Sicurezza sul lavoro: fiction e RLS

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Sicurezza lavoro: fiction no, RLS autonomi si….ma

Alla redazione di Lavoro e Salute. Avrei voluto scrivere in merito a quanto ho letto sul numero di giugno e non ce l’ho fatta per il numero seguente, ma è stato meglio perchè sul numero di luglio e settembre ho letto anche altre cose sul problema della sicurezza sul lavoro. Intendo confrontarmi con la proposta di Cilenti su “Una fiction di omicidi premeditati”e ora anche sulla proposta di autonomia dei Rappresentanti dei Lavoratori per la Sicurezza che, secondo Cilenti, sarebbe l’unica strada per prevenire infortuni e morti.
Mi sembra poco utile per portare all’attenzione del grande pubblico televisivo uno sceneggiato a puntate sulle storie dei morti sul lavoro in quanto spettacolarizzare questi drammi potrebbe, a mio modesto parere, indurre gli spettatori a considerare la morte, e la sofferenza dei familiari, come fatti normali del nostro quotidiano, alla stregua delle altre commedie a puntate e non considerarli più eventi che si potrebbero evitare.
Seguo molte fiction, le preferisco ai film, e mi sono persuaso che ben pochi sceneggiatori e registi restano ancorati ai fatti successi. Prevale l’esigenza di romanzare e a volte di rendere morbosa l’attenzione dello spettatore con intrusioni nella vita privati dei personaggi ridotti spesso a macchiette, o peggio ancora si vedono vere e proprie semplificazioni mistificanti.
Non sono accuse, sono consapevole delle esigenze cinematografiche, ma sono convinto che le morti sul lavoro non possono essere prestati alla spettacolo.

Mentre ritengo relativamente positiva, ma da approfondire, la proposta sul ruolo dei Rappresentano dei Lavoratori per la Sicurezza. Dico “relativamente positiva” perchè, sempre a mio parere di ex delegato della FLM negli anni 70, bisogna considerare i pro e i contro di questa pesante proposta. Sui pro non mi dilungo perchè sono contenuti nell’articolo di Cilenti che accenna anche alle contraddizioni esistenti sul ruolo che oggi hanno i RLS. Mi limito a fare una breve considerazione: a causa delle crisi delle OSS non esiste più la soggettività protagonista del sindacalista, piuttosto esiste l’oggettività delle compatibilità alle quali anche il sindacalista “non di mestiere” quale il delegato sui posti lavoro deve sottostare volente o nolente. Se ho compreso bene la proposta, l’autonomia del RLS tende a liberare chi si occupa di prevenzione di tali compatibilità che produrrebbe l’immobilismo di molti RSL.
Questo è vero spesso, anzi troppo spesso altrimenti non avremmo questa carneficina, ma i rischi sono tanti.
1) I sindacati difficilmente accetterebbero questa proposta che li esautorerebbe in uno dei capisaldi del loro operare, parlo del controllo dell’organizzazione del lavoro.
2) Nel caso di una imposizione di legge, sono convinto che i sindacati isolerebbero i nuovi RLS non considerandoli più come articolazione dell’organizzazione,
3) Siamo certi che l’autonomia non produrrebbe figure “strane” gonfie di individualismo e portate alla relazione amicale con i datori di lavoro, in particolare dove il sindacato è debole?
4) Chi forma i nuovi RSL autonomi? C’è il rischio che siano eruditi da agenzie private con “esperti” che nulla conoscono delle problematiche relazionali sul lavoro, facendo venire meno il principio stesso della contrapposizione con il datore, e i suoi dirigenti preposti, quando la si ritiene obbligata.
5) L’altro rischio che vedo sta nella disaffezione dei lavoratori verso l’impegno sindacale, quindi verrebbe ritenuto utile affidare il ruolo a figure esterne con relativo disconoscimento da parte dei lavoratori, certamente implicito ma non per questo meno efficace.
Queste sono le mie considerazioni sulla proposta che Cilenti ritiene indispensabile e in effetti utilissima a scardinare la provata, dai numeri, inettitudine di chi, politicamente e sindacalmente, ha il compito di fermare questa strage.

Stefano Oliviero

Risposta alla lettera

Fiction di denuncia e ruolo forte dei RSL

Gentile Oliviero, intanto grazie dell’interlocuzione sui temi che ho posto all’attenzione di quanti non si fermano solo all’indignazione sulle migliaia di infortuni e morti sul lavoro. In questi mesi ho avuto modo di discuterne con tante e tanti e non sempre ho trovato la capacità riflessiva che hai dimostrato seppur in sintesi, credo che hai molto ancora da esporre e il mensile ti ospiterà ancora volentieri.

Andiamo ai rischi, come li hai definiti, insiti nelle mie proposte.
Nulla in contrario ad affermare che sono tutti presenti, ne sono cosciente ma il principio di fondo che mi ha portato a farle comunque è la convinzione, da ex sindacalista come te, che qualsiasi proposta innovativa che si pone l’obbiettivo di crepare il muro di silenzio indotto dall’idea che nulla si può fare perchè questo è un sistema produttivo immodificabile; che si pone l’obbiettivo di andare oltre il muro del pianto dell’indignazione e della denuncia solo post evento, vada valorizzata all’ennesima potenza in modo che produca una discussione di merito e nella sua ampia permeabilità all’ottimizzazione, propedeutica alla sua attivazione nell’azione sindacale e politica.

Fatta questa premessa, inizio con l’affrontare le critiche sulla proposta di Fiction sulla vita delle lavoratrici e dei lavoratori che hanno perso la vita sui posti di lavoro. Ovvio che bisogna considerare la propensione degli sceneggiatori e dei registi a considerare, per questioni di audience, i casi più noti, cioè di quelli, pochissimi, che i media cartacei e televisivi non hanno potuto ignorare: ad esempio Luana.

Perchè il sistema di oggi tutto in mano ai potenti dell’economia italiana – quindi con le TV in mano ai produttori di infortuni, morti e malattie – dovrebbero darsi la zappa sui piedi romanzando i loro crimini? Domanda lecita alla quale ho preventivamente risposto nel dialogo della vignetta del numero di giugno che corredava l’editoriale “Una fiction di omicidi premeditati”

Alla domanda ho risposto che è possibile perchè ai produttori interessa solo il profitto degli spot pubblicitari e, per quanto ne sappia, gli introiti pubblicitari sono altissimi. Comunque, ai potenti la critica delle immagini e delle parole fa un baffo, basta guardare le decine di fiction sulla mafia in affari con pezzi dello Stato. Ai potenti non interessa affatto essere dipinti con loschi, tanto sono certi che la denuncia non impatta su questa politica e i percorsi dei loro crimini non vengono intralciati. In assenza di una trasformazione dell’indignazione in odio di classe è ancora più importante puntare alle immagini, perchè restano impresse, più delle parole.

Cosa diversa, molto diversa, sarebbe la visione di vite perdute vicine al quotidiano degli spettatori, possono essere conoscenti, familiari, colleghe e colleghi, amiche e amici.
La potenziale e sostanziale diversità sta anche nel terminale della loro indignazione, quel terminale istintivamente individuabile nel sindacato che sua volta potrebbe essere influenzato, anche perchè pressato dalla rabbia prodotta dalle fiction, e quindi indotto a ripensare la sua azione sui posti di lavoro per prevenire infortuni, malattie professionali e morti.

E’ ovvio che ci vorrebbero delle forti pressioni di intellettuali, politici e sindacalisti di peso, come Landini, per avviare queste produzioni televisive.

Alla possibile induzione prima ipotizzata si collega la seconda proposta nella quale tu vedi cinque rischi. Come ho già detto, sono rischi presenti ma solo potenzialmente se non si rimette in moto un fare sindacato contrattuale nel merito e conflittuale nella prassi.
Più che possibile, anzi quasi certamente, che i sindacati confederali siano contrari alla proposta delle elezioni dei RLS fuori dalle RSU per consentire la loro autonomia nell’operare come agenti di prevenzione senza essere inibiti dalle relazioni sindacali su gli altri temi contrattuali. Oggi, causa rinuncia decennale dei confederali, non c’è più, di fatto, il controllo sull’organizzazione del lavoro e quindi è nella totale discrezionalità del datore. Invece il RLS può intervenire e sarebbe d’aiuto anche alle RSU più attive. Quindi i RLS “autonomi” non sono per nulla fuori dall’articolazione del sindacato ma continuano ad esserlo con maggiore forza.
Certamente esiste il rischio che tu definisci “individualismo” amicale con i datori da parte dei singoli RLS, ti assicuro che sono sempre esistiti nell’indifferenza de sindacato.
Chi forma i RLS? I rischi che accenni sono presenti da anni causa il consociativismo nella pratica delle esternalizzazioni. La formazione dovrebbe essere fatta solo sotto il controllo sindacale. Ma sempre insegnando che c’è una controparte da limitare, per lo meno, nei suoi nocivi affari produttivi, nel privato e nel pubblico. Così si affronta anche la sfiducia e la disaffezione delle lavoratrici e dei lavoratori.

In conclusione, perplessità da prendere in considerazione, mentre la contrarietà la ritengo immobilizzante nel trovare nuove e obbligate strade – spesso sono le stesse di quando il sindacato era protagonista sul lavoro e nella società – per operare nell’imporre umane condizioni di lavoro, unica strada per la prevenzione.

Franco Cilenti

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