Sicurezza sul lavoro in Lombardia : “tutta chiacchere e distintivo”

La Lombardia, non da ieri, è al top nel numero assoluto e relativo degli infortuni ed in particolare quelli mortali. Con lo stesso approccio che ha portato alla fuga degli operatori sanitari e sociosanitari dalle strutture sanitarie pubbliche (MMG, pronto soccorso, RSA ecc) la regione ha prima accentuato le decisioni (bipartisan) dei governi che si sono succeduti per ridurre il personale pubblico in modo “lineare”, non ha agito per compensare la fuga anticipata alla pensione dei tecnici anziani grazie alla “quota 100”, ha letteralmente represso, nei primi periodi della pandemia, l’azione di sorveglianza dei tecnici mettendoli in smart working forzato e dirottando le segnalazioni dei lavoratori (senza dpi, in condizioni operative critiche in particolare nelle RSA) ad altri servizi. Solo davanti al ripetersi di infortuni “mediatici” ha abbozzato una reazione che si rileva del tutto inadeguata considerato il deserto dei servizi nel frattempo attuato.

Nel 2022 la Corte dei Conti regionale segnalava, tra l’altro, il ritardo con cui la Regione Lombardia non si era dotata della versione regionale del Piano Nazionale di Prevenzione (PNP)  2020-2025 per la parte relativa alla sicurezza sul lavoro approvandolo poi frettolosamente ad agosto 2022. Ne abbiamo parlato nel numero 251-252 della rivista.

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Il PNP ha il compito di analizzare la situazione e proporre delle linee di azione in attuazione dei Livelli Essenziali di Assistenza che riguardano anche questo settore anche se non espressi nei termini più conosciuti (es durata delle “liste d’attesa”) ma espressi principalmente come “copertura” nella vigilanza rispetto alle caratteristiche delle attività economiche soggette agli obblighi in materia di igiene e sicurezza sul lavoro (Dlgs 81/2008). Potremmo dire che le “liste d’attesa” in questo settore del diritto alla salute sono “misurabili” nell’andamento degli infortuni : il “prodotto” delle attività di prevenzione nel loro insieme (a partire dalla vigilanza) è rappresentato da un segno meno, meno infortuni, meno malattie professionali, meno sanzioni (meno violazioni) a parità di verifiche e di configurazione delle realtà economiche.

Questo è l’approccio in tema di sicurezza sul lavoro degli obiettivi epidemiologici (migliore salute collettiva) che la sanità pubblica ha il compito di perseguire secondo la riforma sanitaria del 1978 e non semplicemente un numero prefissato di “prestazioni” (“controlli”).

Ma la regione Lombardia ha scelto una altra strada in tutti i campi del diritto alla salute, nella parte relativa alla sicurezza sul lavoro ha significato meno servizi, meno personale, meno iniziative di vigilanza (e più di “sostegno” delle imprese … delle imprese! non dei lavoratori).

Per recuperare il tempo buttato la Giunta lombarda in giugno ha deciso come distribuire i fondi introitati dalle singole Agenzie di Tutela della Salute (ex ASL) per sanzioni erogate dai servizi di Prevenzione e Sicurezza negli Ambienti di Lavoro (PSAL). Quindi una iniziativa a “costo zero” per le casse regionali.

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Il contesto è quello previsto dall’art. 13 del dlgs 81/2008 (testo “unico” sulla sicurezza sul lavoro) il quale prevede che gli introiti delle sanzioni per violazioni in materia di sicurezza sul lavoro “integra rispettivamente, l’apposito capitolo regionale e il bilancio dell’Ispettorato nazionale del lavoro per finanziare l’attività di prevenzione nei luoghi di lavoro svolta dai dipartimenti di prevenzione delle AA.SS.LL. e dall’Ispettorato.”

Vi è un precedente da ricordare : a seguito della strage operaia alla Lamina di Milano nel gennaio 2019, con DGR 164 del 29.05.2018, venne distribuita tra le ATS di oltre 8.000.000 di euro (dalle sanzioni) su un triennio principalmente finalizzato alla assunzione di tecnici “a tempo determinato” (45) nonchè (incredibilmente) la previsione di “rapporti liberi professionali” di esterni. Non risulta alcun rapporto sull’esito di questa delibera (nè risulta a chi scrive che sindacati o consiglieri abbiano mai chiesto “conto” dei risultati concreti) ma non sono stati assunti più della metà dei tecnici previsti, in buona parte poi fuggiti altrove alla prima occasione che hanno trovato con un contratto a tempo indeterminato.

Anche la delibera del 2022 per l’assunzione di 100 tecnici ha dato un risultato pari alla metà dell’obiettivo.

Torniamo alla delibera del 2023 che ripartisce un importo di poco inferiore a 21.464.000 euro tra le ATS lombarde in relazione al numero di aziende di ogni territorio prevedendo, tra l’altro :

  • 4.582.000 euro circa per “noleggio con lavaggio e fornitura” di divise
  • 51.545 euro circa per “placche di riconoscimento Ufficiali di Polizia Giudiziaria e portatessere – PSAL”
  • 3.000 euro per un premio in denaro per le prime tre scuole di moda partecipanti a un concorso di idee per la realizzazione delle divise …. possibilmente color verde lega.

La maggior parte delle risorse (13.603.684.000 euro) sono nominativamente indirizzati a nuove assunzioni, e a strumenti e iniziative utili (o almeno potenzialmente tali se ben realizzate) ma la enfasi sulle divise e sui portatessere con placche di riconoscimento oltre ad una visione “poliziesca” mostra la quasi totale incapacità di capire quali siano le esigenze degli operatori che, in particolare a seguito della aziendalizzazione “alla Maroni” (la creazione delle ATS che non erogano quasi nessun servizio ma per lo più “contrattualizzano” pubblico e privato “equivalenti”) sono stati relegati a vere e proprie cenerentole dei servizi : i direttori generali si ricordano della loro esistenza solo quando, di fronte a un infortunio che “buca” i media, devono cercare di mostrare che qualcosa combinano. E’ assolutamente preoccupante che tali risorse siano messe a disposizione dei singoli direttori generali senza che gli stessi siano tenuti ad un confronto con i lavoratori direttamente interessati.

In realtà, se potessero, i direttori generali esternalizzerebbero anche queste attività che, assieme a quelle di igiene pubblica, vigilanza sugli alimenti e veterinaria, costituiscono un fondamentale insieme di servii per la prevenzione – primo e prioritario obiettivo del servizio sanitario nazionale e  regionale.

Ma la delibera ha due punti ulteriori di interesse :

il primo appare autoassolutorio, nelle premesse della delibera si afferma: “stabilito che l’attuale organico dei Servizi PSAL garantisce il raggiungimento dei Livelli Essenziali di Assistenza e che l’acquisizione di personale aggiuntivo è funzionale all’incremento dell’attività di prevenzione necessaria a contrastare il fenomeno infortunistico”. E’ vero il contrario : in termini numerici il numero dei tecnici è inferiore al 60 % rispetto a quello considerato minimo per una realtà come la Lombardia, inoltre la perdita di tecnici senior rende difficile l’inserimento di nuovi tecnici per i quali occorre un periodo di formazione sul campo di almeno tre anni per poter acquisire una esperienza adeguata per renderli “autosufficienti” data la complessità delle attività in capo a questi lavoratori che, lo rammento, devono rispondere anche alla Autorità Giudiziaria in quanto Ufficiali di Polizia Giudiziaria.

Il secondo passaggio, nascosto ma che non può sfuggire a chi – per anni – è stato investito da una retorica sui “numeri” delle attività da svolgere per raggiungere nominativamente, appunto, i LEA : nel richiedere ai direttori generali di redigere programmi di intervento “ad incremento della percentuale soglia prevista da pianificazioni nazionali e regionali e comunque superiori all’anno 2022” si specifica che gli incrementi siano “da intendersi esclusivamente ispezioni le cui modalità verranno definite con atti successivi del DG Welfare”.

Questo passaggio segnala il fallimento del sistema di “rendicontazione” (I.M.Pre.S@) delle attività di vigilanza : in modo analogo ai medici di medicina generale i tecnici della prevenzione da diversi anni sono investiti di pesanti oneri di registrazione delle attività svolta che, oltre a togliere tempo alle vere attività, spinge a “drogare” quanto effettuato per arrivare agli obiettivi previsti (il cui raggiungimento determina l’erogazione di “premi di produzione” denominati Risorse Aggiuntive Regionali). Dalla nascita di questo sistema i “numeri” che contano sono i “controlli” che includono, allo stesso titolo nonostante un ben differente impegno, le verifiche di carattere documentale alle attività di ispezione ovvero di accesso nei luoghi di lavoro. Non si tratta solo di una truffa nei confronti delle aspettative dei lombardi, ed in particolare delle lavoratrici e dei lavoratori, ma di una forma di “corruzione mentale” degli operatori, in particolare quelli entrati da poco nel servizio pubblico, spinti a “gonfiare” numericamente le proprie attività anzichè impegnarsi a garantire standar qualitativi ottimali stante la delicatezza e la importanza (anche giudiziaria) della gran parte delle attività assegnate ai servizi PSAL (Prevenzione e Sicurezza negli Ambienti di Lavoro).

Nel frattempo che si muova qualcosa (come e in quale direzione si vedrà) la Corte dei Conti regionale (quindi dei “ragionieri”) rimette il dito nella piaga degli infortuni e nella inadeguatezza dell’azione regionale (il passaggio che segue è ripreso dalla relazione presentata nella udienza del 14 luglio 2023) :

<< 8.3 LE CRITICITÀ NELL’AREA DI INTERVENTO, SORVEGLIANZA, PREVENZIONE E  TUTELA DELLA SALUTE E SICUREZZA NEI LUOGHI DI LAVORO. 

La Procura prende atto preliminarmente che la Regione si è impegnata a porre rimedio ad alcune criticità prospettate nel giudizio di parifica dello scorso anno in riferimento alla politica assunzionale di personale tecnico da destinare alla prevenzione e tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro.

In riscontro alle richieste della Sezione del Controllo la Regione ha precisato al riguardo che “la DGR XI/6869 del 2 agosto 2022 ha autorizzato le ATS all’assunzione di 100 operatori sanitari in  aggiunta agli organici già in essere finanziando tali ulteriori costi. Rispetto al personale in attività a  giugno 2022 le ATS hanno assunto 59 operatori.

Tuttavia dalla medesima nota di riscontro si evince che al mese di giugno 2022 il personale impiegato negli PSAL (servizi per la Prevenzione e Sicurezza degli Ambienti di Lavoro ) era pari a 631 operatori tra tecnici e amministrativi e che a maggio 2023 il numero complessivo degli operatori è di 621 quindi non è stato possibile far fronte pienamente al turnover del  personale. 

Sul punto viene altresì sottolineato che il turnover nel settore PSAL è di circa il 10% – più alto rispetto alla media regionale – la cui motivazioni “può essere ricondotta anche all’alta  concorrenzialità economica del settore privato sia per il ruolo di tecnico della prevenzione sia per il ruolo di medico” sia per “la mobilità verso altre regioni per il ruolo di tecnico della prevenzione”.

La mancata copertura di tutti i 100 posti messi a concorso e la riduzione di fatto del personale in organico preposto alla prevenzione e sicurezza dei posti di lavoro deve indurre ad un maggiore sforzo della Regione, come sottolineato anche dai colleghi magistrati del controllo, nella politica assunzionale in un settore strategico per consentire la crescita dell’economia  della Lombardia sostenibile dal punto di vista sociale ed ambientale.

Si dovrebbe ad esempio prevedere un significativo aumento delle retribuzioni del personale (tecnici e medici) in modo da rendere più appetibile e concorrenziale per i giovani il lavoro nel settore pubblico. >>

Quanto sopra a fronte di una situazione sintetizzata dalla Corte dei Conti come segue << E’ bene ricordare al riguardo che la Lombardia nell’anno 2022 ha conseguito il triste primato di essere la Regione con il maggior numero di vittime in occasione di lavoro; primato purtroppo confermato con le 42 ‘morti bianche’ nel primo quadrimestre del 2023.
Dai dati INAIL si evince infatti che le denunce di infortunio con esito mortale registrano un incremento del 7,93 per cento (da 164 nel 2021 a 177 nel 2022); si tratta, peraltro, di un incremento in controtendenza rispetto al dato nazionale del 2022 (-10,73%) .>> (Ben conoscendo la limitatezza dei dati INAIL ….).

Si tratta di uno dei tanti aspetti dell’azione politica deviante e distruttiva della funzione pubblica delle attività finalizzate alla tutela della salute, in questo caso nel campo della prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali, che devono essere oggetto di iniziative politiche e sindacali rigorose ed insistenti cogliendo l’occasione, in Lombardia, della proposta di referendum abrogativo di alcuni nodi della legge sanitaria regionale che sono alla base di un approccio che prima distrugge, poi cerca di mettere una pezza ma la pezza – tardiva – è al più un palliativo.

Marco Caldiroli

Tecnico della Prevenzione dell’Ambiente e della Sicurezza sul Lavoro

5/8/2023 https://www.medicinademocratica.org

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