Vaccino cubano: le castronate di Burioni
Burioni, l’uomo della “Scienza Unica”, quello che si prefigge di lottare contro i pregiudizi anti-scientifici, quello che è per la libertà della scienza, quello che metterebbe l’obbligatorietà vaccinale persino sui vaccini anti-influenzali, è il primo a screditare la scienza pubblica e gratuita soprattutto se non è “occidentale”.
Questa la sua dichiarazione vergognosa su Twitter sul vaccino cubano.
“A me va benissimo anche il vaccino cubano, a patto che venga sperimentato in un luogo dove uno scienziato che dice che non funziona non viene messo in galera. In altre parole, in una bella democrazia occidentale.”
Un amalgama di pregiudizi verso Cuba, verso il popolo cubano e verso il rinomato sistema di sanità, di ricerca biomedica e biotecnologica pubblica cubana. Queste affermazioni certificano la totale ignoranza di Burioni sul vaccino Soberana, sulle sue fasi di sperimentazioni e sui dati che ne certificano l’efficacia. Parole che discriminano i ricercatori, cubani e non, che hanno contribuito alla creazione del vaccino, demonizzandone il lavoro svolto. Ma non era lui che qualche anno fa disse “La scienza non è democratica, ognuno parli di quel che sa”. Di seguito la risposta di Fabrizio Chiodo.
Parole arroganti, insidiose, preconcette e faziose, senza alcuna fonte che le possa certificare: delle vere e proprie fake news uscite dalla bocca di uno che si spaccia per “divulgatore scientifico”. Ad oggi infatti nessun ricercatore cubano è stato arrestato per le proprie posizioni sul vaccino a Cuba, nessun ricercatore è mai stato radiato da nessun ordine a Cuba fino ad oggi, mentre in Italia risulta essere il contrario.
Nel 2017, l’epidemiologo Dario Miedico, tra i fondatori di Medicina Democratica, dagli anni Ottanta in prima linea nella lotta per il diritto alla salute pubblica e alla salute sul posto di lavoro, è stato radiato solo perché aveva criticato il Decreto Lorenzin sulle 10 vaccinazioni obbligatorie, firmato per altro da circa 30 medici che, come ha affermato Carlo Rienzi di Codacons, avevano avuto rapporti con case farmaceutiche e tra questi anche Ranieri Guerra, attuale direttore aggiunto dell’OMS e all’epoca membro del CDA della Fondazione Glaxo finanziata per la maggior parte dalla casa farmaceutica GlaxoSmithKline.
Cosa fece Burioni dopo la radiazione ingiusta di Dario Miedico? Ne gioì! Fu quello che sostenne apertamente la sua radiazione dall’Ordine dei Medici di Milano senza aver mai avuto la possibilità di confrontarsi con lui, mentre il mainstream imbastiva una lunga campagna diffamatoria nei suoi confronti. Chi conosce il pensiero di Dario, sa benissimo che non è no-vax, ma uno che si addentra nelle problematiche e ne indaga le cause.
Sarebbe questa la “bella democrazia occidentale”?
Quello di Burioni è un modo “poliziesco” e autoritario di fare scienza che non accetta il confronto.
Non a caso esattamente all’inizio della crisi sanitaria da Covid-19, propose il “Patto per la Scienza”, un modo per decidere chi doveva parlare e chi non doveva parlare sull’argomento, ma soprattutto con la presunzione che solo le sue parole potessero essere definite “scienza”. È proprio lui che fu tra i primi ad attaccare duramente chi, anche all’interno della comunità scientifica, in questi mesi ha mosso critiche ai vaccini occidentali per i pochi dati e la poca trasparenza.
Inoltre, tutti sappiamo che la comunità scientifica è una comunità in dialogo e in confronto costanti sui temi della ricerca e delle scoperte. Forse non lo sa Burioni, ma anche a Cuba funziona così, con la sola differenza che gli scienziati sono scienziati e non “soubrette” che scarrozzano in televisione per pura immagine.
A Cuba gli scienziati si occupano di fare anche informazione scientifica a reti unificate per dare notizie chiare e trasparenti alla gente con dati alla mano. Non come in Europa che, appena arrivato il vaccino Pfizer, c’è stato un elogio incondizionato a reti unificate senza avere alcun dato in mano, senza poter accedere ai rapporti commerciali, senza poter avere un’informazione neutra diversa da quella delle case farmaceutiche. A ribadirlo, pochi giorni fa, è stato anche Silvio Garattini, farmacologo e fondatore dell’istituto Mario Negri, dicendo di porre fine ai “proclami propagandistici” affermando che servono dati seri che oggi non abbiamo.
Sarebbe questa la “bella democrazia occidentale”, in cui i consumatori/pazienti non hanno alcun diritto di avere corrette notizie di ciò che usufruiscono?
A Cuba inoltre la sanità e la salute pubblica non dipendono dalle case farmaceutiche occidentali private perché esiste BioCubaFarma, azienda pubblica farmaceutica nonché fulcro della ricerca biomedica pubblica.
A Cuba nessuno fa profitto sulla salute perché è considerato un diritto umano accessibile a tutti e non in vendita.
Mi rendo conto che è difficile concepire in Europa questo modello di sviluppo, ma fu l’OMS a elogiare il sistema sanitario cubano. A giugno 2014, in occasione della sua visita a L’Avana, Margaret Chan, direttrice generale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, si disse impressionata per i successi ottenuti: «Cuba è l’unico paese che dispone di un sistema sanitario basato sulla ricerca e sullo sviluppo a sistema chiuso. Questa è la strada da percorrere perché solo attraverso l’innovazione si può pensare di migliorare la sanità. (…) Gli sforzi compiuti dalla classe dirigente del Paese per fare della sanità un fondamentale pilastro per lo sviluppo».
Nello stesso anno, anche il sistema pubblico educativo cubano era stato definito il migliore dell’area latinoamericana e dei Caraibi. Ad affermarlo non era nessuna rivista veterocomunista ma l’istituzione-guida del neoliberismo internazionale, la Banca Mondiale, secondo la quale Cuba possiede un corpo docente di alta qualità, un forte talento accademico, retribuzioni adeguate ed elevata autonomia professionale, al pari di Paesi rinomati in questo senso a livello mondiale, come Finlandia, Singapore, Cina (in particolare la regione di Shanghai), Corea, Svizzera, Paesi Bassi e Canada.
D’altronde mi rendo conto che è difficile spiegare queste nozioni in un Paese che elargisce un sacco di soldi a sanità ed istruzione privata, di cui peraltro Burioni fa parte.
L’Università Vita-Salute San Raffaele (UniSR), in cui è professore ordinario, è un ateneo privato fondato nel 1996 all’interno dell’Opera San Raffaele da Don Luigi Maria Verzé, che ne è stato rettore fino alla morte, nel 2011. Era il 1978 quando Emma Bonino e Marco Pannella denunciavano in Parlamento la “gestione mafiosa del San Raffaele” e puntavano il dito contro il sacerdote “sospeso a divinis”. Il denaro pubblico dato all’ospedale San Raffaele, secondo loro, finiva “nelle mani di loschi gruppi di potere clericali che lo utilizzano per attività speculative e clientelari, sulla pelle degli ammalati”. Poi avvenne il crac miliardario, l’inchiesta sui fondi neri, i legami con Berlusconi e con il Sismi di Pollari: tutte cose degne della sanità privata. Sebbene Verzè avesse espresso ammirazione per Fidel Castro, aveva appresso ben poco dal sistema cubano e ne era l’essenza dell’esempio opposto.
Ma arriviamo al Nostro. Può darsi che Burioni non concepisca un modello di ricerca pubblica senza profitto e senza privati, preferendo divulgare su Twitter la scoperta dell’efficacia al 70% degli anticorpi monoclonali umani prodotti dalla casa farmaceutica Ely Lilly, produttrice del Prozac e molto vicina a George Bush. Secondo Codacons (dati non ancora smentiti da nessuno) Roberto Burioni sarebbe in ottimi rapporti con le case farmaceutiche, le quali gli hanno sponsorizzato varie attività e progetti. Il suo libro “Il vaccino non è un’opinione”, pubblicato a settembre 2016, sarebbe stato sponsorizzato da colossali farmaceutici come GlaxoSmithKline Biological e Sanofi-Pasteur MSD. Tra l’altro, dall’esposto emerge che il dottor Burioni sarebbe stato autore del progetto “Dalla vaccine hesitancy alla vaccine recovery”, finanziato con il contributo incondizionato di Merck&Co erogato da MSD Italia, casa farmaceutica che avrebbe versato alla fondazione Lorenzini per il progetto la somma di 352.000 euro nel 2017. Ma non finisce qui!
Il 28 dicembre 2020 il Tribunale di Milano ha emesso un Decreto di Sequestro Preventivo per oscurare dal sito de Le Iene alcuni servizi a firma di Alessandro Politi. Non si capisce la necessità dal momento che nulla delle cose dette è stata smentita. Nel Decreto si dice che “Le Iene” hanno veicolato “il falso messaggio per cui le opinioni scientifiche di Burioni in tema Covid-19 fossero orientate da interessi economici occulti”.
Eppure, in quanto ospite da Fabio Fazio durante la prima ondata, alcune sue affermazioni fecero discutere: “avremo gli anticorpi monoclonali da somministrare, quindi una speranza nuova che si apre”; e, a proposito del plasma iperimmune come cura per il Covid: “questi plasmi non sono un farmaco ideale, sono difficili e costosissimi da preparare”, “bisogna sincerarsi che il plasma non trasmetta altre malattie infettive, tutto quello che viene dal sangue è rischioso”, “il plasma delle persone guarite è disponibili in piccole quantità, non è che possiamo svenare i guariti”.
Notizie ampiamente smentite dai dottori che usarono il plasma iperimmune nella situazione di emergenza, affermando che si trattava all’incirca di 80 euro a sacca a differenza degli anticorpi monoclonali umani che costano “migliaia di euro”.
Pochi sanno che Roberto Burioni è anche consulente delle case farmaceutiche Pomona e Fides Pharma, che producono e/o commercializzano prodotti biotecnologici e/o farmaceutici tra cui diversi brevetti di anticorpi monoclonali. Nei servizi oscurati Le Iene, Alessandro Politi si domandava se a parlare in Rai di anticorpi monoclonali fosse il Professore Ordinario super partes, oppure il consulente della casa farmaceutica Pomona. Nel secondo caso ci sarebbe stato un possibile conflitto di interessi, ovvero un “fatto deontologicamente sconveniente”.
Da quello che si evinceva nell’inchiesta, Pomona Srl è di proprietà di Gualtiero Cochis, che possiede svariate aziende che si occupano delle cose più disparate: imballaggi, lavorazione del cartone, autofficine, holding finanziarie, edilizia, editoria.
Era stato chiesto a Burioni che tipo di rapporto avesse con Pomona (e con Fides Pharma), ma il Professore non ha risposto. Dopo la messa in onda dei servizi i giornalisti lo avevano ripetutamente invitato a una replica nel programma, nonostante il provvedimento del Giudice parli di “una tecnica finalizzata a svilire un soggetto non presente, si badi bene, nel programma e quindi privo della possibilità di replicare”.
Ora c’è questo provvedimento del tribunale che si limita a recepire acriticamente la versione di Burioni senza approfondire le argomentazioni, ma in attesa di un approfondito riesame della questione, riproponiamo pubblicamente anche noi le nostre domande poste da le Iene al Professor Burioni:
1) Che tipo di rapporto ha con la società Pomona Srl? E con Fides Pharma?
2) Perché durante i suoi interventi in Rai non ha mai detto che lei è consulente scientifico di due case farmaceutiche e che brevetta da anni anticorpi monoclonali?
3) Perché ha definito il plasma iperimmune una cura costosa e rischiosa, quando pubblicazioni scientifiche e ospedali di eccellenza la avallano e la praticano con ottimi risultati?
4) Per partecipare a “Che tempo che fa” è stato pagato? Se così fosse, questo non alimenterebbe un ulteriore conflitto di interessi?
Solo quando avrà risposto a queste domande, si sarà informato sul modello umanistico di sanità a Cuba, avrà letto i risultati delle sperimentazioni e dei test clinici del vaccino cubano, allora potrà criticare il vaccino Soberana. Solo lì capiremo cosa intendeva per “bella democrazia occidentale”, per ricercatori liberi, ma soprattutto capiremo quale è il suo concetto di diritto alla salute pubblica.
Lorenzo Poli
Collaboratore redazionale di Lavoro e Salute
27 gennaio 2021
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