Sì, la situazione sociale è ricca di tensioni
Quando un ministro della Repubblica lancia l’allarme per il “rischio di tensioni sociali” esiste la piena consapevolezza di quanto siano inadeguate , o comunque insufficienti, le iniziative intraprese per frontegiare l’emergenza economica e sociale.
Viene quasi da pensare che si auspichi un aumento dei contagi per imporre un secondo lockdown calando dall’altro la militarizzazione dei territori e cosi’ scongiurare conflitti sociali e nei luoghi di lavoro.
Ipotesi autoritaria occultata da provvedimento eccezionale ed emergenziale per salvare il sistema economico e politico?
In questi giorni i contagi nei luoghi di lavoro sono in continuo aumento e non per colpa della mancata adozione dei protocolli dacchè la domanda alla quale rispondere è piuttosto un’altra: la organizzazione produttiva, gli orari e i carichi di lavoro risultano forse compatibili con la tutela della salute e sicurezza? E perchè sono i magazzini della logistica alcuni degli ambienti lavorativi piu’ interessati ai contagi?
Ottenuta la sostanziale impunità da parte del Governo e dell’Inail, i datori di lavoro nel privato hanno forse ridotto le attenzioni verso le tutele della salute e sicurezza? O forse non bastano i protocolli senza poi incidere nella organizzazione del lavoro? E con l’arrivo dell’autunno siamo certi che la situazione non sia destinata a peggiorare estendendo il contagio anche ad altri settori?
Il Governo fa bene ad essere preoccupato perchè le misure economiche intraprese hanno assecondato molte richieste padronali ma assai meno soddisfatto i bisogni popolari. E il ruolo dei sindacati complici, intenti a far pendere da una parte la bilancia, si è dimostrato del tutto inadeguato palesando un conflitto di interessi come dimostra l’attenzione verso previdenza e sanità integrative, potenziamento degli enti bilaterali, rafforzamento del ruolo di caf e patronati, disponibilità a chiudere le trattative contrattuali senza alcun confronto con i lavoratori sulla parte economica e normativa.
La stessa inadeguatezza palesata in materia di salute e sicurezza del resto o quando ci si erge a difesa dello smart workind occultando le decurtazioni economiche in atto da parte della Pa.
Veniamo invece ad alcuni dati nuovi sui quali riflettere, appunti di viaggio per riprendere un sapere critico e conflittuale
Il lavoro nero non è una prerogativa meridionale, i criteri adottati dall’Istat sono cambiati nel corso del tempo e le statistiche raffrontate negli anni non risultano soddisfacenti. I dati ufficiali parlano di un Nord nel quale il nero riguarda per lo piu’ il settore industriale, al Sud l’agricoltura, al centro l’edilizia ma percentualmente la differenza tra regioni si è andata assottigliando il che conferma limiti strutturali del sistema produttvo italiano.
La riforma del diritto del lavoro resta una priorità assoluta, ancor meglio se condivisa con i sindacati e barattata con qualche rinnovo contrattuale per disinnescare la bomba sociale di autunno. Il Governo ha tutto l’interesse a prorogare i termini del blocco dei licenziamenti, allo stesso tempo deve affrontare e risolvere il nodo relativo alla copertura economica dei costi degli ammortizzatori sociali (ai quali rimettere mano come richiesto dalla Bce) e per questp sono disponibili ad accogliere i soldi europei senza pubblicizzarne la contropartita imposta al paese.
Presto torneranno alla carica i fautori delle riforme costituzionali, a nessuno viene in mente che la sola strada credibile sarebbe cancellare la revisione del titolo V della Carta e abrogare la Legge del Rio (lo stesso politico per il quale gli industriali sarebbero eroi nazionali? ) giusto a scongiurare sul nascere l’avvento dell’autonomia differenziata in conseguenza della quale non avremmo piu’ un sistema educativo e sanitario nazionale in grado di fronteggiare le emergenze e le necessità del paese.
Il mondo della scuola è in subbuglio e la mancanza di una critica comune, tra gentiori, studenti e personale scolastico, rispetto alle circolari ministeriali sulla ripartenza, riproduce scenari divisori che alla fine indeboliranno non solo il diritto alla istruzione ma anche lo stesso potere contrattuale della categoria.
Fa bene il Governo a preoccuparsi del prossimo autunno, da qui a ipotizzare legislazioni di emergenza e allarmi sociali corre grande differenza visto che non basterà la repressione a farci tacere e soprattutto ad occultare contraddizioni sempre piu’ palesi.
Federico Giusti
12/7/2020 http://www.controlacrisi.org
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