Serve una legge per la cessazione
della produzione e dell’impiego dei PFAS

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Le sostanze poli e perfluoroalchiliche (PFAS) sono composti organici formati da una catena alchilica di lunghezza variabile (in genere da 4 a 14 atomi di carbonio) totalmente fluorurata e da un gruppo funzionale idrofilico, generalmente un acido carbossilico o solfonico.

Le molecole più utilizzate e note di questa famiglia sono l’acido perfluoroottansolfonico (PFOS), l’acido perfluoroottanoico (PFOA) e più recentemente i composti ADV e cC6O4.

Le loro proprietà e caratteristiche chimiche hanno conseguenze negative sull’ambiente e sulla salute umana a causa della loro persistenza e mobilità e sono state rilevate in concentrazioni significative negli ecosistemi e negli organismi viventi.

I PFAS sono particolarmente presenti nelle aree di pregressa produzione (ad esempio in Veneto, Trissino, stabilimento Miteni) e in quelle di attuale produzione e utilizzo (ad esempio Alessandria, stabilimento Solvay), ma la loro progressiva diffusione riguarda l’intero territorio nazionale.

Le ricerche condotte dall’equipe del professor Carlo Foresta hanno permesso di identificare numerosi meccanismi biologici che sottendono le manifestazioni cliniche associate all’esposizione a PFAS: ridotta fertilità maschile e femminile, ritardo del menarca, ridotta densità ossea, riduzione dei parametri antropometrici e genitali indicativi di un’azione inibente sul testosterone.

Sulla base di queste evidenze, la comunità scientifica ha riconosciuto gli effetti dei PFAS come interferenti endocrini e metabolici nell’uomo, promuovendo attività di sensibilizzazione con l’obiettivo di considerare tali sostanze suscettibili di approfondimenti tossicologici, normativi e legislativi.

La ricerca chimica per individuare alternative ai PFAS non può basarsi su piccole modificazioni di molecole già note.

Al contrario, tali molecole devono essere abbandonate e vietate e devono essere individuati sostituti, la cui attività biologica sia valutata ancor prima della loro immissione nella produzione industriale.

Del problema dei PFAS si è recentemente occupata la Commissione parlamentare Ecoreati, ma anche l’Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU) e l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS).

A livello legislativo pare essere molto interessante il Disegno di Legge 2559 (https://www.senato.it/leg/18/BGT/Schede/Ddliter/testi/54843_testi.htm) presentato lo scorso mese di marzo dal Senatore Mattia Crucioli, che stabilisce che sono vietati l’uso, la commercializzazione e la produzione di PFAS o di prodotti contenenti PFAS, con la sola deroga, limitata al 2025, per una quantità massima di 1.000 chilogrammi annui, per utilizzi non sostituibili con prodotti equivalenti già disponibili, previa autorizzazione del Ministero della transizione ecologica, di concerto con il Ministero dello sviluppo economico e il Ministero della salute.

Inoltre il Disegno di Legge stabilisce che i limiti per la presenza di PFAS negli effluenti liquidi e gassosi sono fissati a zero, inteso come la minima quantità tecnicamente rilevabile.

Infine esso detta norme per la realizzazione di misure di decontaminazione e di bonifica delle aree interessate dall’inquinamento da PFAS, per la ricerca finalizzata alla individuazione di materiali sostitutivi, alla riconversione produttiva e per il controllo sull’inquinamento.

L’esame di questo provvedimento è ora in corso presso la 13ª Commissione permanente Territorio, ambiente, beni ambientali.

Michela Sericano

Legambiente Ovadese Valli Orba e Stura

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