Sicurezza sul lavoro. una sceneggiata del governo Meloni
Approvato il “Piano integrato per la salute e la sicurezza sul lavoro”: cambio di marcia o solo un nuovo colpo di scena?
Varato dal Ministro del lavoro il Piano integrato per la salute e la sicurezza sul lavoro (con Decreto del Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali del 17 dicembre 2024, n. 195): iniziativa che si presenta come una risposta in grado di aggredire il problema doloroso e tragico delle morti e degli incidenti sul lavoro che si intensificano nel nostro Paese.
Ma, analizzando con attenzione la struttura del Piano, ci si rende conto che siamo, ancora una volta, sul terreno del colpo di scena che ignora l’esistente: ovvero ignora i percorsi già tracciati da decenni di esperienza nel campo della prevenzione, ma ignora anche i danni causati da decenni di trascuratezza e di volontaria sottovalutazione, che ha visto metodicamente non considerare le proposte in grado di affrontare le vere criticità del Sistema prevenzione nel nostro Paese. Proposte avanzate da professionisti, da coloro che operano sul campo e che gestiscono da decenni vigilanza e supporto alle imprese (esperti, operatori della prevenzione, Regioni), ma anche Organizzazioni sindacali, strutture della bilateralità.
Prescindiamo per ora dal contenuto, che di seguito analizzeremo, ma riflettiamo su due aspetti centrali per un efficiente Sistema nazionale di prevenzione:
- coinvolgimento e coordinamento dei soggetti istituzionali
- partecipazione dei soggetti sociali.
Le istituzioni coinvolte nel Piano integrato sono, oltre al Ministero del lavoro, INAIL, Ispettorato del lavoro e Inps: il Ministero della salute, le Regioni i Dipartimenti di prevenzione delle Asl spariscono dal panorama dei soggetti istituzionalmente competenti (e quindi da coinvolgere) sulla salute e sicurezza sul lavoro.
Si tace dell’esistenza di un Piano nazionale prevenzione 2020-2025 e di Piani regionali di prevenzione, in cui sono individuati temi prioritari, settori e modalità di intervento per le attività di vigilanza e supporto, la cui titolarità è, storicamente, in capo al Servizio per la prevenzione e la sicurezza negli ambienti di lavoro (Spisal) delle Asl e in cui l’Ispettorato del lavoro è stato solo recentemente coinvolto più ampiamente, senza avere esperienza e personale competente rispetto al complesso delle tematiche legate alla salute e sicurezza sul lavoro.
Inoltre, elemento altrettanto grave, le parti sociali, tradendo gli orientamenti comunitari e internazionali non vengono minimamente coinvolte nella definizione del Piano integrato.
“La sanità diffusa sul territorio, i presidi medici e il rafforzamento degli PSAL (Servizi prevenzione e sicurezza sul lavoro) sono un elemento strutturale del sistema che si è depotenziato con le conseguenze che tutti oggi evidenziamo. Su questi temi la politica nazionale e regionale si sono rivelate assolutamente inadeguate” [1].
“Servizi Prevenzione e Sicurezza Ambienti Lavoro: nel 2008 erano 5.060 operatori, nel 2018 sono 3.246” [2].
L’iniziativa varata il 23 dicembre scorso risponde forse:
- alla denuncia costante e documentata della perdita di forze e competenze operanti nei Dipartimenti di prevenzione delle Asl ?
- alla richiesta delle parti sociali, in particolare dei sindacati, di ridare vita alla Commissione consultiva permanente e di definire una Strategia nazionale sulla salute e sicurezza, come richiede la Strategia europea, che deve avere come elemento distintivo non solo la individuazione delle priorità di intervento ma il coinvolgimento di tutti i soggetti istituzionali e sociali per la sua definizione e soprattutto nella sua gestione?
L’iniziativa è inoltre coerente con le migliori prassi d’intervento che coniugano vigilanza e supporto, come prevede il Piano nazionale e Piani regionali di prevenzione che, dopo anni di sperimentazione, hanno individuato come modello di intervento particolarmente efficace (considerando in particolare la dimensione d’impresa prevalente nel nostro Paese) quello realizzato mediante i Piani mirati di prevenzione?
Val la pena a questo punto di analizzare i contenuti del Piano integrato proposto dal Ministero del lavoro e verificarne l’efficacia perlomeno nelle intenzioni!
Gli obiettivi del Piano integrato
Lo scopo prioritario del presente Piano è quello di affrontare con rinnovata energia il tema della sicurezza nei luoghi di lavoro, tramite un decisivo cambio di passo… Nell’ottica di una sinergia di intenti e di una fattiva e proficua collaborazione il presente Piano integrato si prefigge dunque di coinvolgere i cittadini le imprese le parti sociali gli enti pubblici e privati …
Vediamo ora come questa affermazione enunciata in premessa viene attuata nel Piano. Il Capitolo 4, Linee di indirizzo del Piano integrato: coinvolgimento di Inail e Inl e individuazione delle modalità operative, già dal titolo chiarisce qual è l’area dei soggetti coinvolti con un ruolo attivo nella gestione del Piano, ruolo che viene ribadito nei paragrafi che seguono e che vede citate Regioni e Servizi delle Asl esclusivamente nell’ambito del Sistema informativo e della circolazione dei dati [3]. Ed è il paragrafo 4.2, Individuazione delle modalità operative, che conferma l’ottica con cui il Piano è stato costruito
L’individuazione delle modalità (di intervento) di cui sopra è rimessa alla autonoma determinazione di INAIL e Inl.
Quindi non ci sono nell’ambito del Sistema di prevenzione/paese esperienze e modelli efficaci da condividere e a cui fare riferimento, e la partecipazione delle altre figure istituzionali e sociali è lasciata alle modalità operative dell’Inail, con un coinvolgimento diremmo a valle del Piano, definito e gestito in un’ottica assolutamente unilaterale (Ministero del lavoro, Ispettorato suo organo di vigilanza e Inail analogamente sottoposto alla vigilanza del Ministero del lavoro).
Il Capitolo 5 Aree strategiche di intervento nel definire il quadro delle Iniziative di prevenzione e promozione conferma l’ostinazione dei redattori del Piano nell’ignorare quanto già esiste in termini di programmazione e pianificazione nel campo della prevenzione dei rischi connessi al lavoro a livello nazionale e territoriale (Piano nazionale prevenzione e regionali), con riferimento al ruolo del Ministero della salute e delle Regioni (ricordiamo il compito del coordinamento affidato al Comitato di cui all’Articolo 5[4] del D.Lgs 81/08, di cui fa parte anche il Ministero del Lavoro). Il Piano integrato si limita infatti a citare l’attuale Piano triennale Inail 2025 – 2027 e i prossimi Piani che riguardano la mera attività dell’Inail che, seppur meritevole di interesse per l’ampiezza ormai delle competenze[5] acquisite dall’Istituto, tuttavia non rappresenta certo il quadro complessivo delle iniziative di prevenzione e promozione attuate nel Paese.
Val la pena inoltre di riflettere su quel cambio di passo che si enuncia nelle prime righe del Piano integrato. Nei capitoli successivi si descrivono le azioni concrete che verranno attuate: formazione e sostegno alle imprese sono due temi centrali che presentano le ormai consolidate attività di finanziamento, di considerevole peso, che l’Istituto attua con i propri bandi. Cui si aggiunge la meritevole iniziativa della riduzione dei premi assicurativi per le imprese “ virtuose”. Non sembra davvero però che vi sia un cambio di passo nelle proposte, che invece meriterebbero una consistente rivisitazione, considerando la situazione sempre più critica delle condizioni di lavoro. Situazione che conferma come il bisogno di supporto, in particolare per le piccole imprese, è costante e non occasionale o comunque non legato ad un solo specifico intervento innovativo: le micro e piccole imprese hanno bisogno che qualcuno, competente e autorevole, si prenda cura di loro e non solo che finanzi loro un’innovazione tecnologica o organizzativa.
Interessante lo strumento proposto come supporto alle imprese, il Rating sicurezza e prevenzione, se, quale strumento di autovalutazione, non andrà a incentivare l’utilizzo di sistemi di autocontrollo che escludono la collaborazione con gli organi di vigilanza/supporto (come invece prevedono le attività dei Piani mirati di prevenzione nelle diverse fasi: formazione, definizione e utilizzo liste di controllo, attività di valutazione, attività di vigilanza).
Ampio spazio viene dato nel Piano alle Campagne informative (Cap.5.2), proponendo un Piano integrato di comunicazione per cui si prevede l’istituzione di un Tavolo di lavoro dedicato, con il coordinamento del Ministero del lavoro e il coinvolgimento delle altre amministrazioni competenti nonché eventualmente altri dicasteri. La modernizzazione delle modalità di comunicazione, mediante l’utilizzo dei social, sembra essere l’unica novità in merito. Il mancato coinvolgimento nella progettazione e gestione della campagna delle strutture territoriali ma soprattutto delle parti sociali è davvero un errore così grossolano che non varrebbe la pena di essere commentato: Organizzazioni sindacali e Associazioni datoriali, in particolare delle micro e piccole imprese, e strutture bilaterali sono l’unico strumento per raggiungere capillarmente le imprese. La Campagna dovrebbe avere inoltre un chiaro collegamento con i Piani di prevenzione nazionale e regionali.
Per concludere, sul tema del coordinamento e del coinvolgimento delle istituzioni competenti nell’attività di vigilanza , il paragrafo 5.4. del Piano è davvero rivelatore della dimensione riduttiva che il Piano propone e come si stia cercando con piccole modifiche, di volta in volta, di chiudere la stagione del Sistema di prevenzione nazionale definito per legge negli anni ’70.
La realizzazione delle campagne straordinarie (di vigilanza) di cui al presente Piano, sarà svolta dall’Inl, tenuto conto che il Decreto legge 21 ottobre 2021 n. 146, convertito con modificazioni dalla legge 17 dicembre 2021 n.215, ne ha ampliato le competenze per rendere efficace l’azione di vigilanza in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro.
Viene infine ricordata la necessità del coordinamento territoriale ma ben sapendo che le modalità verticistiche e unilaterali, adottate per la definizione del Piano, renderanno molto difficile tale coordinamento e collaborazione:
Al fine di evitare duplicazioni d’intervento e attuare eventuali sinergie operative saranno definite con le competenti Asl/Ats le opportune modalità operative anche nelle sedi di coordinamento definite dall’art. 7 del D.Lgs. 81/2008 e dall’art. 2 del Dpcm 2 dicembre 2007.
NOTE
[1] Scrivevano nel 2021 le tre Confederazioni lombarde in un opuscolo dal titolo Lombardia: cambiamo passo per ripartire. E se questa è la situazione lombarda immaginiamo com’è in alcune delle altre Regioni.
[2] Scriveva la Consulta interassociativa nella Lettera al Governo Draghi, del 7 maggio 2021.
[3] Per garantirne in realtà la partecipazione all’Ispettorato del lavoro, considerando che le Regioni e i Servizi delle Asl sono tra gli ideatori del sistema e coloro che garantiscono il flusso dei dati più significativi (eventi aziendali).
[4] Presso il Ministero della salute è istituito il Comitato per l’indirizzo e la valutazione delle politiche attive e per il coordinamento nazionale delle attività di vigilanza in materia di salute e sicurezza sul lavoro. Il Comitato è presieduto dal Ministro della salute (Art. 5 del D.Lgs. 81/2008).
[5] In particolare dopo l’acquisizione delle competenze dell’Ispsel, ovvero della ricerca.
Gabriella Galli
28/12/2024 https://www.repertoriosalute.it
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