si chiamano omicidi questi morti nella guerra unilaterale contro i lavoratori

Sono i numeri di una guerra, sono i numeri ufficiali che non considerano tante altre morti nascoste, specie nell’agricoltura del caporalato o nelle piccole imprese dove se muore un clandestino basta nasconderne le cause.

Di fronte a questo massacro quotidiano delle domande sono d’obbligo, morale, civile e politico, a chi ha il dovere costituzionale e sociale di intervenire, almeno come forza di mediazione contro la spudorata arroganza dei datori di lavoro che oggi hanno potere assoluto sulle condizioni di vita delle persone.

Perché il lavoro deve annientare la persona, spesso ucciderla? Perché organizzazione del lavoro e sicurezza viaggiano su binari inconciliabili?

Chi ne è responsabile? Lo Stato, la Politica, il sindacato, l’amministrazione pubblica, l’Impresa, il Mercato?

Chi calpesta la tutela Costituzionale del lavoro?

Cosa dobbiamo chiedere: risarcimento, sanzione penale, o prevenzione?

Nelle attuali dinamiche involutive del rapporto di lavoro e delle relazioni professionali, gerarchiche e interpersonali la tutela della salute, intesa come sicurezza psicofisica, nei luoghi di lavoro non è affatto migliorata. Le norme vigenti hanno peggiorato quelle precedenti che di fatto non erano rispettate nella loro integrità; insomma, siamo molto lontani da una reale prevenzione. Domanda al sindacato: che fare oltre che indignarsi?

In Italia si continua a morire come si moriva 50 anni fa. Come 50 anni fa evidentemente il diritto alla salute sui luoghi di lavoro non è considerato elemento indispensabile di tutta la fase produttiva” ha denunciato Maurizio Landini. Quindi è urgente abbandonare la concertazione mai favorevole ai lavoratori e ritornare a riproporre il conflitto sui luoghi di lavoro, per riprendere il controllo sull’organizzazione del lavoro!

PERCHE’ SIAMO A QUESTO PUNTO?

1. La vigilanza nei luoghi di lavoro: organici Asl sottodimensionati ( per non dire degli ispettori del lavoro per i cantieri); formazione degli u.p.g. non sistematica; mancanza di linee guide da regione per regione in grado di rendere omogenea e adeguata l’attività di vigilanza; mancata attivazione del SINP Sistema Informativo Nazionale di Prevenzione che consentirebbe una azione di vigilanza mirata sulle aziende a più alto indice infortunistico;

2. Mancata emanazione di decreti attuativi, tra cui quello importantissimo dell’articolo 27, e quello dell’articolo 26 del D.Lgs. n. 81/2008 sulla definizione dei requisiti della idoneità tecnico professionale di imprese e lavoratori autonomi ai fini della sicurezza sul lavoro, mancata emanazione del nuovo decreto sulla sicurezza antincendio, e di altri decreti attuativi previsti dal d.lgs. 81/ 2008;

3. Carenza di linee guida aggiornate, autorevoli e istituzionali che indirizzino le imprese a fare in modo corretto la valutazione di tutti i rischi lavorativi, la formazione-informazione-addestramento dei lavoratori, la gestione degli appalti, la vigilanza, gli audit e la gestione di mese miss e incidenti mancati;

4. Mancanza di linee guida direttive delle procure per gli organi di vigilanza nei luoghi di lavoro in quasi tutte le regioni e procure, con poche lodevoli eccezioni;

5. Sottovalutazione delle malattie professionali, i cui procedimenti penali finiscono nella maggior parte dei casi archiviati

6. Sicurezza sul lavoro e istruzione pubblica: edifici spesso pericolosi e assenza della materia tra quelle insegnate, oltre alla frequente mancata istruzione sul piano di evacuazione;

7. Mancata imposizione dell’obbligo del modello 231 a tutte le aziende che abbiano avuto almeno un infortunio sul lavoro la cui responsabilità sia attribuita al datore di lavoro o ad un suo collaboratore o una malattia professionale riconosciuta dall’Inail;

8. Rafforzamento degli incentivi per le aziende che attuano le misure di sicurezza al di là degli obblighi di legge e che ottengono effettivamente una riduzione di incidenti e infortuni;

9. Definizione urgente di nuovi accordi interconfederali su ruolo e funzioni degli RLS, che quelli esistenti risalgono a venti anni fa!

CHE FARE?

Dieci passi ministeriali

1- Ripristino dell’Art. 18

2- Abolizione del Jobs Act

3- Revisione del Decreto Dignità sui contratti a termine.

4- Ripristino dei fondi per la sicurezza sul lavoro a iniziare da quelli tagliati dal precedente governo.

5- Indagine ministeriale sullo stato di applicazione della normativa sulla sicurezza con il D.Lgs. 81/08, funzionale a un suo sviluppo e applicazione senza proroghe e ritardi nei decreti attuativi.

6- Assunzione di nuovi tecnici della prevenzione in rapporto alle realtà produttive dei territori per stabilirne il fabbisogno.

7- Revisione delle modalità di formazione dei responsabili del servizio di prevenzione e protezione (RSPP) esterni o interni.

8- Titolarità dei RLS come figura istituzionale, indipendente dalle aziende e sgravato da altri incarichi elettivi (RSU, etc).

9- Autonomia collaborativa degli organismi di prevenzione (Spresal, etc) dalle Giunte regionali.

10- Richiesta di Parte Civile dei ministeri della salute del lavoro in tutti i processi per morti sul lavoro.

Redazione Lavoro e Salute

13/10/2019 www.lavoroesalute.org

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