SE LO DICE LA NATO

Ho sempre nutrito una vera e propria idiosincrasia nei confronti dei più popolari “modi di dire” e delle classiche “frasi fatte” perchè ritengo che, di norma, finiscano con il rappresentare solo l’ancora di salvezza e l’amara consolazione – rispetto a riflessioni tardive e general/generiche giustificazioni ad errori ed omissioni – per soggetti incapaci e/o poco disponibili a riconoscere i propri errori.

Di una cosa, però, sono sempre stato assolutamente sicuro: “Il tempo e galantuomo” !
Lo è nel senso che il suo trascorrere – lento ma inesorabile – realizza, prima o poi, le condizioni ideali per stemperare gli animi, attenuare gli istinti e raffreddare le prorompenti passioni umane; lasciando spazio all’oggettività.
La situazione più o meno perfetta e, direi, ideale per consentire un confronto di merito più pacato ed approfondito perchè, come spesso accade, supportato da ulteriori elementi di conoscenza. In questo senso, considero una conferma ciò che scrive – a proposito del conflitto russo/ucraino – Benjamin Abelowin, in un articolo pubblicato (1) appena qualche giorno fa.

Lo storico statunitense scrive che, rispetto alla questione, esistono due narrazioni, nettamente distinte tra loro.
Secondo la prima, il “mostro” Putin veniva qualificato un aggressore di stampo hitleriano che intendeva ristabilire l’impero sovietico assorbendo l’Ucraina e, non soddisfatto, minacciare i paesi baltici, la Polonia e la stessa Finlandia.
Trattasi, in sostanza, del mantra che ci è stato propinato a partire dal momento in cui la Russia ha, oggettivamente, aggredito l’Ucraina.

Rilevo che, a partire da quel momento, è stata avviata – a qualsiasi livello e con toni sempre più elevati ed aggressivi – una fase di vera e propria criminalizzazione di Putin e di tutto ciò che avesse attinenza con la Russia. Fino ad arrivare a livelli inverosimili e, a mio avviso, di inequivocabile stampo fascista, quali, ad esempio: bruciare libri e boicottare scrittori ed artisti con la sola colpa di essere compatrioti del diabolico Putin.

L’altra versione, che, nel nostro Paese, è sempre stata condivisa da uno sparuto ma tenace gruppo di persone – il sottoscritto tra queste – e continua a contare nel così tanto vituperato Prof. Alessandro Orsini quale primo e più eccellente sostenitore, affermava, invece, che la Russia avesse invaso l’Ucraina perchè, dopo la progressiva adesione all’ Alleanza atlantica, da parte di quasi tutti i Paesi appartenenti all’ex “Patto di Varsavia”, l’Occidente era percepito quale concreta minaccia.
Secondo questa logica, Putin si sarebbe quindi ritrovato nell’identica condizione dell’allora Presidente (democratico) Usa John Kennedy che, nell’ottobre del 1962, pretese la rimozione dei missili sovietici dalle basi di Cuba. Giusto per evitare la presenza di nemici armati “nel cortile di casa”. Così come – evidentemente, in questa occasione – la Russia rispetto alla confinante Ucraina anch’essa nella Nato!

Quale, tra le due, fosse la versione più attendibile e rispondente alle realtà, lo ha platealmente e definitivamente confermato – anche se per effetto di quella che, da fonte autorevole (2), è stata definita una “gaffe di Washington” – lo stesso Segretario Generale della Nato intervenendo, all’inizio dello scorso mese, alla Commissione Affari Esteri del Parlamento Europeo.
In quella sede, infatti, così si espresse Jens Stoltenberg: “Il Presidente Putin ha dichiarato nell’autunno del 2021, e in realtà ha inviato una bozza di trattato che voleva che la Nato firmasse, di non promettere più (evidentemente, ad altri Paesi ex Urss) alcun allargamento della Nato…..Naturalmente, non l’abbiamo firmato. Voleva che firmassimo quella promessa, di non allargare mai la Nato. Abbiamo rifiutato. Così è entrato in guerra per impedire che la Nato, ancora più Nato, si avvicinasse ai suoi confini. Ha ottenuto l’esatto contrario”.

Un clamoroso autogol, dunque, che rende – tardivamente, ma finalmente – giustizia a chi, al pari del sottoscritto, è stato etichettato, nella migliore delle ipotesi quale servo del Cremlino e, nel più benevolo dei casi, sostenitore delle stragi di donne e bambini “ucraini”. Come se si trattasse di cosa diversa dalle donne e dai bambini “russi” o – come tragicamente accade mentre scrivo – dalle donne, bambini ed altre innocenti vittime “palestinesi”, rispetto a quelle “israeliane”!
Al riguardo, aggiungo di ritenere opportuno esprimermi in termini di “autogol” perché, in effetti, a chi avesse avuto sinceramente a cuore la verità – piuttosto che sostenere la propaganda di Washington e condividere il miserevole appiattimento alle posizioni Nato dei nostri inqualificabili politicanti – sarebbe stato sufficiente approfondire le strane vicende che hanno caratterizzato gli ultimi dieci anni di storia della politica dell’Ucraina che, a partire dal dopo Janukovyc, ha subito pesantissime ingerenze Usa, per rendersi facilmente conto della realtà.

Senza, peraltro, dimenticare una serie di documenti (3) – comunque, in qualche modo, di dominio pubblico – attraverso i quali, alla fine dello scorso secolo (e parliamo, quindi, di circa 30 anni prima dell’aggressione all’Ucraina), autorevoli esperti, tra diplomatici, militari e studiosi Usa, sostenevano che l’allargamento della Nato avrebbe prodotto “il peggior disastro di politica estera dell’intero periodo post Guerra Fredda”.

Tutto ciò – con la ferma determinazione e, sottolineo, con la consapevole certezza che ciò avrebbe prodotto l’inevitabile reazione di un’altra potenza mondiale che, in quanto tale, neanche a volerlo avrebbe potuto ignorare una provocazione di tale livello – è stato, irresponsabilmente ed irrimediabilmente, ignorato!
Naturalmente, quando, a posteriori, l’evolversi delle situazioni e la realtà dei fatti concorrono a confermare la legittimità delle proprie considerazioni e la giustezza delle posizioni precedentemente assunte – rispetto ad interlocutori di tutt’altro avviso e portatori di tesi contrapposte – potrebbe, evidentemente, sorgere la tentazione di lasciarsi andare al classico “Lo avevo detto io”.

Non è questo, però, il mio caso perché, sebbene non sempre la reputi condivisibile, comprendo l’opportunità di giustificare la posizione di coloro che: a) pretendevano di partecipare al confronto nonostante la scarsa, se non assoluta, conoscenza dei fatti (al pari di “quei quattro amici al bar”), b) assumevano posizioni dettate dal prevalere del sentimentalismo e delle emozioni prodotte dai media (i cruenti ed insopportabili scenari di guerra), c) esprimevano un giudizio figlio di posizioni politiche “a prescindere”, che non lasciavano alcuno spazio all’analisi dei fatti, d) ignorando le parole (4) di Giordano Bruno, si associavano, per pigrizia mentale, alla posizione assunta dalla maggioranza, e) in ossequio al nostro carattere nazional/popolare, cui si accompagna sempre la giusta dose di ignavia, si esprimevano – a favore degli uni o degli altri e relativamente alle reciproche e legittime ragioni – attraverso il classico tifo da stadio; senza se e senza ma.
Considero, però, assolutamente ingiustificabili i bias cognitivi e gli argumentum ad hominem cui ricorrevano coloro che, invece – tra la quasi totalità dei nostri politicanti, la stragrande maggioranza (5) dei pennivendoli italiani (da quelli de “Il Corriere” ai colleghi de “La Repubblica”), politologi vari, addetti ai lavori, esperti e pseudo tali, oltre l’infinito numero di soggetti preda dell’effetto Dunning-kruger (6) – ritenevano di essere abilitati ad emettere sentenze, emanare scomuniche e pretendere solenni abiure.
Consiglierei, a tutti costoro, di evitare qualsiasi tipo di replica e, piuttosto, meditare; in opportuno e doveroso silenzio!

NOTE

1-Fonte “E’ stata la Nato: e lo dice la Nato”; pubblicato da “Il Fatto Quotidiano” dell’8 c.m.
2- Jeffrey Sachs, un economista della Columbia University
3- A cura di Paul Nitze, che ha guidato la politica militare Usa nel corso della c.d. “Guerra Fredda”.
4- E’ stoltissimo credere per abitudine, è assurdo prendere per buona una tesi solo perché un gran numero di persone la giudica vera”
5- Con la lodevole eccezione di Marco Travaglio e di coloro che collaborano con il quotidiano “Il Fatto Quotidiano”
6- Trattasi di una distorsione cognitiva che induce, chi ne è affetto,a sopravvalutare le proprie abilità e conoscenze rispetto a un argomento, considerandosi un “esperto”

Renato Fioretti

Collaboratore redazionale di Lavoro e Salute

13/10/2023

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