Sostegno alla lotta delle operaie di Trezzo (appalto Mpm per Beretta): Rosa Parks in Val Padana

Abbiamo già espresso la nostra solidarietà e non vorremmo essere ripetitivi, ma le questioni sollevate dalle operaie e dal sindacato di base Slai Cobas necessitano di essere approfondite e divulgate;

in vista della assemblea del 28 ottobre 2022 proponiamo dunque alcune nostre osservazioni:

ovviamente il nostro primo obiettivo è il benessere delle lavoratrici e dei lavoratori e non certo quello di dare “consulenze” né al datore di lavoro né ai sindacati che firmano contratti capestro ; legare gli incentivi salariali alla “presenza” è motivo di distress per le lavoratrici e per i lavoratori ma anche di malessere generale che si riverbera su tutta la organizzazione; è paradossale firmare un contratto che penalizza chi fa anche un giorno di assenza o per malattia o per carichi sociali e familiari; è assurdo farlo in particolare per maestranze in maggioranza di sesso femminile visto che carichi sociali e familiari sono, nella nostra società, soprattutto a carico delle donne sia per quello che riguarda la gravidanza e le cure genitoriali che per quello che riguarda il ruolo di caregiver quando ci sono familiari con problemi di salute ; TUTTO QUESTO RENDE INCONGRUO, INIQUO E “PUNITIVO” UN “ACCORDO” COME QUELLO CHE SI STA CONTESTANDO ; ma è anche assurdo peraltro a poche settimane da un dibattito parlamentare (per la verità “debole” e contraddittorio) in cui è balenata la ipotesi di una giornata di riposo retribuita al mese , per decreto governativo (!) , perché le lavoratrici possano gestire serenamente il ciclo mestruale; indubbiamente , su questa questione, devono in primis pronunciarsi le donne , certamente anche prima del parlamento ; ma la questione, ad oggi, pare essere rimasta molto poco discussa ; il problema è ampio e articolato e la pandemia ha confermato che certe scelte sono negative per la salute individuale ma anche per la salute collettiva e pubblica ; in corso di pandemia infatti nei comparti con maggiore incidenza di lavoro precario e a chiamata molti lavoratori , per non perdere il loro scarso salario di sussistenza, sono andati a lavorare anche se non erano in buone condizioni di salute e ciò ha contribuito (certo assieme alla mancanza di mascherine ed altre misure di prevenzione) a creare pericolosi focolai con gravi conseguenze per tutti;

la produzione non deve essere garantita col “presentismo” (termine proposto dagli psicologi del lavoro per indicare una forma di presenza indotta da paura o costrizioni) piuttosto può essere garantita da una “forza lavoro” motivata che raggiunge la sua postazione lavorativa senza ansie e preoccupazioni derivanti dal proprio stato di salute o da rilevanti carichi socio-familiari pendenti e irrisolti; hanno riflettuto i firmatari di accordi –capestro sulla situazione psicologica di una donna che evita di tenere prudentemente il figlio a casa sotto il ricatto di una strategia orientata al “presentismo”? Hanno riflettuto sul fatto che magari oggi motivo di precarietà ed esitazione può essere anche il pensiero che ogni mese devi pagare bollette astronomiche ? La nota “Dichiarazione del Lussemburgo” della UE (ma purtroppo pullulano ovunque gli “europeisti parolai”) sostiene che “una forza lavoro motivata è la premessa più importante” per la prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali;

in sostanza la prestazione lavorativa esercitata in condizioni di benessere è sempre preferibile rispetto al lavoro coatto e, certamente, non riduce neanche la produttività;

un altro motivo per cui ci pare importante sostenere la lotta delle operaie di Trezzo è che questa lotta ci fa venire in mente il gesto di Rosa Parks la lavoratrice, sarta, che il 1.12.1955 (a Montgomery, Alabama) stanca per una pesante giornata di lavoro si è seduta in uno spazio dell’autobus “riservato” ai bianchi dando inizio con questo gesto ad una grande movimento contro la discriminazione razziale;

le operaie di Trezzo pongono un problema di equità , di eguaglianza e di rifiuto di modalità di lavoro costrittive e coatte; vogliono lavorare in condizioni di serenità e in questa lotta vanno sostenute nell’interesse della intera comunità.

Viceversa i firmatari di contratti/capestro e, ovviamente, anche i datori di lavoro (errare è umano e non si vuole demonizzare nessuno soprattutto se si accetta un dialogo che potrebbe anche preludere all’autocritica) dovrebbero meditare su un interrogativo : gli accordi non dovrebbero passare al vaglio della valutazione prevista dall’art.28 del decreto 81/2008 riguardante il distress lavorativo ? Non è forse congruo e necessario che la organizzazione del lavoro sia valutata anche in relazione alle differenze di età, di genere e di paese di provenienza?

Che il distress psicosociale , fino ad oggi, sia stato quasi sempre ignorato e pagato , nella sue conseguenze negative sulla salute , dalle lavoratrici e dai lavoratori non significa che si debba continuare così; appunto le combattive Rosa Parks di Trezzo ci stanno indicando che cambiare rotta è possibile.

Auguro una buona riuscita della lotta per una questione di giustizia e di civiltà.

Vito Totire

Medico del lavoro/psichiatra, portavoce RETE NAZIONALE LAVORO SICURO

vitototire@gmail.com
Bologna, 26.10.2022

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