Se Stati Uniti e Israele sono gli unici paesi al mondo che vogliono l’embargo su Cuba

Il 2 novembre il mondo ha votato con 187 voti favorevoli e 2 contrari ad una risoluzione non vincolante dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite per la fine dell’embargo illegale degli Stati Uniti contro Cuba (in esistenza dal febbraio 1962). Solo Israele ha sostenuto Washington, mentre l’Ucraina è stato l’unico paese ad astenersi. I responsabili della politica estera statunitense parlano spesso di “ordine internazionale basato su regole” ed etichettano altri paesi come “stati canaglia” se a Washington non piacciono le loro politiche. Ma uno sguardo ai voti alle Nazioni Unite su Cuba (e non solo) mostra chiaramente che gli Stati Uniti si oppongono costantemente alla volontà dell’intera comunità internazionale. Per Cuba l’embargo statunitense ha conseguenze catastrofiche sul piano economico e sociale, determinando una crisi economica e spingendo centinaia di migliaia di cubani verso la migrazione negli Stati Uniti.

Sono 31 anni consecutivi che la stragrande maggioranza del mondo vota la stessa risoluzione non vincolante per la fine dell’embargo commerciale, economico e finanziario illegale contro Cuba (conosciuto anche come el bloqueo) da parte degli Stati Uniti all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite. Il 2 novembre 187 Stati hanno votato sì e solo due – Stati Uniti e Israele – hanno votato no, mentre l’Ucraina si è astenuta1. L’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha condannato l’embargo in quanto misura extraterritoriale che viola “l’uguaglianza sovrana degli Stati, il non intervento nei loro affari interni e la libertà di commercio e di navigazione come fondamentali per la condotta degli affari internazionali

Washington mantiene un blocco soffocante contro Cuba da più di 60 anni con il chiaro obiettivo di “provocare la fame, la disperazione e il rovesciamento del governo”. L’embargo statunitense ha privato il paese di circa $ 159 miliardi (che considerando il valore dell’inflazione sarebbero $ 1,3 trilioni), ovvero circa il 150% dell’intero PIL di Cuba. Impedisce a Cuba di importare determinate tecnologie, parti di macchinari, medicinali e persino alimenti, nonostante la fuorviante affermazione di Washington di avere “esenzioni umanitarie” – un gioco di prestigio retorico che in realtà non si applica quando le aziende straniere temono sanzioni secondarie e quindi non corrono il rischio di commerciare con Cuba. Le sanzioni illegali statunitensi rendono estremamente difficile per Cuba l’accesso ai finanziamenti internazionali e interrompono la comunicazione con molte banche straniere avverse al rischio2. Il blocco statunitense ha contribuito direttamente a molte morti prevenibili di cubani, che sono morti perché il loro paese non è stato in grado di importare medicinali specifici, attrezzature mediche o parti di macchine necessarie per curarli. In risposta, gli scienziati e gli ingegneri cubani hanno sviluppato i propri ventilatori, proprio come hanno prodotto i propri vaccini contro il CoVid-19.

In un cablogramma interno del Dipartimento di Stato del 1960, l’anno dopo il trionfo della Rivoluzione cubana guidata da Fidel Castro, i massimi diplomatici statunitensi ammettevano con rammarico che “la maggioranza dei cubani sostiene Castro” e che “non esiste un’opposizione politica efficace”. Il Dipartimento di Stato americano aveva quindi concluso: “L’unico mezzo possibile per alienare il sostegno interno è attraverso il disincanto e la disaffezione basati sull’insoddisfazione e sulle difficoltà economiche. Se quanto sopra viene accettato o non può essere contrastato con successo, ne consegue che si dovrà adottare tempestivamente ogni mezzo possibile per indebolire la vita economica di Cuba. Se si adottasse una tale politica, dovrebbe essere il risultato di una decisione positiva che susciterebbe una linea d’azione che, pur essendo la più abile e poco appariscente possibile, faccia il massimo passo nel negare denaro e forniture a Cuba, per diminuire le risorse monetarie e salari reali, per provocare fame, disperazione e rovesciamento del governo”.

Le leggi che autorizzano il blocco statunitense includono il Trading with the Enemy Act del 1917, il Cuban Democracy Act del 1992 (Torricelli Law) e il Cuban Liberty and Democratic Solidarity Act del 1996 (Helms-Burton Law). Le azioni esecutive intraprese dall’amministrazione Kennedy con il “Proclama 3447” del 7 febbraio 1962 (7 mesi prima della crisi dei missili) per ampliare le restrizioni già imposte dall’amministrazione Eisenhower (ottobre 1960) e attuare il blocco sono state fondamentali per il modo in cui tale politica influisce su Cuba. Durante la Guerra Fredda, per sopravvivere Cuba aveva trovato sostegno nell’URSS. Dopo la fine della Guerra Fredda Bush Sr. prima nel 1992 e poi Clinton nel 1996 hanno anche inasprito le restrizioni, ma a Cuba è venuto in soccorso il Venezuela di Chavez. Quando poi Caracas ha conosciuto la gravissima crisi, di nuovo Cuba ha trovato l’aiuto della Russia e della Cina.

L’amministrazione Obama aveva allentato molte misure del blocco (a partire dal 13 aprile 2009) e il 17 dicembre 2014 aveva anche annunciato l’intenzione di porvi fine3. Il presidente Trump ha invece aggiunto 243 nuove misure fino a che non ci saranno “libere elezioni” nell’isola, con effetti disastrosi4. L’amministrazione Biden le continua a portare avanti nonostante abbia annunciato di voler tornare alle posizioni di Obama5. L’embargo riguarda prevalentemente il solo commercio bilaterale USA-Cuba e non il commercio tra Cuba e la comunità internazionale; comunque le aziende che intrattengono rapporti con gli USA, ma vendono beni a Cuba, lo fanno con il rischio di possibili sanzioni degli Stati Uniti. Il Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti, infatti, impone pesanti multe agli esportatori di paesi terzi che non rispettano le sue regole, per cui spesso questi non vendono a Cuba. Poiché il Dipartimento del Tesoro vieta alle banche straniere di utilizzare dollari statunitensi, le istituzioni finanziarie internazionali raramente concedono prestiti a entità cubane e sono riluttanti a gestire dollari statunitensi nelle transazioni che coinvolgono Cuba. Il governo degli Stati Uniti ha recentemente utilizzato come arma le sue non provate accuse secondo cui Cuba è uno Stato che sponsorizza il terrorismo (per questo inserito nella “lista nera” da Trump). La legislazione in materia ha concesso al governo degli Stati Uniti l’autorità di penalizzare qualsiasi settore finanziario e bancario internazionale abbastanza audace da intrattenere rapporti con Stati così designati.

Prima del voto di quest’anno decine di delegati in rappresentanza degli Stati membri dell’ONU si sono espressi contro il blocco. Il ministro delle Relazioni Estere di Cuba, Bruno Rodríguez Parrilla, si è rivolto all’Assemblea Generale, insistendo che il blocco statunitense interferisce con “il diritto alla vita, alla salute, al progresso e al benessere di ogni famiglia cubana”. Ha spiegato che le perdite finanziarie di Cuba derivanti dal blocco riflettono fattori come l’alto costo di sostituzione dei beni esclusi dal blocco con beni più costosi e/o con costi di trasporto più elevati. Le perdite prendono anche la forma di una generale mancanza di materiali, beni e servizi necessari. E “le barriere che Cuba deve affrontare per ottenere l’accesso alla tecnologia avanzata” portano a perdite monetarie. Il ministro ha sottolineato che “settori come l’agricoltura e l’energia incontrano seri ostacoli nell’acquisizione di pezzi di ricambio o macchinari”. Ha citato esempi di carenze legate al blocco, come la carenza estrema di benzina e petrolio, la negazione ai malati di cancro di “trattamenti e farmaci di prima linea” e la mancanza di ventilatori respiratori e di ossigeno medicinale normalmente disponibile all’estero agli operatori sanitari e ai loro pazienti.

Nel luglio 2023, il Ministero degli Esteri cubano ha pubblicato un rapporto per gli Stati membri delle Nazioni Unite, in cui descriveva in dettaglio come le sanzioni illegali statunitensi abbiano devastato il Paese. Nell’anno dal 1 marzo 2022 al 28 febbraio 2023, Cuba ha stimato che il blocco statunitense ha causato perdite per $ 4,87 miliardi, ovvero circa $ 13 milioni al giorno. Si tratta di un duro colpo economico per una piccola nazione insulare il cui PIL supera di poco i $ 100 miliardi.

Cuba ha calcolato che “ai prezzi attuali, le perdite accumulate durante gli oltre 60 anni di applicazione di questa politica ammontano a $ 159.084.300.000”, ovvero circa il 150% del PIL. Inoltre, l’Avana ha affermato che la crescita del PIL nel 2022 sarebbe stata probabilmente del 9%, se non fosse stato per l’embargo illegale degli Stati Uniti. “Il blocco provoca direttamente danni estremi attraverso gli effetti combinati delle sue varie misure, perseguendo il suo obiettivo crudele e pratico di privare il Paese dell’afflusso di fondi essenziali per l’acquisto di cibo, forniture, attrezzature, pezzi di ricambio, tecnologie e software”, afferma il rapporto. “Nessun altro paese è stato obbligato ad intraprendere un programma sociale e di sviluppo in condizioni così prolungate e sistematiche di ostilità da parte della più grande potenza della storia umana”, ha scritto il governo cubano.

Il blocco costituisce una violazione massiccia, flagrante e sistematica dei diritti umani di tutti i cubani. Per il suo scopo esplicito e per le strutture politiche, giuridiche e amministrative su cui si basa, costituisce un atto di genocidio ai sensi della Convenzione per la prevenzione e la repressione del crimine di genocidio del 1948“, ha aggiunto L’Avana. Cuba ha notato che più dell’80% della sua popolazione attuale non ha idea di come sarebbe la vita senza il blocco statunitense.

Un altro rapporto indica che tra agosto 2021 e febbraio 2022, le perdite nei settori energetico e minerario sono ammontate a $ 185,5 milioni, nel settore agricolo a $ 270,9 milioni; e nel settore bancario e finanziario, $ 280,8 milioni. Tra gennaio e luglio 2021, le perdite sono state di $ 113,5 milioni nel settore sanitario; $ 30,6 milioni nell’istruzione; e $ 31,3 milioni nel settore dei trasporti. Le vite dei cubani sono duramente colpite:

– durante l’ultimo anno scolastico, il governo cubano non aveva carta sufficiente per “stampare e assemblare libri e quaderni per gli studenti”, in parte perché un produttore di carta canadese non concedeva credito. Attualmente, secondo il notiziario Granma, non vengono prodotti libri scolastici a causa della mancanza di materiali e pezzi di ricambio;

– la mancanza di accesso a prodotti e attrezzature di marchi ad alte prestazioni, così come a pezzi di ricambio, ostacola il settore delle telecomunicazioni cubane, facilitando così la strada ai concorrenti statunitensi ed europei per servire gli utenti cubani.

Sebbene il blocco sia costato carissimo a Cuba, non ha impedito il consolidamento del regime politico e l’implementazione delle sue politiche di ispirazione socialista. La Banca Mondiale ha riferito che nel 2020, nonostante il duro blocco e la pandemia di CoVid-19, il governo di Cuba ha speso l’11,5% del PIL per l’istruzione, mentre gli Stati Uniti hanno speso il 5,4%. Non solo tutte le scuole sono gratuite per i bambini cubani, ma tutti i bambini cubani ricevono i pasti a scuola e le loro uniformi. Al momento alcune scuole sono chiuse o fanno orario ridotto perché non hanno niente da dare da mangiare agli studenti. Perfino negli ospedali manca il necessario, comprese le medicine.

Anche l’educazione medica è gratuita a Cuba, creando un elevato rapporto medico-paziente di 8,4 medici e 7,1 infermieri ogni 1.000 cubani. In campo sanitario Cuba pratica l’internazionalismo, attuando programmi di cooperazione con diversi paesi (dal Venezuela al Brasile, all’Italia/Calabria) tesi ad affrontare la mancanza di un’assistenza sanitaria adeguata nelle comunità più povere delle città e delle aree marginali e rurali. Nell’ambito di questi programmi sono oltre 100 mila i medici e gli infermieri cubani che hanno prestato e prestano servizio all’estero sulla base di accordi con il governo cubano. Generalmente, l’Avana riceve il 75% degli stipendi dei medici, destinando queste risorse al funzionamento del sistema sanitario nazionale gratuito a Cuba. Un tipo di accordo che è operativo in oltre 60 Paesi con circa 50 mila lavoratori sanitari cubani ed entrate annuali stimate in oltre $ 6 miliardi per il governo cubano.

Le prospettive di un cambiamento nelle politiche statunitensi nei confronti di Cuba forse sono destinate a migliorare. Un recente rapporto ha documentato il ruolo principale del blocco nel promuovere l’emigrazione cubana negli Stati Uniti – passando attraverso il Nicaragua, anch’esso, come Cuba e Venezuela, sotto embargo USA. Cuba, Venezuela e Nicaragua attualmente riforniscono la maggior parte dei migranti che entrano negli Stati Uniti. Le sanzioni statunitensi causano condizioni di vita disperate e quindi le persone se ne vanno in massa. Le principali cause strutturali della migrazione hanno dunque origini politiche – le politiche unilaterali e coercitive provenienti dall’esterno (USA) – che hanno catastrofici effetti economici e sociali, a cui si aggiungono gli effetti sempre più negativi del cambiamento climatico.

Ogni giorno centinaia di cubani partono con dei voli charter da Cuba verso il Nicaragua (che dal 2021 non richiede visto ai migranti cubani e quindi rimane la via più semplice per arrivare sul continente) per poi proseguire via terra verso gli Stati Uniti in un viaggio di 2.400 km. Sebbene Key West in Florida si trovi a poco più di 90 miglia via mare da Cuba, il percorso è considerato rischioso e, a differenza del viaggio attraverso il Messico (fissando un appuntamento per una richiesta di asilo tramite un’app del governo statunitense, CBP One, a cui i migranti possono accedere dal Messico dal gennaio 2023), non offre percorsi legali per l’ingresso. Ci sono anche altri modi per entrare legalmente negli USA, ma c’è bisogno di soldi o di un membro della famiglia fuori dal paese che fa da sponsor e così poter partecipare ad un programma di ricongiungimento familiare (circa 20mila all’anno) o ad un programma per i rifugiati (per circa 5mila visti) introdotto dall’amministrazione Biden a gennaio (entrambi con liste di attesa e tempi molto lunghi). Gli Stati Uniti, la principale destinazione dei migranti cubani, dal 2022 hanno aumentato i percorsi legali di migrazione per i cubani, compreso l’accesso al visto all’Avana, nel tentativo di ridurre la migrazione illegale.

Secondo le statistiche del governo degli Stati Uniti, nel mese di settembre sono stati intercettati circa 10.700 cubani al confine tra Stati Uniti e Messico, rispetto ai circa 6.200 del mese precedente. I livelli di arrivi alle frontiere, tuttavia, sono ancora inferiori rispetto a un anno fa, quando esistevano meno vie legali per presentare domanda dall’estero. Negli ultimi due anni c’è stato un esodo di oltre 400mila cubani verso gli Stati Uniti, poco meno del 5% del totale della popolazione (11 milioni).

Alessandro Scassellati

15/11/2023 https://transform-italia.it/

  • Nel 2022 i voti sono stati 185 sempre contro due, ma con due astensioni. A quel tempo, il Brasile era governato dal leader di estrema destra, filo-americano, Jair Bolsonaro, e si astenne. Ma ora che il presidente di sinistra del Brasile Lula da Silva è tornato al potere, si è unito al resto della comunità internazionale per opporsi alle sanzioni illegali statunitensi. Israele è l’unico paese che regolarmente si unisce agli Stati Uniti nel votare contro la risoluzione. Altri paesi che hanno votato contro la risoluzione in passato includono la Romania nel 1992, l’Albania e il Paraguay nel 1993, l’Uzbekistan dal 1995 al 1997, le Isole Marshall dal 2000 al 2007, Palau dal 2004 al 2009 poi una volta nel 2012, e il Brasile nel 2019. In reazione al voto, il presidente cubano Miguel Díaz-Canel ha proclamato “una nuova vittoria per il popolo cubano e la sua Rivoluzione!” Ha sottolineato “il trionfo della dignità e l’audacia del nostro popolo” ed ha espresso gratitudine per “il riconoscimento e il sostegno della comunità internazionale all’eroismo e alla resistenza di Cuba”. A settembre il governo cubano aveva organizzato e presieduto all’Avana il vertice del G77+Cina con grande successo diplomatico e politico. Il G77 è nato nel 1964 dal Movimento dei Paesi non Allineati e oggi ne fanno parte 134 paesi (più del 70% dei 193 che formano l’ONU) che raccolgono più dell’80% della popolazione mondiale. Il vertice è stato focalizzato su obiettivi –sviluppo sostenibile, tecnologia e innovazione e sicurezza – che facciano aumentare la capacità negoziale dei paesi del Sud Globale a livello mondiale in tema di questioni sostanzialmente economiche. Cuba è entrata nel G 77 nel 1971, prima ne era esclusa per l’opposizione di vari governi sudamericani satelliti degli USA. Fin dall’inizio, per volontà di Fidel Castro ha rappresentato una colonna della linea di cooperazione Sud-Sud per contribuire a uno sviluppo inclusivo. La sua diplomazia ha dimostrato di avere prestigio e capacità di articolare consensi in scenari multilaterali di grande complessità. La solidarietà dell’Avana nella cooperazione medica (campagna contro l’Ebola, vaccini contro il Covid) e in caso di disastri naturali ha aumentato il prestigio dell’isola.[]
  • Cuba è membro dell’Organizzazione Mondiale del Commercio dal 1995. L’Unione Europea è il principale partner commerciale di Cuba e gli Stati Uniti sono il quinto maggiore esportatore verso Cuba (il 6,6% delle importazioni cubane proviene dagli Stati Uniti). Il governo cubano, tuttavia, deve pagare in contanti tutte le importazioni alimentari dagli Stati Uniti, poiché non è consentito il credito. Gli Stati Uniti detengono crediti finanziari per un valore di $ 6 miliardi nei confronti del governo cubano (il valore delle compensazioni per le nazionalizzazioni dei beni di proprietà di cittadini e imprese statunitensi). La posizione pro-embargo è che l’embargo statunitense è, in parte, una risposta per questi crediti finanziari non saldati.[]
  • Tuttavia, per poter effettivamente rimuovere l’embargo, sarebbe stato necessario il voto favorevole del Congresso, allora controllato dal Partito Repubblicano, che era contrario. Per cui non se ne fece nulla.[]
  • Il 16 giugno 2017, il Presidente Trump ha emesso un Memorandum Presidenziale sulla Sicurezza Nazionale (NSPM) sul rafforzamento della politica degli Stati Uniti verso Cuba. L’8 novembre 2017, i Dipartimenti di Stato, Commercio e Tesoro hanno annunciato alcune modifiche per attuare l’NSPM di giugno 2017 del Presidente.[]
  • L’ambasciatore statunitense Paul Folmsbee ha sostenuto che “le sanzioni sono uno degli strumenti nel nostro più ampio sforzo verso Cuba per far avanzare la democrazia e promuovere il rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali a Cuba”. Folmsbee sostiene che “circa 1.000 prigionieri politici rimangono dietro le sbarre a Cuba, più che in qualsiasi momento della storia recente di Cuba. Quasi 700 di queste detenzioni sono dovute allo storico 11 luglio 2021, le proteste durante le quali membri della società civile, compresi i difensori dei diritti umani, nonché minorenni, esercitarono la loro libertà di espressione e il diritto di riunione pacifica. Condividiamo il sogno del popolo cubano di avere democrazia a Cuba e ci uniamo ai partner internazionali nel chiedere al governo cubano di rilasciare immediatamente tutte le persone ingiustamente detenute”. L’analista cubana Claudia Fonseca Sosa ha recentemente suggerito al presidente Biden “modifiche sostanziali” dei metodi per portare avanti la sua politica. Potrebbe autorizzare “l’esportazione di prodotti statunitensi verso settori chiave dell’economia cubana” e di forniture e attrezzature mediche verso l’isola per aiutare nella fabbricazione di prodotti biotecnologici. Biden potrebbe consentire alle aziende statunitensi di investire a Cuba e consentire ai cittadini statunitensi di ricevere cure mediche lì.[]
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