo e che oggi sono ancora più messi in discussione. Un sistema di protezione sociale moderno ed efficiente che sia universale e di qualità, che non può ottenersi senza il contributo della forza delle lotte di coloro che in quei settori lavorano, per sconfiggere la precarietà, avere giusti salari, impedire le privatizzazioni e aumentare l’occupazione; per riconquistare diritti individuali e collettivi, difendere il diritto di sciopero, che in molti paesi, con graduazioni diverse, è sotto l’attacco del padronato e dei governi. Ma una organizzazione internazionale dei lavoratori non deve mai dimenticare la lotta senza quartiere alla guerra, per l’autodeterminazione dei popoli contro ogni ingerenza armata, perché le conseguenze delle guerre ricadono inevitabilmente sui lavoratori e le masse popolari. E’ sempre accaduto che durante le guerre ci sia anche un “fronte interno” di riduzione dei diritti dei lavoratori e delle masse popolari. I venti di guerra che spirano da più parti, soprattutto in medio oriente e in Europa, ci obbligano a mettere al centro anche questo importante problema
Torniamo in Italia, dove i lavoratori pubblici andranno presto ad eleggere i loro rappresentanti rsu: potrebbe essere questo il giro di boa di cui i lavoratori e le lavoratrici del settore hanno bisogno?
In tutto il mondo le organizzazioni aderenti alla Federazione Sindacale Mondiale si confrontano periodicamente sul piano elettorale con le organizzazioni aderenti alla Confederazione Internazionale dei Lavoratori (ITUC, la ex Cisl Internazionale) che raggruppa le organizzazioni e le confederazioni collaborazioniste, ad esempio in Italia vi aderiscono Cgil, Cisl e Uil. Il confronto elettorale serve sempre, ovunque, a diradare le nebbie e a rafforzare l’identità delle organizzazioni. Quasi sempre dal confronto elettorale esce rafforzata, quando non decisamente vincente, l’ipotesi di sindacato conflittuale e di classe. Noi ovviamente ci auguriamo che anche in Italia alle elezioni prossime per il rinnovo delle Rappresentanze Sindacali Unitarie ci sia una forte affermazione dei programmi e delle liste dell’USB. Scontiamo ovviamente una legge elettorale costruita su misura per favorire le organizzazioni concertative e quindi il confronto elettorale non è mai alla pari, però confidiamo molto nel lavoro che abbiamo fatto in questi quattro anni e nel fatto che i lavoratori si riconoscono nelle nostre lotte. E’ talmente cresciuta la forza e la visibilità in tutto il mondo del lavoro della nostra organizzazione che i padroni e i sindacati collaborazionisti stanno cercando di introdurre ulteriori elementi di riduzione degli spazi e delle agibilità sindacali anche nel settore privato attraverso l’accordo infame del 10 gennaio 2014 che noi stiamo contrastando e avversando con ogni mezzo. Un successo, che noi auspichiamo e riteniamo possibile, dell’USB nelle elezioni del Pubblico Impiego darebbe ancora più forza alla nostra battaglia per la democrazia e il pluralismo in tutti i luoghi di lavoro, pubblici e privati.
Rossella Lamina
18/2/2015 www.contropiano.org
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